In questa guida spieghiamo quali sono le caratteristiche del contratto di mutuo e mettiamo a disposizione un fac simile di contratto da scaricare.
Caratteristiche generali
Definito dal codice civile come quel contratto col quale una parte (mutuante) consegna all’altra (mutuatario), che ne acquista la proprietà, una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e quest’ultima (mutuatario) si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità (art. 1813 c.c.), il mutuo è un contratto reale.
Il momento perfezionativo del negozio di mutuo coincide dunque non con il semplice scambio del consenso, ma con la consegna del denaro o delle altre cose fungibili, ovvero con il conseguimento della disponibilità giuridica della res. Gli effetti del contratto consistono nel trasferimento della proprietà di denaro (o di altre cose fungibili, ipotesi meno frequente) al mutuatario (art. 1814 c.c.), con l’obbligo di quest’ultimo di restituire altrettante cose della stessa specie e quantità. Il mutuo adempie, quindi, ad una funzione di prestito, e viene classificato atto di straordinaria amministrazione come risulta dall’art. 320 c.c. Rientra nel campo di applicazione dell’art. 1813, c.c., anche l’ipotesi della consegna ad un eventuale terzo indicato dal mutuatario (ad es.: mutuante che — richiesto dal mutuatario — consegna le cose ad un terzo per estinguere un debito del mutuatario verso questo; Cass., 10 agosto 1967, n. 2125).
Il mutuo come contratto reale
Come sopra detto, il mutuo appartiene alla categoria dei contratti reali (Cass., 28 marzo 2002, n. 4530; Cass., 5 luglio 2001, n. 9074).
Il contratto reale si perfeziona con la consegna della cosa; la consegna non appartiene alla fase esecutiva del contratto, non costituisce, in altri termini, l’oggetto di un’obbligazione, ma una condizione per la sussistenza del contratto.
Nel mutuo, la consegna del denaro o delle altre cose costituisce il contratto, in sua assenza non sorge il vincolo contrattuale; la proprietà delle cose si trasferisce solo con la consegna dal mutuante al mutuatario.
In altri termini, un accordo di mutuo che non si accompagni alla consegna delle cose non produce effetti vincolanti.
Nel contratto di mutuo sussiste il requisito della consegna della cosa anche quando manca la materiale traditio della cosa mutuata e pertanto la somma viene posta nella disponibilità giuridica del mutuatario (Trib. Verona, 20 ottobre 2003); l’esigenza del requisito della traditio ben può ritenersi soddisfatta in determinati casi, allorquando il risultato pratico completamente raggiunto si identifichi con quello che si sarebbe realizzato con la consegna materiale del bene mutuato (Cass., 5 luglio 2001, n. 9074).
Il contratto di mutuo si perfeziona mettendo la cosa a disposizione del mutuatario, ancorché — in forza di accordi tra quest’ultimo e il mutuante —essa sia consegnata ad altra persona di cui, eventualmente, il mutuatario sia debitore e nei confronti del quale egli intenda adempiere all’obbligazione (Cass., 28 agosto 2004, n. 17211).
La differenza può essere meglio evidenziata comparando il mutuo con la vendita; in quest’ultima figura la proprietà si trasferisce con la manifestazione del semplice consenso alla stipulazione del contratto, la consegna della cosa è un’obbligazione del venditore, che consegna una cosa ormai non più sua, tant’è che, in caso di inadempimento, è ammessa l’esecuzione in forma specifica, con la condanna del venditore alla consegna della cosa. Nel mutuo, al contrario, non è concepibile un inadempimento del mutuante, se non nell’ipotesi di promessa di mutuo (art. 1822 c.c.), o di responsabilità precontrattuale, nel caso di ingiustificata interruzione delle trattative che avrebbero potuto condurre alla stipulazione del contratto (art. 1337 c.c.).
Comunque, nell’uno e nell’altro caso, l’unico rimedio esperibile dalla parte danneggiata è l’azione per il risarcimento del danno, essendo precluso, per l’inadempimento della promessa di mutuo, il ricorso alla sentenza costitutiva prevista dall’art. 2932 c.c.
Per quanto si è detto, il mutuo reale, sia oneroso che gratuito, costituisce un contratto unilaterale, con obbligazioni di una parte sola (obbligazione di restituzione a carico del mutuatario), in quanto è escluso sia che da un contratto reale possa derivare un’obbligazione di consegna, sia che il mutuante sia tenuto a qualunque altra obbligazione di carattere negativo, quale il far godere, o il non chiedere la restituzione.
Il mutuante può andar incontro soltanto all’obbligazione di risarcire i danni per i vizi o per l’evizione delle cose mutuate, obbligazione che ha funzione di mera garanzia.
