In questa guida spieghiamo quali sono le caratteristiche del contratto di swap e mettiamo a disposizione un fac simile di contratto da scaricare.
Caratteristiche del Contratto di Swap
Iniziamo analizzando le diverse tipologie di contratto.
-L’Interest rate swap
Nell’interest rate swap le controparti si scambiano pagamenti periodici di interessi calcolati su una somma di denaro (c.d. capitale nozionale di riferimento). Generalmente le parti del contratto sono un istituto bancario ed una impresa cliente. Quest’ultima, nello svolgimento della sua attività è solita ricorrere a finanziamenti, i quali sono caratterizzati dal fatto che, per le somme ottenute in mutuo, l’impresa deve corrispondere all’ente finanziatore un tasso variabile nel tempo con il risultato di rimanere quindi esposta al rischio delle fluttuazioni del tasso di interesse.
Tali fluttuazioni, come tutte le situazioni di rischio, potranno comportare per l’impresa rilevanti diseconomie, in quanto l’incidenza degli oneri finanziari in seguito ad un rilevante aumento di tassi potrà assottigliare o compromettere la convenienza degli investimenti dell’impresa; mentre, al contrario, se il tasso di interesse fosse determinato in misura fissa, l’impresa potrebbe preventivamente valutare ed escludere i rischi finanziari connessi alla sua attività. Attraverso il contratto di interest rate swap, le parti convengono che l’una corrisponda all’altra la differenza tra l’ammontare risultante dall’applicazione, ad un importo convenzionale di riferimento, di un tasso di interesse determinato in modo fisso e l’ammontare, risultante dall’applicazione al medesimo importo convenzionalmente stabilito, di un tasso di interesse variabile. A seconda del modo in cui verrà determinato l’accordo tra le parti, l’interest rate swap consentirà all’impresa cliente di evitare, per i finanziamenti che otterrà, i rischi del tasso variabile per godere piuttosto i vantaggi del tasso fisso oppure, al contrario, di abbandonare il tasso fisso per gli eventuali vantaggi (sperati) del tasso variabile.
Le parti stabiliscono un importo convenzionale di riferimento ed il criterio di determinazione degli interessi a tasso variabile e degli interessi a tasso fisso, quindi convengono che, allorquando alle varie scadenze periodiche l’ammontare degli interessi prodotti nell’arco di tempo trascorso, applicando il tasso di interessi variabile all’importo convenzionale di riferimento, sia superiore all’ammontare degli interessi a tasso fisso, applicato allo stesso importo di riferimento, la banca corrisponda all’impresa la differenza, mentre nel caso contrario sarà l’impresa a corrispondere alla banca la differenza.
-Il domestic currency swap
Nel contratto di cutreng swap le parti si scambiano il capitale e gli interessi espressi in una divisa contro capitale ed interessi espressi in una diversa divisa. I flussi di pagamento sono a tasso variabile ed i capitali sono scambiati all’inizio ed alla data di scadenza, del contratto.
Il contratto di domestic swap costituisce una figura contrattuale definita come l’accordo con il quale due parti si obbligano a corrispondere, l’una all’altra, alla scadenza di un termine convenzionalmente stabilito, una somma in denaro (in valuta nazionale) pari alla differenza tra il valore (espresso in Euro) di una somma in valuta estera al tempo della conclusione del contratto ed il valore della medesima valuta estera alla scadenza del termine convenzionalmente stabilito (Trib. Torino, 12 novembre 1998).
In altre parole, con il contratto le parti “scommettono” sui diversi valori di cambio assunti da una valuta estera in un predeterminato arco di tempo. Esso si discosta pertanto dal contratto base di swap quanto alla causa: esso persegue l’interesse di fornire moneta estera contro prezzo, oltre al fine di apprestare cautele contro il rischio di cambio. Le parti sono da un lato un esportatore titolare di posizioni creditorie in valuta estera, dall’altro un importatore indebitato nella medesima valuta e per lo stesso importo, ed un intermediario bancario. La logica di tale contratto era imposta dalla necessità di superare dei limiti alla negoziazione della valuta estera. Tale risultato si otteneva riconducendo entrambe le poste ad una valuta comune, alla valuta domestica: l’esportatore contraeva il suo debito in moneta indicizzata alla valuta domestica e l’importatore contraeva il proprio in valuta domestica.
