In questa guida spieghiamo quali sono le caratteristiche del contratto di commissione e mettiamo a disposizione un fac simile di contratto da scaricare.
Nozione
Il contratto di commissione è un contratto tipico la cui disciplina giuridica è contenuta negli artt. 1731 ss. c.c., riconducibile ad un mandato senza rappresentanza ex art. 1705 ss. c.c.
Il legislatore, pertanto, ha inteso dettare una disciplina speciale nell’ambito di una figura a carattere generale, definendo il commissionario come un mandatario che si obbliga a compiere atti di acquisto o di vendita in nome proprio, ma per conto del mandante-committente; atti che producono effetti giuridici nel patrimonio dello stesso commissionario, occorrendo un ulteriore atto giuridico per riversarli nel patrimonio del committente; si tratta di un mandato revocabile finché la vendita non sia stata conclusa (v. art. 1734).
Quando poi la commissione ha ad oggetto il mandato ad alienare, l’effetto traslativo reale del bene, derivante dal consenso manifestato, non si verifica immediatamente, ma è sospensivamente condizionato al compimento dell’alienazione gestoria del bene medesimo da parte del mandatario o commissionario (Cass., 5 maggio 2004, n. 8512).
Il problema che si pone nell’esaminare la fattispecie contrattuale della commissione non riveste carattere puramente nominalistico, investendo, invero, ragioni di ordine pratico-applicativo, atteso che la dottrina e la giurisprudenza si sono a lungo interrogate sui motivi per i quali il legislatore, dopo avere espressamente qualificato il contratto di commissione come un mandato senza rappresentanza, abbia poi inteso disciplinarlo con la previsione di norme aventi carattere di specificità rispetto a quelle dettate per il mandato in generale.
Raffronto tra la fattispecie contrattuale della commissione e quella del mandato
La commissione, rispetto al mandato, si caratterizza sotto un duplice aspetto: nell’ambito della fattispecie contrattuale della commissione, in primo luogo, gli atti giuridici che il mandatario si obbliga, in genere, a compiere per conto del mandante sono atti di acquisto e/o vendita di beni mobili e immobili, nonché titoli quotati in borsa; in secondo luogo, il commissionario, quale mandatario senza rappresentanza, acquista o vende per conto altrui, ma in nome proprio. Ne segue, pertanto, che se è il commissionario a compiere atti di acquisto è lui stesso il compratore e, per l’effetto, si rende personalmente obbligato a pagare il prezzo; se vende è lui stesso il venditore, personalmente obbligato per la consegna della cosa e per le garanzie dovute dal venditore al compratore.
Pertanto, mentre il negozio concluso dal mandatario con rappresentanza produce i suoi effetti direttamente in capo al mandante, quello posto in essere dal commissionario produce i suoi effetti giuridici nel patrimonio dello stesso commissionario, occorrendo un ulteriore atto giuridico per riversarli nel patrimonio del committente.
Nella commissione per la vendita, dunque, è ravvisabile un contratto nel quale l’effetto traslativo reale del bene, derivante dal consenso manifestato dalla parti, non si verifica immediatamente, ma è sospensivamente condizionato al compimento dell’alienazione gestoria del bene medesimo da parte del commissionario (Cass., 5 maggio 2004, n. 8512).
È opinione diffusa in dottrina che l’onerosità sia un elemento naturale, ma non essenziale del contratto. Si è anche affermato che la commissione è un contratto unilaterale, pur se talvolta oneroso, in quanto gli eventuali obblighi del committente — al quale, almeno sotto il profilo dell’incidenza economica e della titolarità dell’interesse, sono riferibili i contratti stipulati a proprio nome dal commissionario — hanno carattere secondario e non sinallagmatico.
Posto che le due fattispecie contrattuali si pongono, l’una rispetto all’altra, in rapporto di genus a species, alla commissione sono direttamente applicabili le norme sul mandato senza rappresentanza, salva la prevalenza su queste delle disposizioni speciali per essa stabilite.
Da un lato, dunque, vi sono norme applicabili alla commissione che altro non sono che ripetizioni di principi generali, già dettati per il mandato; in particolare, alla commissione sono direttamente applicabili le norme dettate dagli artt. 1710, 1712 e 1713 c.c., sicché l’obbligo del commissionario di inviare al committente un analitico rendiconto dell’attività svolta e gli incassi effettuati per conto del committente medesimo sussiste, in virtù delle richiamate norme, anche in mancanza di specifica previsione nel contratto stipulato dalle parti.