Il mutuo gratuito è caratterizzato da una sola attribuzione patrimoniale e non vi è alcuna attribuzione corrispettiva del mutuatario nei confronti del mutuante; diversamente il mutuo oneroso è un contratto a prestazioni corrispettive perché il mutuatario assume l’obbligo di pagare al mutuante, quale corrispettivo per il godimento concesso, gli interessi o l’eventuale altro compenso convenuto.
Per cui il mutuo feneratizio (ossia il mutuo oneroso) è a prestazioni corrispettive, ma non è bilaterale.
La promessa di mutuo
L’art. 1822 c.c. ammette la promessa di mutuo (caratterizzata dalla libertà di forma), stabilendo che il promittente può rifiutare l’adempimento della sua obbligazione (consegnare le cose promesse) se le condizioni patrimoniali del promissario sono divenute tali da rendere notevolmente difficile la restituzione e se non vengono offerte adeguate garanzie.
L’ipotesi descritta dall’art. 1822 c.c. (distinta dall’apertura di credito che è un contratto definitivo avente per oggetto l’accreditamento di una somma per un certo tempo, mentre la promessa di mutuo, invece, ha per oggetto la conclusione del contratto di mutuo) configura un contratto preliminare di mutuo, con efficacia obbligatoria (Cass., 16 settembre 1986, n. 5630; Cass., 18 giugno 1981, n. 3980).
Si tratta di un contratto obbligatorio ad esecuzione differita, dove il contenuto dell’obbligazione a carico del promittente è caratterizzato da un facere negoziale e da un dare; la datio rappresenta un elemento integrativo del facere.
Avendo ad oggetto una quantità di cose generiche (ad es. una determinata somma di denaro) alla promessa di mutuo non è applicabile, nel caso di inadempimento del promittente, il rimedio previsto dall’art. 2932 c.c., consistente nell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto (a differenza di quanto accade per l’inadempimento del preliminare di vendita di una cosa specifica, suscettibile di esecuzione per mezzo di una sentenza che produca gli effetti traslativi della proprietà in luogo del contratto definitivo non stipulato) (Cass., 18 giugno 1981, n. 3980).
Né è possibile un’esecuzione forzata per consegna ex art. 2930 c.c., mancando per lo più, nel mutuo, il requisito della specifica determinazione delle cose da mutuare.
Al promissario che si vede rifiutare illegittimamente la conclusione del contratto non rimane altro rimedio che domandare il risarcimento del danno subìto, che andrà liquidato tenendo conto non solo della differenza tra il tasso di interesse promesso e quello (nell’eventualità, superiore) che dovrà essere corrisposto ad altri, ma anche degli altri danni che possono essere derivati dal ritardo nell’ottenimento del prestito.
Da notare che qualora una parte prometta in mutuo congiuntamente a due persone una somma di denaro, con l’accordo che ciascuna di esse può chiederne la consegna, ma senza l’assunzione di un corrispondente obbligo solidale di restituzione, obbligato alla restituzione è soltanto colui che, in adempimento della promessa, abbia concretamente ricevuto la somma stessa (Cass., 16 settembre 1986, n. 5630).
Il mutuo consensuale
Come si è detto, la figura tipica prevista dal codice civile è quella del mutuo reale; tuttavia si ammette la possibilità che le parti, nell’esercizio della libertà contrattuale prevista dalla legge (art. 1322 c.c.), possano dar vita ad una forma atipica di mutuo, nella quale la consegna delle cose formi oggetto di una obbligazione del mutuante.
Sarà pertanto necessaria un’indagine circa la volontà delle parti al fine di stabilire la ricorrenza di una simile fattispecie, che sarà rinvenibile solo laddove emerga inequivocabilmente l’intento di far sorgere immediatamente, in virtù del consenso, un’obbligazione a carico del mutuante di consegnare le cose oggetto del contratto al mutuatario. In caso di dubbio, il contratto sarà da ritenere mutuo reale, e si dovranno trarre le necessarie conseguenze in ordine alla mancata formazione del vincolo contrattuale (inesistenza del contratto ed eventuale responsabilità precontrattuale).
Anche al mutuo consensuale si ritiene applicabile l’eccezione dilatoria prevista dall’art. 1822 c.c.; pertanto, il mutuante potrà rifiutare l’adempimento dell’obbligazione di consegna quando le condizioni patrimoniali della controparte siano deteriorate in modo tale da rendere difficile la restituzione, e non vengano offerte idonee garanzie.