Alla scadenza, se il tasso di cambio si fosse svalutato l’esportatore sarebbe stato tenuto al pagamento della differenza.
Differenze rispetto alla currency option
Attraverso le currency options un istituto di credito conferisce ad un operatore economico il diritto di acquistare o vendere un ammontare definito di valuta straniera ad un prezzo e ad una scadenza prestabiliti. Il titolare dell’opzione ha in questo caso non l’obbligo di acquistare o meno la valuta oggetto del contratto, bensì la facoltà di comprare o vendere la valuta alla data ed alle condizioni stabilite. Tali opzioni sono naturalmente un contratto e vengono liberamente negoziate secondo quotazioni solitamente definite call o put a seconda delle facoltà ad essa connessa.
Le prime, call, conferiscono il diritto al titolare della opzione, di acquistare un ammontare definito di valuta ad un prezzo e ad una scadenza. Le seconde, put, conferiscono il diritto al titolare dell’opzione, di vendere un ammontare definito di valuta ad un prezzo e ad una importazione di merci o di servizi per il pagamento da parte sua del corrispettivo in valuta estera, secondo l’andamento del corso del cambio, deciderà se avvalersi o meno dell’opzione a suo favore acquistando la valuta al prezzo concordato dall’opzione se il prezzo della valuta nel mercato risulta più alto di questo ed, al contrario, rinunciando a far valere tale opzione nei casi in cui il prezzo della valuta nel mercato sia più basso di quello pattuito nell’opzione.
La convenienza complessiva dell’affare deve inoltre essere valutata tenendo anche conto del corrispettivo (premio) pagato per l’acquisto dell’opzione.
Nel secondo caso, put, interessato a conseguire tale diritto di opzione sarà prevalentemente l’esportatore, il quale, alla data stabilita nel contratto di esportazione di merci, per il pagamento a suo favore del corrispettivo delle merci o dei servizi venduti all’estero, secondo l’andamento del corso del cambio, deciderà se far valere l’opzione disposta a suo favore vendendo al prezzo in essa stabilito la valuta ottenuta in pagamento, oppure, rinunciando a far valere l’opzione, negoziare la valuta al più favorevole prezzo di mercato.
Lo swap è definito come strumento finanziario dall’art. 1, comma 2, lett. g), t.u.f. (ma già stando alla I. n. 1 del 1991 lo swap doveva considerasi alla stregua di valore mobiliare secondo Cass., 19 maggio 2005, n. 10598), tali essendo i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari, anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti. Dal punto di vista giuridico lo swap (detto anche “riporto finanziario”) è altresì un contratto che consiste nell’accordo con cui due parti si obbligano reciprocamente a corrispondere, alla scadenza di un termine prefissato, una somma di denaro in moneta nazionale di ammontare pari alla differenza tra il valore in Euro di una somma di valuta estera al tempo della conclusione del contratto ed il valore in Euro della stessa somma di valuta estera ad una scadenza predeterminata (Trib. Milano, 20 febbraio 1997).
Lo swap è un contratto bilaterale atipico ed aleatorio; la causa del contratto assolve alla funzione di redistribuire tra le parti il rischio dell’oscillazione in ribasso (cosiddetto deprezzamento) di monete estere. Nella prassi degli scambi commerciali è infatti frequente che gli imprenditori operanti su piazze internazionali, fornendo merci ad acquirenti residenti in Stati diversi tra loro o da quello di residenza dell’operatore, assumano, in base al contratto di compravendita, il rischio della variazione del tasso di cambio. Tale rischio grava sull’alienante in quanto egli vende contro un corrispettivo in moneta estera che viene pagato a termine e di norma dopo la consegna. Ne consegue che l’esportatore o importatore subisce le conseguenze della variazione del rapporto tra le valute nel lasso di tempo intercorrente tra la conclusione del contratto e l’adempimento dell’obbligazione pecuniaria. Attraverso il contratto di swap si conviene che, in caso di apprezzamento, l’una parte corrisponderà all’altra la differenza in aumento, mentre nel caso di deprezzamento sarà la controparte a versare tale differenza.