Dall’altro, invece, vi sono norme aventi carattere di specificità e, in quanto tali, incompatibili con quelle dettate per il mandato in generale.
Invero, il rapporto tra le norme dettate per l’una e per l’altra fattispecie contrattuale aventi carattere di specificità non è di natura sostituiva ma integrativa, nel senso che le norme speciali dettate per la commissione si aggiungono ma non si sostituiscono integralmente a quelle del mandato.
Rilevato il carattere di genus a species nel rapporto tra il mandato e la commissione, è utile mettere a confronto il contratto di commissione con altre tipologie contrattuali. La commissione si differenzia dal contratto di agenzia, dal procacciamento di affari e dalla mediazione in quanto, in queste ultime tre fattispecie, l’oggetto è costituito da un’attività materiale che agevola la stipula di contratti futuri; di contro, nella commissione, l’oggetto è costituito proprio dalla stipula di un contratto futuro e l’attività che compie il commissionario è solo funzionale a questo scopo, non essendo oggetto dell’obbligazione principale.
Con particolare riguardo al contratto di agenzia, questo ha ad oggetto la promozione di affari in un determinato territorio, mentre il contratto di commissione riguarda solamente l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente.
Ancora, riguardo al contratto di agenzia, la provvigione ha la funzione di corrispettivo per gli affari che, essendo conclusi nella zona riservata all’agente, sono comunque riconducibili all’attività promozionale svolta da quest’ultimo (Cass., 22 novembre 1997, n. 11683).
Sulla base dei tratti distintivi delle due fattispecie discende che:
1) il commissionario è un mandatario senza rappresentanza che agisce in nome proprio e per conto altrui, mentre l’agente che non è un mandatario, non può mai agire per conto proprio né in nome proprio;
2) il commissionario può concludere i contratti anche se per conto altrui, mentre l’agente li conclude solo se munito del potere di rappresentanza;
3) il contratto di commissione è un rapporto occasionale in cui l’attività esercitata si esaurisce nel compimento di un singolo atto, mentre quello di agenzia è un rapporto di durata che presuppone la stabilità dell’incarico.
In particolare, si è precisato che va qualificato come contratto di commissione e non di agenzia quello con cui un soggetto non si limiti a promuovere ovvero anche a concludere la vendita di autovetture in nome e per conto della casa costruttrice bensì, dopo aver acquistato dette vetture, provveda, con autonoma organizzazione, alla loro rivendita a terzi in nome proprio, ma per conto della casa produttrice (Cass., 14 luglio 1986, n. 4540).
Da ultimo, un raffronto con la figura del contratto estimatorio, laddove in quest’ultimo l’affidatario (accipiens), ai sensi di cui all’art. 1556 c.c., vende per conto proprio, potendo alienare nel proprio interesse le cose ricevute, restituendo quanto sia rimasto invenduto (Cass., 29 ottobre 1991, n. 11504); di contro, nel contratto di commissione, il commissionario che vende al terzo per conto del committente è tenuto a riversare il prezzo ottenuto dal terzo, salvo il diritto al pagamento della provvigione.
Il commissionarlo
Il commissionario può essere un commissionario per la vendita ovvero un commissionario per l’acquisto di beni, ad esempio per l’approvvigionamento di materie prime da parte del produttore o di prodotti da parte del rivenditore all’ingrosso.
Il commissionario, al momento della stipula, non deve essere proprietario della merce, dovendosi qualificare il negozio, in tal caso, come compravendita. Unica eccezione deve farsi nell’ipotesi di commissionario contraente in proprio ex art. 1735 c.c., configurandosi, nella specie, un tipico esempio di contratto con se stesso in cui il commissionario fornisce al committente le cose che deve comprare.
Poiché il commissionario agisce come mandatario dovrà trasferire al committente le cose che ha acquistato, salva l’applicazione dei principi di cui all’art. 1706 c.c., nonché dovrà versare al committente il prezzo delle cose che ha venduto, alla cui riscossione è legittimato.
Le compravendite affidate al commissionario non debbono necessariamente rientrare nell’attività professionale del committente; è dibattuto, invero, se il commissionario debba esercitare la propria attività professionalmente, ovvero se ciò non sia necessario.