Mutuo fondiario ex r.d. 16 luglio 1905 n. 646
Bisogna ricordare però, che in tema di contratto di mutuo fondiario, stipulato ai sensi del testo unico approvato con r.d. 16 luglio 1905 n. 646, una volta iscritta l’ipoteca di primo grado sorge il pieno diritto dello stipulante a fruire del mutuo, che ben può dirsi gli sia stato concesso — nel senso dell’esistenza di un vincolo giuridico del mutuante alla relativa erogazione — con la prima stipulazione, onde l’istituto di credito non può più sottrarsi alla stipulazione dell’atto definitivo e alla concreta erogazione della somma; ne consegue che l’eventuale rifiuto ingiustificato di far luogo alla consegna al mutuatario della somma mutuata contro il rilascio di quietanza da redigersi per atto pubblico (fase negoziale che il citato testo unico definisce come di stipulazione del contratto definitivo) si configura come vero e proprio inadempimento contrattuale e dà al mutuatario diritto di ottenere il risarcimento del danno ai sensi degli artt. 1218, 1223 c.c. (Cass., 6 giugno 2003, n. 9101).
Mutuo di scopo
I contratti di mutuo di scopo (o di destinazione) si diversificano dallo schema tipico dei contratti di mutuo oltreché per il modo di perfezionamento, in quanto hanno natura consensuale e non reale, altresì sotto il profilo strutturale, perché il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere i relativi interessi, ma anche a realizzare lo scopo previsto compiendo gli atti o svolgendo l’attività in concreto programmata; e sotto il profilo causale si differenziano giacché nel sinallagma contrattuale quest’ultima prestazione, ancor più di quella degli interessi, assume rilievo corrispettivo dell’attribuzione della somma (Cass., 10 giugno 1981, n. 3752 Cass., 15 giugno 1994, n. 5805).
Il cosiddetto mutuo di scopo si configura come una fattispecie negoziale consensuale, onerosa ed atipica, nella quale sono già individuati i soggetti erogatori ed i soggetti che possono beneficiare del finanziamento, la consegna della somma da corrispondere rappresenta l’esecuzione dell’obbligazione a carico del finanziatore (Cass., 9 maggio 2007, n. 10569). Ne deriva che il venir meno o l’esaurimento di detta finalità determina l’insorgere dell’obbligo di restituzione del mutuatario (Cass., 12 aprile 1988, n. 2876).
Fonte dell’obbligo della destinazione da dare alle somme può essere l’autonomia delle parti (mutuo di scopo volontario), oppure un provvedimento legislativo (mutuo di scopo legale; si veda, ad es., la legislazione sui c.d. crediti speciali o agevolati).
Nel cosiddetto mutuo di scopo (quello ad esempio effettuato per l’acquisto di un autoveicolo) il collegamento funzionale tra il contratto di mutuo ed il contratto di compravendita si esprime in una forma di subordinazione e in un condizionamento reciproco, coordinandosi i relativi effetti per l’adempimento di una funzione unica della fattispecie negoziale in virtù della clausola di destinazione. Pertanto, venuta meno la compravendita, il mutuo non ha più ragione d’essere con la conseguenza che la richiesta di restituzione della somma non va proposta nei confronti del mutuatario, ma direttamente nei confronti del venditore (Cass., 20 gennaio 1994, n. 474).
Onerosità del mutuo
Il mutuo si presume oneroso, vale a dire che, salvo patto contrario, sono dovuti gli interessi (art. 1815 c.c.)
Mutuo e divieto del patto commissorio
La contestuale stipulazione di un contratto di mutuo e di una procura a vendere un immobile, rilasciata dal mutuatario a favore del mutuante, può integrare la fattispecie vietata del patto commissorio (art. 2744 c.c.), ogniqualvolta la procura sia funzionalmente connessa con il mutuo, nel senso che la mancata restituzione della somma mutuata determini la vendita del bene e l’acquisizione del corrispettivo al creditore (Cass., 1° giugno 1993, n. 6112), mentre non integra violazione del patto commissorio il contratto con il quale il mutuatario costituisce in pegno a garanzia del mutuo dei certificati di deposito che vengono incassati da un creditore diverso dal mutuante anche se su disposizioni del mutuante a ciò incaricato dal mutuatario stesso (Trib. Roma, 25 settembre 1993).
È nulla, per violazione del divieto del patto commissorio, la convenzione mediante la quale le parti abbiano inteso costituire, con un determinato bene, una garanzia reale in funzione di un mutuo, istituendo un nesso teleologico o strumentale tra la vendita del bene ed il mutuo, in vista del perseguimento di un risultato finale consistente nel trasferimento della proprietà del bene al creditore acquirente in caso di mancato adempimento dell’obbligazione di restituzione da parte del debitore-venditore (Cass., 15 marzo 2005, n. 5635: nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla Cass., aveva escluso la violazione del divieto di patto commissorio sul presupposto che, in mancanza della prova della avvenuta erogazione di un mutuo, era venuta meno in radice la configurabilità di un nesso tra tale negozio e la vendita).