Ne deriva che la variazione viene azzerata in quanto dimezzata tra le parti. Il contratto di swap si ricollega dunque necessariamente a due contratti preesistenti aventi ad oggetto la negoziazione internazionale di merci conclusi tra i due operatori contraenti nel contratto di swap. I due operatori vengono poi normalmente messi in contatto da una banca, che procura la conclusione del contratto di swap verso corrispettivo in misura fissa o percentuale. È frequente inoltre che le parti prevedano di scambiare oltre alle differenze di cambio anche le differenze nel saggio di interesse corrispondente alle singole valute.
La forma
Il contratto di swap non dovrebbe ritenersi sottoposto a vincoli di forma, qualora sia stipulato senza l’intermediazione di soggetti bancari o finanziari; in tal caso può dunque essere validamente concluso in forma orale. Ciò non esclude tuttavia che anche in tal caso la complessità del rapporto che attraverso di esso viene costituito e le esigenze di documentazione impongano nella pratica l’adozione della forma scritta.
A ciò si deve aggiungere tuttavia che, in base all’art. 1 della 1. 17 febbraio 1992, n. 154 (ora rifluito negli artt. 115-120 d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385), in tema di norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, la banca intermediaria nella conclusione del contratto di swap rientra tra i soggetti che esercitano professionalmente attività di prestito e di finanziamento; quindi il relativo contratto, in ogni caso, deve essere assoggettato alla disciplina prevista nella legge medesima. In particolare, l’art. 117 d.lgs. n. 385 del 1993 prevede che «i contratti sono redatti per iscritto» e che «nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo». Le previsioni contrattuali debbono inoltre essere integrate dagli specifici obblighi ivi previsti.
La nullità del rapporto scaturisce poi più specificamente dalla violazione della norma imperativa che impone alle società di intermediazione mobiliare di stabilire i rapporti con i clienti stipulando un contratto scritto (art. 6 1. n. 1 del 1991) (Cass., 7 settembre 2001, n. 11495). In tale caso, peraltro la giurisprudenza ha chiarito che è sufficiente che in forma scritta sia stipulato il contratto normativo di servizi, purché questo contenga l’indicazione della natura dei servizi forniti, delle modalità di svolgimento dei servizi stessi e dell’entità e dei criteri di calcolo della loro remunerazione. Una volta assolti i limiti di forma di tale contratto, i singoli negozi speculativi in esecuzione del contratto non debbono necessariamente rivestire forma scritta (Cass., 19 maggio 2005, n. 10598; Cass., 7 settembre 2001, n. 11495).
In merito alle conseguenze della violazione della citata normativa, nell’assenza di un’espressa previsione sanzionatoria, si riteneva che, trattandosi di disposizioni di carattere imperativo e comunque dirette a garantire la trasparenza e la correttezza di coloro che operano nei mercati finanziari, le conseguenze consisterebbero nella nullità ex art. 1418 c.c.
Il problema appare ormai superato dalla più recente normativa in materia, che disciplina espressamente le conseguenze della mancata osservanza dei principi dettati per l’attività delle società di intermediazione mobiliare, disponendo la nullità del rapporto quale conseguenza della violazione, con la precisazione tuttavia che, trattandosi di nullità relativa, essa può essere fatta valere unicamente dal cliente (così 1. n. 415 del 1996, c.d. Euro 415/96 decreto Eurosim, sostituito dal decreto Draghi, che tuttavia riproduce in modo sostanzialmente identico la norma relativa alle operazioni di swap) (Trib. Milano, 21 febbraio 1995; Trib. Milano, 11 maggio 1995; Trib. Milano, 3 gennaio 1996; Cass., 14 novembre 1997, n. 11279; Trib. Torino, 10 aprile 1998).