Ad ogni modo, non si dubita che il commissionario professionale alla vendita sia imprenditore commerciale che si muove nell’ambito della distribuzione dei prodotti o, più in generale, della circolazione dei beni.
Rispetto ad altre figure, come il concessionario di vendita o commerciale (figura contrattuale che nasce dalla somministrazione tra produttore e rivenditore, con esclusiva a favore del somministrante) si distingue, sotto l’aspetto economico, per la diversa distribuzione del rischio inerente alla distribuzione che sul commissionario grava in misura minore.
Il commissionario per la vendita, infatti, non compra per rivendere (come il concessionario di vendita) ma vende le cose del committente, sicché, a differenza del concessionario, non ha il rischio dell’invenduto, partecipando, pur sempre, al rischio della distribuzione.
Il commissionario, infatti, è retribuito dal committente con provvigione ai sensi dell’art. 1373 c.c. che corrisponde ad una percentuale sul valore dell’affare. Ne segue che se non conclude affari, ossia se non vende o, essendo commissionario per l’acquisto, non compera, non avrà alcun compenso per l’opera svolta e nessuna remunerazione dei costi di gestione della propria impresa.
A ciò si aggiunge che il commissionario agisce in nome proprio e, pertanto, è personalmente obbligato verso il terzo contraente.
Su lui incombe, ad esempio, la responsabilità per i vizi della cosa venduta ex art. 1490 c.c., salvo il suo diritto ad essere risarcito dal committente.
Di regola, il commissionario non risponde verso il committente dell’esecuzione degli affari conclusi, essendo a carico del committente il rischio che il terzo compratore non paghi il prezzo o che il terzo venditore non consegni la cosa venduta. Unica eccezione prevista si ha con il patto dello “star del credere” di cui all’art. 1736 c.c., con il quale il commissionario assume verso il committente una responsabilità diretta all’adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto con il terzo.
Nella commissione di compera e vendita di titoli, divise o merci aventi un prezzo corrente che risulti da atto della pubblica autorità ovvero da listini o mercuriali, se il committente non abbia disposto diversamente, il commissionario, ai sensi di cui all’art. 1735 c.c., può fornire al suddetto prezzo le cose che deve comprare ovvero acquistare per sé le cose che deve vendere, salvo, in ogni caso, il suo diritto alla provvigione.
La norma in esame contempla l’ipotesi della cd. entrata del commissionario nel contratto. Precisamente, qualora il contratto di commissione abbia per oggetto i beni come sopra descritti e, pertanto, qualora sia escluso un conflitto di interessi con il committente, il commissionario può farsi contraente in proprio, ossia acquistare per sé le cose che deve vendere o fornire il prezzo delle cose che deve comprare, rimanendo impregiudicato il suo diritto alla provvigione; dò purché tale eventualità non sia stata esclusa dal committente.
Al riguardo, numerose emergono, in dottrina, le tesi proposte in merito alla ricostruzione della fattispecie delineata. Da un lato, c’è chi sostiene che la cd. entrata del commissionario nel contratto non farebbe sorgere un ulteriore rapporto contrattuale, ma si configurerebbe quale particolare modalità attuativa del contratto di commissione. Dall’altro, invece, c’è chi crede che, nell’esecuzione del mandato, si instaurerebbe, in modo sostitutivo ovvero additivo, un rapporto di compravendita che trova la principale fonte in una dichiarazione negoziale unilaterale (recettizia) del commissionario.
Con l’entrata del commissionario nel contratto può parlarsi, pertanto, di una forma di autocontratto, come nell’ipotesi di contratto che il rappresentante conclude con se stesso (art. 1395 c.c.).
Le due tipologie presentano identità strutturali morfologiche, in quanto in entrambe non esiste una dichiarazione negoziale del rappresentante-commissionario in nome del rappresentato-committente. Invero, l’unica dichiarazione ipotizzabile che può fare il commissionario è quella con cui il medesimo comunica al committente la propria intenzione di fornirgli il bene che era stato incaricato di acquistare ovvero di acquistare da lui il bene che aveva ricevuto l’incarico di vendere (Cass., 7 maggio 1992, n. 5438).
Quanto poi ai rapporti tra le due norme, si ritiene possa escludersi che la fattispecie in esame debba essere regolata dalla norma in tema di mandato pur riferendosi entrambe, tuttavia, ad una forma di autocontratto.