Peraltro, il patto commissorio, vietato dall’art. 2744 c.c., è configurabile, con la conseguente sanzione di nullità, solo nella fase di costituzione o di attuazione del mutuo, con riferimento a patti coevi o successivi al contratto e non in relazione ad accordi intervenuti dopo la scadenza dell’obbligazione del mutuatario di restituire al mutuante le somme ricevute in prestito, fase questa in cui il debitore è libero di disporre dei propri beni ed eventualmente di cederli ai creditori a soddisfacimento delle loro ragioni, salvo il ricorso alle ordinarie azioni di annullamento del contratto, per rimuovere gli effetti di eventuali pressioni di cui egli possa essere stato vittima anche ad obbligazione scaduta (Cass., 7 aprile 1995, n. 4064).
Oggetto del contratto
Oggetto del mutuo è la quantità di denaro, o di altre cose fungibili, consegnata al mutuatario. Cose fungibili sono tutti quei beni sostituibili, che vengono presi in considerazione in funzione del loro genere, per cui è indifferente al mutuante ricevere cose individualmente diverse, purché appartenenti allo stesso genere (ad es.: una somma di denaro esprime un dato potere di acquisto, indipendentemente dalle singole banconote che la compongono, perciò il denaro è un bene fungibile). Se il contratto avesse per oggetto il prestito di beni specifici, da restituire nella loro individualità, si avrebbe una locazione o un comodato, ma non un mutuo.
È ammesso il mutuo di energie fungibili, per esempio dell’energia elettrica, mentre sembra da escludersi l’ammissibilità del c.d. mutuo di servizi, non avendo tale negozio ad oggetto una cosa, ma un’attività. Possono costituire oggetto di mutuo gli animali se la valutazione è basata su criteri quantitativi, ed i titoli di credito, ma soltanto se di massa o di serie e se al portatore.
Rispetto ai titoli all’ordine e nominativi rileva, ai fini del mutuo, il solo valore pecuniario di essi; oggetto del contratto in esame è pertanto il danaro che tali titoli rappresentano.
Il requisito della fungibilità, pertanto, esclude che il mutuo possa avere ad oggetto beni immobili: infatti, solo i beni mobili possono essere dati a mutuo; mentre non è richiesta la consumabilità delle cose oggetto del mutuo.
Per aversi la determinazione dell’oggetto (requisito di validità di ogni contratto, artt. 1325, n. 3, e 1418, comma 2, c.c.) è necessario che le parti precisino tanto il genere che la quantità delle cose, o che indichino i criteri per determinarli.
Interessi
Salvo patto contrario, sulle cose date a mutuo si devono corrispondere gli interessi); questi ultimi, se superiori al tasso legale, devono essere pattuiti per iscritto, altrimenti sono dovuti nella misura legale (art. 1815, comma 1, c.c. che richiama l’art. 1284). Se sono stati convenuti interessi usurari, la relativa clausola è nulla e non sono dovuti interessi (il contratto si trasforma in mutuo gratuito) (art. 1815, comma 2, c.c.).
Obbligazioni del mutuante
Obbligazione di consegna
Nel mutuo reale non si può parlare di obbligazione di consegna da parte del mutuante; infatti, la mancata consegna impedisce al contratto di venire ad esistenza e si potrà solo parlare, se del caso, di responsabilità precontrattuale della parte venuta meno all’obbligo di comportarsi con correttezza e buona fede (art. 1337 c.c.).
Mutuo consensuale
Nel caso di mutuo consensuale le cose stanno in modo completamente diverso. Qui, infatti, la consegna costituisce, come si è detto, il contenuto dell’obbligazione del mutuante, ed il suo inadempimento fa sorgere il diritto al risarcimento del danno.
Obbligazioni del mutuatario
Restituzione delle cose
-Luogo della restituzione
Se il contratto di mutuo non contiene pattuizioni al riguardo si osserveranno le disposizioni generali dell’art. 1182, commi 2 e 3, c.c.: pertanto, se deve essere restituito del denaro, la restituzione andrà eseguita al domicilio del creditore, negli altri casi la consegna avverrà al domicilio del mutuatario.
-Tempo della restituzione
Anche in questa ipotesi si osserveranno innanzi tutto le previsioni contrattuali. In mancanza, il termine per la restituzione sarà fissato dal giudice, avendo riguardo alle circostanze (art. 1817, comma 1, c.c.).
Se nel contratto è stabilito che il mutuatario restituisca “quando potrà” (equivalenti alla clausola “quando potrà” sono le clausole: “quando vorrà”, o “quando ne avrà i mezzi”, o “quando le condizioni lo consentano”, o “al più presto possibile”), il termine sarà fissato dal giudice (art. 1817, comma 2, c.c.).