Il fatto che si tratti di un contratto d’impresa, ovvero di un contratto stipulato tra due imprenditori nell’esercizio della loro attività professionale od imprenditoriale, esclude che ad esso possano applicarsi le norme del Codice del consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206) sulle clausole vessatorie nei contratti tra consumatori. D’altra parte, la giurisprudenza esclude la nullità per difetto di informazione nella sottoscrizione da parte del cliente che ha dichiarato di essere in possesso della specifica competenza (Trib. Rimini, 25 marzo 2005; Trib. Milano, 3 aprile 2004). Non resterebbe allora che la responsabilità dell’amministratore ex art. 2392 c.c. il quale abbia sottoscritto il contratto di swap senza verificare se vi fosse adeguata provvista e senza valutazione accurata del rischio connesso all’operazione. La giurisprudenza lo rende responsabile della perdita derivata dall’affare (Trib. Reggio Emilia, 12 giugno 1996).
Si deve però considerare che la nuova disciplina introdotta a seguito della direttiva MIFid ha individuato una tripartizione della categoria dei destinatari distinguendoli a seconda della loro specifica competenza. Con ciò le dichiarazioni provenienti dalle parti di possesso dei requisiti di competenze sono state “depotenziate”. Ci si attende perciò un’evoluzione della giurisprudenza in senso più rigoroso nei confronti degli intermediari che abusando della incapacità di valutazione dei destinatari non professionali consentono la sottoscrizione di strumenti finanziari “pericolosi”.
La prassi delle contrattazioni ha poi consentito agli intermediari finanziari che negoziano contratti di swap di elaborare formulari e condizioni generali di contratto, che vengono sottoposte ai contraenti.
In caso di conclusione del contratto attraverso moduli o formulari, ovvero in caso di rinvio a condizioni generali di contratto, risultano applicabili gli artt. 1341 e 1342 c.c., nei quali si prevede che le condizioni generali di contratto vincolano le parti solo se conosciute o conoscibili e che le clausole vessatorie debbono essere sottoposte a specifica approvazione della parte aderente, ovvero debbono essere separatamente e specificamente sottoscritte dalla stessa, a pena d’inefficacia.
Requisiti delle parti
L’operazione di swap, se negoziata attraverso un istituto bancario, come di norma accade, rappresenta un’operazione di intermediazione finanziaria, riservata ad intermediari abilitati. In particolare, in quanto i contratti di swap costituiscano valori mobiliari, le operazioni di intermediazione, negoziate fuori dalla sede della società autorizzata a tale intermediazione, non si ritiene possano essere compiute che da promotori finanziari regolarmente iscritti nell’apposito albo, e non da funzionari delle filiali della banca, ad esempio presso i domicili dei clienti (Cass., 4 agosto 2000, n. 10243). Ne conseguiva inoltre che il contratto concluso da intermediari non abilitati è soggetto alla declaratoria di nullità per contrarietà a norma imperativa, ai sensi dell’art. 1418 c.c. (Trib. Firenze, 26 novembre 1997; validi soltanto quelli stipulati prima della 1. n. 1 del 1991: Cass. 5 aprile 2001, n. 5052). I imperativa la norma che non può essere derogata dalle parti, in quanto dettata nel superiore interesse generale; è elemento che sancisce l’imperatività della norma di diritto privato, la previsione di una sanzione penale a carico di chi la violi, in quanto la previsione penale dimostra che la norma medesima è posta a tutela di interessi generali e ne sancisce in modo indiscutibile l’obbligatorietà. L’art. 2 1. n. 1 del 1991 riserva l’esercizio delle attività di cui all’art. 1 alle Società di intermediazione mobiliare e la violazione di questa riserva, ovvero il compimento di questa attività da parte di società che non abbiano i requisiti stabiliti dalla legge, è sanzionata penalmente dall’art. 14 della legge, che applica la pena della reclusione da 6 mesi a 4 anni e la multa da Euro 10 milioni a Euro 200 milioni a chiunque esercita professionalmente nei confronti del pubblico una o più delle attività di cui all’art. 1 senza essere iscritto all’albo di cui all’art. 3 ovvero senza essere stato autorizzato. Secondo una pronuncia tuttavia deve farsi applicazione degli arti. 1337-1338 cc. con esclusione del risarcimento del danno del risparmiatore che abbia sottoscritto con colpa contratti del genere senza controllare l’iscrizione nell’albo della Sim controparte (Cass., 7 marzo 2001, n. 3272).