Invero, essendo il mandatario munito di poteri di rappresentanza, discende che il mandante, conferendogli la procura, abbia implicitamente manifestato la propria volontà di poter fare instaurare un rapporto contrattuale diretto con altro soggetto, diversamente da quanto, invero, accade qualora il commissionario agisca come contraente in proprio, laddove al sorgere di un rapporto diretto di compravendita tra committente e commissionario non corrisponde alcun originario intento del primo.
Forma
Il contratto di commissione, avente ad oggetto la compravendita di beni mobili, non è soggetto a particolari requisiti di forma, potendo essere concluso anche verbalmente.
Diversamente, quando oggetto della compravendita siano beni immobili, la commissione richiede la forma scritta ad substantiam a pena di nullità (Cass. 24 gennaio 2003, n. 1137).
Parimenti, deve risultare da atto scritto il mandato a vendere od acquistare beni immobili senza rappresentanza, con la conseguenza che l’esistenza di un mandato ad alienare o acquistare immobili non può essere desunta sulla base di semplici presunzioni, dovendo la stessa risultare, ai fini dell’opponibilità a terzi e ai fini della sua validità tra le parti, da atto scritto ad substantiam.
Nell’ipotesi di mandato conferito oralmente, il mandante non può rivendicare l’immobile, né chiederne il trasferimento in suo favore, non essendo sorto, a carico del mandatario, l’obbligo corrispondente.
Da ultimo, il contratto nullo per difetto di forma concreta un’inattuazione dell’obbligazione principale nascente dal contratto, dando luogo a responsabilità risarcitoria a carico del mandatario commissionario.
Obbligazioni delle parti
Obblighi del committente
-La provvigione
Sui contratti conclusi dal commissionario spetta la provvigione ai sensi di cui all’art. 1733 c.c., a stregua del quale la misura, se non è stabilita dalle parti, si determina secondo gli usi del luogo in cui è compiuto l’affare, ovvero, in mancanza, provvede il giudice secondo equità.
Nel linguaggio corrente, per provvigione si intende un compenso in percentuale sull’ammontare pecuniario degli affari conclusi pur se, talvolta, si ammette che il compenso al commissionario sia calcolato in maniera differente, come ad esempio nel caso in cui le parti convengano che esso consista nella differenza tra il prezzo al quale il commissionario riesca a vendere il bene e quello inferiore fissato come minimo dal committente.
Il compenso spetta al commissionario in ogni caso in cui abbia eseguito la propria prestazione consistente nella stipulazione con il terzo della compera o della vendita, senza che venga in rilievo la regolare esecuzione dell’affare. In tale prospettiva, la provvigione, anche quando è previsto un diritto di esclusiva, è più specificatamente legata agli affari conclusi dal commissionario piuttosto che all’attività promozionale dello stesso, sicché, nella specie, è inapplicabile il disposto di cui all’art. 1748, comma 2, c.c., relativo al contratto di agenzia.
Ne segue, pertanto, che l’eventuale violazione del patto di esclusiva non dà luogo alla provvigione sugli affari conclusi dal mandante-committente, ma solo ad una pretesa risarcitoria in relazione alla quale l’ammontare delle provvigioni perdute costituisce solo un elemento di danno da liquidare tenendo conto anche delle spese che, per la conclusione degli affari, il mandatario avrebbe dovuto sostenere (Cass. 2 novembre 1997, n. 11683).
Quanto poi alla disciplina delle spese, è ammessa l’applicazione analogica della disposizione dettata dall’art. 1720 c.c. in tema di spese e compenso del mandatario, sicché il commissionario ha diritto a ricevere il rimborso delle spese e delle anticipazioni.
Spetta al commissionario, il quale sostenga che le somme versate dal committente in eccesso rispetto alla percentuale stabilita siano da attribuirsi a spese sostenute, fornire la prova delle singole voci di spesa (Cass. 17 gennaio 2007, n. 986).
-La prelazione sui crediti
Al commissionario è riconosciuto il diritto di prelazione stabilita a favore del mandatario dall’art. 1721 c.c. sui crediti pecuniari sorti dagli affari che ha concluso, con precedenza sul mandante e sui creditori di questo.
La prelazione stabilita a favore del mandatario-commissionario presuppone una stretta correlazione tra l’attività del primo ed il credito derivante al mandante-committente e rappresenta una deroga alla par condirlo creditorum, sicché la stessa riveste natura eccezionale e, come tale, non è suscettibile di interpretazione analogica (Cass., 4 gennaio 2001, n. 77).