Come detto, nel mutuo oneroso il termine di restituzione si presume stipulato a favore di entrambe le parti; nel mutuo gratuito, non avendo il mutuante un interesse a rifiutare l’anticipata restituzione, il termine si presume a favore del mutuatario (art. 1816 c.c.). Beninteso, le parti sono libere di stipulare diversamente, così da escludere, ad esempio, la possibilità di restituzione anticipata da parte del mutuatario; come, ad esempio, sarà ammissibile un termine stabilito nell’interesse del creditore (il che è quanto accade nel mutuo a vista, ove è certo che la restituzione dovrà avvenire, ma è incerto il quando, ed è proprio la richiesta del mutuante a determinare la scadenza).
-Prescrizione dell’azione di restituzione
Il diritto del mutuante a proporre azione di restituzione si prescrive in 10 anni, ex art. 2946 c.c., a decorrere dalla scadenza dell’obbligo, o se il mutuo è a vista, dalla data di richiesta della restituzione.
-Mutamento di valore delle cose date a mutuo
Il mutuatario è tenuto a restituire la stessa quantità di cose ricevute, oltre, se del caso, gli interessi; ne consegue che il rischio di un incremento di valore grava sul mutuatario, mentre l’eventualità di un deprezzamento è a carico al mutuante; ed ove il mutuo abbia ad oggetto una somma di denaro, si applicherà il principio nominalistico, sancito dall’art. 1277 c.c., secondo cui i debiti pecuniari si estinguono al valore nominale.
Svalutazione monetaria
Le parti possono prevenire il rischio della svalutazione monetaria stipulando apposita clausola che preveda di agganciare il debito di restituzione a determinati parametri prefissati (prezzo dell’oro o di altre merci; corsi di valute estere, indici ISTAT del costo della vita, ecc.). Dalla stipulazione di simili clausole deriva l’ulteriore conseguenza per cui gli interessi dovuti dopo la scadenza del termine di restituzione andranno computati sul capitale rivalutato.
-Restituzione in un’unica soluzione
La restituzione delle cose prese a mutuo può essere previsto che avvenga in un’unica soluzione dopo che sia trascorso un certo tempo dalla consegna. In tal caso, il mancato adempimento dell’obbligo di restituzione dà diritto al mutuante di agire per l’adempimento ed il risarcimento del danno. Troveranno applicazione, se previste nel contratto, le eventuali clausole relative a penali e interessi moratori superiori al tasso legale; in mancanza, si applicherà la disciplina generale prevista dall’art. 1224 c.c. per i danni nelle obbligazioni pecuniarie.
-Restituzione rateale
Nell’ipotesi in cui sia stata pattuita la restituzione rateale, l’art. 1819 c.c. (configurante un’ipotesi di recesso fondato sull’inadempimento del mutuatario, che menoma la fiducia del mutuante circa le probabilità di esecuzione del rapporto) dispone che la mancata restituzione anche di una sola rata legittima il mutuante a chiedere, secondo le circostanze, l’immediata restituzione dell’intero. Il detto principio è applicabile tanto al mutuo oneroso quanto a quello gratuito, anche se in un caso (Cass., 21 febbraio 1995, n. 1861) si è ritenuto che l’art. 1819 c.c. trovi applicazione solo per il mutuo gratuito, in quanto, in caso di mutuo oneroso, l’inadempimento del mutuatario renderebbe possibile la risoluzione ex art. 1453 c.c.
L’espressione legislativa secondo cui l’esercizio del recesso avviene “secondo le circostanze” lascia intendere la necessità di un’indagine sulla gravità dell’inadempimento (imputabile al mutuatario). Comunque il recesso richiede, per la sua efficacia, un’apposita dichiarazione del mutuante inviata al mutuatario (atto recettizio) e, una volta comunicato il recesso, il contratto si scioglie, con la conseguente anticipazione del termine per la restituzione.
La rateizzazione dell’unico debito derivante da mutuo fondiario, in più versamenti periodici di un determinato importo, non determina il frazionamento del debito stesso in distinti rapporti obbligatori, con la conseguenza che a tali versamenti, ed ai relativi interessi, non può applicarsi la disposizione dell’art. 2948 n. 4 c.c. sulla prescrizione quinquennale degli adempimenti periodici di singole obbligazioni autonome ed indipendenti (Cass., 3 febbraio 1994, n. 1110).
Pagamento degli interessi
Salva diversa pattuizione, il mutuo si presume oneroso, vale a dire il mutuatario è obbligato a corrispondere gli interessi sulle cose prese in prestito (art. 1815, comma 1, c.c.).