Che il contratto di swap costituisca strumento finanziario assimilato ai valori mobiliari è dimostrato da varie normative di settore. La sez. B dell’allegato alla direttiva 93/22/CEE annovera tra gli “strumenti”, oggetto dei servizi principali di investimento, gli swaps, alla pari dei valori mobiliari propri, dei contratti a termine (futures) e delle opzioni; l’art. 11. n. 1 del 1991, dopo aver annoverato tra le attività di intermediazione regolate dalla stessa / quelle aventi ad oggetto veri e propri titoli di investimento ed altre per le quali la negoziabilità è meramente eventuale, pone una esplicita regola di assimilabilità ai “valori mobiliari” di altri specifici “strumenti”. Poiché la regola di estensione della norma non pone nessun requisito di standardizzazione e negoziabilità in mercato aperto e persegue il solo obiettivo di assicurare pari protezione e garanzia, essa appare certamente applicabile allo strumento swap. Si tratta della previsione di cui al comma 2 dell’art. 1, a mente della quale «ai fini della presente legge, i contratti a termine su strumenti finanziari collegati a valori mobiliari, tassi di interesse e valute sono considerati valori mobiliari». È necessario precisare tuttavia che non esiste allo stato un mercato regolamentato degli swaps (registrando l’assenza – pur dopo il regolamento Consob 8509/94 – di un’esplicita regolamentazione delle negoziazioni di contratti “swap”). L’art. 23 1. n. 1 del 1991 (che al comma 1 prescrive che Non si può dunque affermare che, in difetto di tal previa regolamentazione, non si avrebbe alcuna attività di intermediazione di contratti swap ma solo “iniziativa individuale” di negoziazione, in difetto di alcuna indicazione che condizioni al “mercato regolamentato” l’esistenza dell’attività di intermediazione di swaps o, quantomeno, la sua sottoposizione alle regole della stessa legge («ai fini della presente legge»).
In definitiva, l’art. 11. 2 gennaio 1991, n. 1, dopo aver annoverato fra le attività di intermediazione mobiliare regolate dalla stessa quelle aventi ad oggetto veri e propri titoli di investimento (lett. A) ed altre per le quali la negoziabilità è meramente eventuale, pone un’esplicita regola di assimilabilità, ai “valori mobiliari”, di altri specifici strumenti, fra i quali, non ponendo la norma in questione alcun requisito di standardizzazione e negoziabilità in mercato aperto, rientra senz’altro il cosiddetto contratto di swap (Cass., 14 novembre 1997, n. 11279). A tal proposito va osservato come il d.lgs. n. 415 del 96, sulla scorta della direttiva CEE n. 93/1992, ed il T.U. sulla finanza, di cui al d.lgs. n. 58 del 1998, includono espressamente nel novero degli strumenti finanziari (espressione che sostituisce quella di valore mobiliare) «i contratti di scambio a pronti ed a termine (swaps) su tassi di interessi, su valute, su merci nonché su indici azionari, anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti».
Esclusione della rescissione
Il contratto di swap è bilaterale ed aleatorio, caratterizzato inoltre da un’incidenza bilaterale dell’alea. Esso è in altri termini aleatorio sia per sua natura che per volontà delle parti, ed è dunque sottratto alla disciplina della rescissione del contratto per stato di bisogno prevista dall’art. 1448 c.c., né è sottoposto a risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1469 c.c.). La struttura dell’operazione porterebbe ad una assimilazione ad una semplice scommessa sui rapporti di cambio, con la conseguenza che da essa non potrebbero scaturire, ex art. 1933 c.c., delle pretese azionabili.