La cd. prededuzione costituisce, unitamente al privilegio di cui all’art. 2761, comma 2, c.c., l’insieme dei diritti di garanzia aventi lo scopo di facilitare al commissionario il soddisfacimento delle proprie pretese creditorie. Il privilegio de quo che tutela, per l’appunto, anche i crediti del commissionario e dello spedizioniere (Trib. Reggio Emilia, 2 giugno 1986), assiste tutti i crediti derivanti dall’esecuzione del mandato e cioè il rimborso delle anticipazioni, il compenso e l’eventuale risarcimento dei danni.
Ciò si inquadra quale strumento di garanzia a favore del mandatario-commissionario, svolgendo una funzione di autotutela privata con finalità satisfattiva, senza la necessità di dover ricorrere all’azione esecutiva giudiziale.
Obblighi del commissionario
Il commissionario, quale mandatario senza rappresentanza, diviene titolare di diritti ed obblighi che poi riversa sul committente attraverso un rapporto interno.
Al commissionario sono direttamente applicabili le norme dettate sul mandato e, in particolare, le disposizioni di cui agli artt. 1710, 1712 e 1713 c.c. relative alla diligenza del mandatario, alle comunicazioni dell’eseguito mandato e all’obbligo di rendiconto da assolversi su base periodica. Quanto a quest’ultimo, si fa discendere l’obbligo per il commissionario, al pari del mandatario, di inviare al committente un rendiconto analitico dell’attività svolta nonché degli incassi effettuati per conto dello stesso committente.
L’obbligo del rendiconto può dirsi legittimamente adempiuto quando il mandatario abbia fornito la relativa prova attraverso i necessari documenti giustificativi non soltanto della somma incassata (oltre che, se del caso, della qualità e della quantità dei frutti percepiti) e dell’entità degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali all’individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell’incarico, onde stabilire se il suo operato si sia adeguato o meno ai criteri di buona amministrazione.
Con il rendimento del conto si è al di fuori del negozio di mero accertamento, vertendosi in tema di negozio con funzione ricognitiva della situazione preesistente, cioè dell’esecuzione del mandato, e costitutiva di un’attuale azione diretta a definire un regolamento di interessi con il preesistente rapporto di mandato (Cass., 23 aprile 1998, n. 4203).
Tra gli ulteriori obblighi posto a suo carico si configura anche il cd. obbligo di un minimo garantito in vista del raggiungimento di un minimo di vendite durante un determinato periodo di tempo (Cass., 10 dicembre 1986).
Nel caso il cui il contratto abbia ad oggetto la vendita di cose mobili, sorge a capo del commissionario, accanto all’obbligazione principale di consegna delle cose, anche quella accessoria di custodirle con diligenza sulla base di quanto disposto dagli artt. 1176 e 1177 c.c., sicché il commissionario, quale custode, è tenuto a predisporre tutto quanto necessario anche per prevenire fatti esterni, quali il furto, che possano determinare la perdita della cosa (Cass., 24 maggio 2007, n. 12089).
La responsabilità del commissionario per la custodia delle cose che gli siano consegnate per la vendita non deve essere valutata con riferimento alla disciplina del contratto di deposito ma in base alla norma generale in tema di diligenza nell’adempimento delle obbligazioni (Cass., 19 febbraio 1981, n. 1025).
Qualora oggetto del contratto sia l’acquisto di beni immobili o beni mobili registrati, sorge, a carico del commissionario, sulla base dell’applicazione analogica dell’art. 1706 c.c., l’obbligo di ritrasferirle al committente. Quest’ultimo potrà avvalersi dell’esecuzione specifica dell’obbligo di trasferire il bene acquistato dal committente in forza del disposto di cui all’art. 2932 c.c. Il Giudice, su accoglimento della domanda del committente, pronuncia una sentenza diretta a trasferire la proprietà dell’immobile.
-Lo “star del credere”
Con il patto dello “star del credere” di cui all’art. 1736 c.c., il commissionario assume verso il committente una responsabilità diretta all’adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto con il terzo.
Si tratta di una specifica responsabilità, più intensa e rigorosa rispetto a quella che gli incombe in base alle regole comuni, alla quale corrispondono, da un lato, un’adeguata autonomia nella promozione e nella stipula delle compravendite e, dall’altro, un congruo compenso per lo specifico rischio assunto (Cass., 28 novembre 1981).