Nel caso di contratto avente ad oggetto cose diverse dal denaro, vi è incertezza circa il contenuto dell’obbligo di corresponsione degli interessi, ovvero se l’interesse debba essere espresso in cose omogenee a quelle mutuate, in denaro o se si debba considerare il mutuo gratuito. Comunque, in ossequio all’autonomia contrattuale concessa dalla legge alle parti, queste potranno convenire, a carico del mutuatario, un corrispettivo diverso per l’utilizzazione del danaro; potranno sostituire la corresponsione dell’interesse con la consegna di una determinata quantità di cose, o con l’esecuzione di una controprestazione di fare o di non fare, oppure con la partecipazione agli utili dell’impresa del mutuatario o dell’affare concluso da quest’ultimo (c.d. mutuo quotativo o parziario); potranno, altresì, convenire che la controprestazione consista in un provento aleatorio o straordinario quale, per esempio, il premio di sorteggio nel mutuo obbligazionario, fermo restando che in tutte queste ipotesi sussiste comunque il divieto di pattuire un corrispettivo usurario.
-Modalità di pagamento
Quanto al mutuo di somma di denaro, gli interessi costituiscono frutti civili (art. 820, comma 3, c.c.) che maturano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto (art. 821, comma 3, c.c.). Le parti possono regolare variamente l’esigibilità del credito agli interessi, così, può essere pattuita la corresponsione anticipata o posticipata in un unico importo, o il pagamento periodico in rate anticipate/posticipate. In mancanza di previsione contrattuale, si ritiene che la riscossione possa avvenire in rate annuali posticipate.
Il corso degli interessi inizia a maturare dal momento della consegna fino alla scadenza del contratto. In caso di mancata restituzione della somma alla scadenza convenuta (e ciò anche nell’ipotesi di un mutuo gratuito) si ritiene che siano dovuti, dal giorno di costituzione in mora del debitore, gli interessi moratori nella misura del tasso legale. Le parti sono peraltro libere di convenire una diversa misura degli interessi moratori, superiore a quella legale, salvo il limite degli interessi usurari di cui appresso.
Si ricordi, comunque, che, in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi (c.d. anatocismo) solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi (art. 1283 c.c.).
-Limiti all’anatocismo
Devono ritenersi senz’altro applicabili le limitazioni previste dall’art. 1283 c.c., per la produzione di interessi anatocistici nei contratti di mutuo, non rilevando, in senso opposto, l’esistenza di un uso bancario (e dunque semplice uso negoziale) contrario a quanto disposto dalla norma predetta. Gli usi normativi contrari, cui espressamente fa riferimento il citato art. 1283 c.c., sono usi normativi, e sono quelli formatisi anteriormente all’entrata in vigore del codice civile; nello specifico campo del mutuo bancario ordinario, non è dato rinvenire, in epoca anteriore al 1942, alcun uso che consentisse l’anatocismo oltre i limiti poi previsti dall’art. 1283 c.c. Ne consegue la illegittimità tanto delle pattuizioni, tanto dei comportamenti — ancorché non tradotti in patti — che si risolvano in una accettazione reciproca, ovvero in una unilaterale imposizione, di una disciplina diversa da quella legale (Cass., 20 febbraio 2003, n. 2593).
-Misura degli interessi
La misura degli interessi è solitamente stabilita per contratto; se quest’ultima risulta superiore al tasso legale, deve essere pattuita per iscritto, altrimenti gli interessi sono dovuti solo nella misura legale (art. 1815, comma 1, c.c. che richiama l’art. 1284 c.c.). La convenzione scritta che preveda gli interessi in misura superiore al tasso legale non deve necessariamente indicare il maggior tasso, potendo, quest’ultimo, essere individuato mediante rinvio ad elementi estrinseci al contratto o comunque a criteri, sicuramente ed obiettivamente rilevabili, che ne consentano la concreta quantificazione (Cass., 14 agosto 1997, n. 7627; Cass., 1° settembre 1995, n. 9227; Cass., 20 giugno 1978, n. 3028).
Se sono stati convenuti interessi usurari, la relativa clausola è nulla e non sono dovuti interessi (il contratto si trasforma in mutuo gratuito) (art. 1815, comma 2, c.c.).
La misura degli interessi può essere convenuta in modo variabile, a condizione che siano indicati i criteri in base ai quali determinare la variazione del tasso. Da notare che è stata ritenuta nulla la clausola che consente al mutuante di variare unilateralmente l’importo del tasso (Cass., 18 giugno 1992, n. 7547).