Tale ricostruzione deve essere esclusa: lo swap è un contratto atipico a prestazioni corrispettive, meritevole di tutela giuridica ai sensi dell’art. 1322 c.c., in quanto realizza l’interesse lecito delle parti a neutralizzare il rischio della oscillazione del cambio valutario. Dalla sua conclusione scaturiscono diritti e doveri azionabili per entrambe le parti.
Si deve escludere che le operazioni di swap siano assimilabili al “gioco” o alla “scommessa”, rilevando che non si tratta di una gara o partita fra le parti, ma esclusivamente dell’ancoraggio del risultato economico dell’operazione ad eventi estranei all’influenza delle parti stesse, e che l’evento assunto in considerazione è, nella struttura stessa del contratto, destinato ad incidere direttamente sul patrimonio dell’una e dell’altra pane. E, sebbene si possa ritenere che il cliente abbia solamente un intento speculativo, non altrettanto può dirsi per l’intermediario finanziario che si pone sul mercato quale elemento di raccordo rispetto ad una pluralità di parti diverse. Anzi, ravvisata la natura professionale dell’intermediario bancario, resta salvo il suo dovere, a seguito della stipulazione di ciascun contratto, di informare il cliente circa l’opportunità di stipulare un contratto di segno opposto, in tempi e con differenziali tali da ridurre il rischio nei termini più modesti, intendendosi con ciò la responsabilità della banca per le perdite subite dal cliente (Coll. Arb. Milano, 26 marzo 1996).
Altrettanto non può dirsi rispetto ai terzi, lo scopo per il quale partecipino all’operazione non è dato conoscere, essendo dette operazioni solitamente finalizzate alla copertura dei rischi derivanti dalla fluttuazione dei cambi e dei prezzi delle materie prime. Per contro l’eccezione di gioco di cui al citato art. 1933 c.c. trova applicazione solo quando il contratto soddisfa esclusivamente l’interesse a conseguire un guadagno per mero effetto di un’attività di tipo ludico o puramente aleatoria (secondo Trib. Milano, 24 novembre 1993, che ritiene esperibile l’eccezione di gioco nei contratti di swap a scopo puramente speculativo).
Qualora invece il contratto realizzi anche interessi ritenuti dall’ordinamento meritevoli di tutela, i diritti di credito che ne derivano possono essere fatti valere in giudizio, come è ad esempio in materia di competizioni sportive, secondo l’art. 1934 c.c., ovvero in tema di lotterie autorizzate, secondo Part. 1935 c.c., ed ancora in materia di contratti di borsa, ex art. 5 r.d.l. 14 maggio 1925 n. 601, o in tema di contratti uniformi a termine su strumenti finanziari, ex art. 23, comma 4,1. 2 gennaio 1991, n. 1 (Trib. Milano, ord. 3 aprile 2004; App. Milano 26 gennaio 1999, mira). Si deve poi considerare che il contratto di swap è spesso sottoscritto all’interno di una più articolata operazione di finanziamento, nei quali lo swap ad alto rendimento viene costituito in pegno a garanzia del finanziamento (App. Milano, 29 giugno 2004). In questa ipotesi, la causa di garanzia reagisce sulla causa speculativa e rende necessario una più complessa operazione ermeneutica che dovrà considerare anche la disciplina dei contratti di garanzia finanziaria di cui al d.lgs. 21 maggio 2004, n. 170.
Modello Contratto di Swap
Di seguito è possibile trovare un fac simile contratto di swap in formato Doc da scaricare e da utilizzare come esempio. La bozza di contratto di swap può essere modificata inserendo i dati delle parti e gli altri elementi contrattuali mancanti, per poi essere convertita in formato PDF o stampata.