-Contratti stipulati da banche ed intermediari finanziari
Il d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 («Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia») ha dettato una particolare disciplina relativa ai contratti stipulati da banche o altri intermediari finanziari (art. 115 t.u.). In particolare, il t.u. dispone:
a) l’obbligo di pubblicizzare, nei locali aperti al pubblico, i tassi di interesse praticati, compresi gli interessi di mora (art. 116, comma 1, t.u.);
b) il divieto di far rinvio agli usi (art. 116, comma 1, t.u.);
c) l’obbligo nel contratto (che deve essere redatto per iscritto) di indicare il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, incluso l’importo degli interessi di mora (art. 117, comma 4, tu.);
d) l’obbligo di indicare espressamente nel contratto la facoltà di variare, in senso sfavorevole al cliente, l’importo del tasso di interesse e di ogni altro prezzo e condizione; tale facoltà deve essere specificamente approvata per iscritto (art. 117, comma 5, t.u.); a tal proposito, si ricorda che le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano degli interessi con rinvio agli usi, o che fissano la misura in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell’usura (introdotte, rispettivamente, con l’art. 4 1. 17 febbraio 1992, n. 154, poi trasfuso nell’art. 117 d.lgs. 1 settembre 1983, n. 385, e con l’art. 4 1. 7 marzo 1996, n. 108), non sono retroattive, e pertanto, in relazione ai contratti conclusi prima della loro entrata in vigore, non influiscono sulla validità delle clausole dei contratti stessi, ma possono soltanto implicarne l’inefficacia “ex nunc” rilevabile solo su eccezione di parte (Cass., 31 gennaio 2006, n. 2140);
e) la nullità delle clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione del tasso di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati, nonché la nullità delle clausole che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati ex art. 116, comma 1 (art. 117, comma 6, tu.).
Nel caso in cui le disposizioni relative all’indicazione dei tassi di interesse non vengano osservate e nelle ipotesi di nullità delle clausole, troveranno applicazione il tasso nominale minimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari indicati dal Ministro del tesoro, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto (art. 117, comma 7, lett. a), t.u.) e gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati nel corso della durata del rapporto per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto (art. 117, comma 7, lett. b), tu.).
-Divieto di interessi usurari
È vietata la pattuizione di interessi usurari ed il mutuatario che abbia corrisposto interessi usurari ha diritto alla restituzione di quanto pagato. La violazione del divieto comporta la nullità della clausola e la venuta meno dell’obbligazione di corrispondere gli interessi (art. 1815, comma 2, c.c., nel testo sostituito dall’art. 4 1. 7 marzo 1996, n. 108 «Disposizioni in materia di usura»). Precedentemente all’intervento della legge anti-usura, il comma 2 dell’art. 1815 disponeva che in caso di pattuizione di interessi usurari, alla nullità della relativa clausola faceva riscontro l’obbligo di corrispondere gli interessi nella misura legale. La modifica legislativa, pertanto, ha sanzionato il mutuante usuraio con la perdita di ogni diritto agli interessi.
Impossibilità o notevole difficoltà di restituzione
Cose diverse del denaro
L’art. 1818 c.c. pone a carico del mutuatario il rischio relativo all’impossibilità o difficoltà di restituzione delle cose, diverse dal denaro, prese a mutuo. Infatti, qualora la restituzione fosse divenuta impossibile o notevolmente difficoltosa per causa non imputabile al mutuatario, quest’ultimo è tenuto a corrispondere al mutuante il valore delle cose, tenendo conto del tempo e del luogo in cui la restituzione doveva avvenire.
Il rischio posto a carico del mutuatario riguarda tanto il perimento delle singole cose date in prestito, quanto l’ipotesi (più rara) del perimento dell’intero genere. Non si ha, peraltro, impossibilità nel caso in cui le cose non siano più reperibili perché sostituite per legge (ad es. nella conversione di titoli del debito pubblico) dovendo il mutuatario consegnare queste; né nel caso in cui la difficoltà o l’impossibilità siano solo temporanee.
Decadenza del mutuatario dal beneficio del termine
Il mutuatario può decadere dal beneficio del termine (essere cioè costretto a restituire anticipatamente capitale e interessi) nel caso in cui divenga insolvente o diminuisca le garanzie prestate o non presti le garanzie promesse (art. 1186 c.c.). L’ipotesi in oggetto va distinta dalla decadenza prevista dall’art. 1819 c.c., in quanto l’applicabilità dell’art. 1186 c.c. prescinde dall’avvenuto inadempimento, e legittima la decadenza dal termine in base al solo pericolo di futuro inadempimento. Le parti possono, peraltro, validamente stipulare una clausola che implichi la decadenza dal termine anche in presenza di situazioni differenti da quelle previste dall’art. 1186 c.c.
Inadempimento del mutuatario
A seguito dell’inadempimento, il mutuatario dovrà risarcire i danni che derivano dal suo inadempimento, ai sensi dell’art. 1224 c.c. per i mutui di danaro, ed ai sensi dell’art. 1223 c.c., per quelli aventi ad oggetto cose diverse. Resta comunque applicabile, anche al mutuo oneroso (che pur dando luogo ad obbligazioni solo per il mutuatario, rientra tra i contratti con prestazioni corrispettive) il rimedio della risoluzione del contratto per inadempimento, previsto dall’art. 1453 c.c. (Cass., 21 febbraio 1995, n. 1861). Si ricordi anche che le parti potranno convenire una penale per il caso di inadempimento del contratto di mutuo (Trib. Firenze, 17 settembre 1994).
Ove, invece, sia stata mutuata una somma di denaro con obbligo di restituzione alla scadenza di una quantità di oro pari al valore che la somma mutuata aveva al momento della consegna al mutuatario, ovvero la somma corrispondente, il debitore che non abbia adempiuto alla scadenza dovrà pagare una somma di denaro corrispondente al valore della quantità di oro suddetta secondo il valore della moneta alla data della richiesta di pagamento; e sulla somma risultante dalla conversione così effettuata sono dovuti gli interessi convenzionali con decorrenza dalla data di scadenza (Cass., 24 giugno 1980, n. 3971).
Mancato pagamento degli interessi
In caso di mancato pagamento degli interessi il mutuante può chiedere non solo la risoluzione del contratto (art. 1820 c.c. ed avrà diritto al risarcimento degli interessi futuri più i danni), ma, in alternativa, anche l’adempimento dello stesso (art. 1453, comma 1, c.c.).
Nullità o risolubilità del mutuo di scopo
Il mutuo di scopo è nullo, e la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, quando sia stato stipulato dall’istituto di credito e dal mutuatario con l’accordo che il finanziamento sarebbe stato utilizzato per una diversa finalità (ad es. per estinguere debiti in precedenza contratti dal sovvenuto verso lo stesso istituto mutuante); il contratto è invece risolubile per inadempimento del mutuatario e ad iniziativa del solo istituto mutuante quando è mancata la realizzazione della finalità prevista, la qual cosa si verifica anche quando l’accordo di utilizzo del finanziamento in maniera diversa sia successivo alla stipulazione del mutuo e la nullità dell’accordo stesso non possa pertanto riverberarsi sull’intero contratto (Cass., 10 giugno 1981, n. 3752).
Difetto di legittimazione attiva
Ove il mutuante non abbia il potere di disporre dei beni dati a mutuo si sarà in presenza di un difetto di legittimazione attiva del mutuante il che non comporterà l’invalidità del negozio, ma l’estensione della disciplina dettata in tema di vendita di cosa altrui. Pertanto in caso di mutuo oneroso, il contratto sarà valido, ma privo di efficacia finché il mutuatario non avrà acquistato le cose, salva la responsabilità del mutuante per l’evizione e la facoltà del mutuatario (ignaro del difetto di legittimazione) di chiedere la risoluzione del rapporto. Se peraltro il mutuatario ha acquisito le cose in buona fede conseguendone la proprietà ai sensi dell’art. 1153 c.c., il rapporto avrà regolare svolgimento, e il proprietario potrà agire solo nei confronti del mutuante di cose altrui per il risarcimento dei danni e per ingiusto arricchimento, ma non nei confronti del mutuatario.
Responsabilità per i vizi delle cose
Il mutuante è responsabile, nei confronti del mutuatario, per i danni da quest’ultimo subiti in conseguenza di difetti delle cose date a mutuo. La responsabilità è diversamente graduata nelle ipotesi di mutuo oneroso o gratuito. Nel primo caso il mutuante è responsabile per i danni se non prova di aver ignorato, senza colpa, l’esistenza dei vizi (art. 1821, comma 1, c.c.); opera, in questa ipotesi, una presunzione di colpa del mutuante, che può liberarsi provando la sua incolpevole ignoranza dei difetti. Il mutuatario dovrà, invece, provare il vizio, il danno e il nesso di causalità tra vizio e danno.
Nel caso di mutuo gratuito, al mutuante è riservato un trattamento più favorevole rispondendo costui dei danni solo nel caso in cui, essendo a conoscenza dei vizi, non abbia avvertito il mutuatario (art. 1821, comma 2, c.c.). Il mutuante non è peraltro responsabile per danni cagionati da vizi apparenti e riconoscibili.
Ove sussista la detta responsabilità del mutuante, oltre al risarcimento del danno, il mutuatario potrà chiedere la risoluzione del contratto (in caso di mutuo oneroso) o potrà restituire anticipatamente le cose (nel caso di mutuo gratuito, art. 1816 c.c.). le medesime conseguenze si produrranno nel caso in cui il mutuatario subisca l’evizione da parte di terzi.
Modello Contratto di Mutuo
Di seguito è possibile trovare un fac simile contratto di mutuo in formato Doc da scaricare e da utilizzare come esempio. La bozza di contratto di mutuo può essere modificata inserendo i dati delle parti e gli altri elementi contrattuali mancanti, per poi essere convertita in formato PDF o stampata.