In mancanza di determinazione pattizia del maggior compenso, la misura dello stesso si determinerà secondo gli usi del luogo in cui si è concluso l’affare, ovvero sulla base dell’apprezzamento equitativo del giudice (Cass., 14 giugno 1991, n. 6741).
Con lo “star del credere”, il commissionario, a differenza del fideiussore che garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui che è quella principale, risponde nei confronti del committente per l’esecuzione dell’affare e, in quanto garante del regolare adempimento dell’obbligazione contratta dal terzo con lui stesso, che, a sua volta, gli consentirà di adempiere verso il committente in base al rapporto interno, garantisce anche il fatto proprio per la parte in cui la propria attività giova ad assicurare la regolare esecuzione dell’affare stesso (Cass., 3 giugno 1991, n. 6224).
La funzione dello “star del credere” è un’esigenza di cautela del preponente contro la leggerezza del committente nel promuovere e concludere contratti.
La norma di cui all’art. 1736 c.c. non può applicarsi, per analogia, al contratto di agenzia. Il comma 3 dell’art. 1746 c.c., riformato dalla legge comunitaria n. 526 del 1999, ha profondamente rivoluzionato il regime preesistente, eliminando di fatto la possibilità per le parti di inserire validamente in un contratto di agenzia una clausola generale relativa allo “star del credere”.
In via generale, essa vieta qualunque patto che ponga a carico dell’agente una responsabilità, anche solo parziale, per l’inadempimento del terzo; regola questa, suscettibile, in casi eccezionali, di deroga per volontà delle parti che possono concordare, di volta in volta, la concessione di un’apposita garanzia da parte dell’agente, purché ricorrano determinate condizioni poste dalla legge le quali, trattandosi di un’ipotesi derogatoria di un divieto, debbono tutte necessariamente concorrere.
Precisamente
a) quando la garanzia sia concordata con riferimento a singoli affari, di particolare natura e importo, individualmente determinati;
b) quando l’obbligo di garanzia assunto dall’agente non sia di ammontare più elevato della provvigione che per quell’affare l’agente medesimo avrebbe diritto a percepire;
c) quando sia previsto, in favore dell’agente, un apposito corrispettivo.
Occorre, invero, precisare che il divieto del patto dello “star del credere” non ha eliminato, tuttavia, l’obbligo di informazione gravante sull’agente che, in caso inadempimento, può essere oggetto di un’azione di responsabilità contrattuale.
-Operazioni a fido
Il commissionario, in conformità agli usi del luogo in cui compie l’operazione, è autorizzato a concedere dilazioni di pagamento e, a tal fine, è tenuto a fornire al committente indicazioni sulla persona del contraente e sul termine concesso (art. 1732, comma 1, c.c.).
Secondo alcuni, sebbene risulti formulato in termini di presunzione, il comma 1 è considerato una norma dispositiva di carattere sostanziale.
Ove il concessionario conceda dilazioni di pagamento, malgrado il divieto del committente ovvero in mancanza di autorizzazione degli usi, è obbligato, su richiesta del committente, al pagamento immediato salvo il suo diritto a fare propri i vantaggi che derivano dalla concessa dilazione (art. 1732, comma 2, c.c.).
La norma apporta una deroga alla disciplina dettata dall’art. 1711 c.c. in tema di limiti del mandato laddove l’atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario se il mandante non lo ratifica.
Si ritiene, in dottrina, che la facoltà prevista per il committente dal comma 2 costituisca un rafforzamento ex lege della posizione del committente il quale può avvalersene oltre ai mezzi di tutela contro l’inadempimento previsti dalla disciplina generale in tema di obbligazioni e contratti e dall’art. 1711, comma 1, c.c. in tema di mandato.
Revoca della commissione
L’art. 1734 c.c. riconosce al committente la possibilità di revocare l’ordine di concludere l’affare sino a che il commissionario non l’abbia concluso.
11 tal caso, al commissionario spetta una parte della provvigione che si determina tenendo conto delle spese sostenute e dell’opera prestata.
La norma de qua attribuisce al committente il potere, esercitabile ad nutum, di porre termine unilateralmente al rapporto di commissione con una manifestazione di volontà che deve pervenire al commissionario prima del perfezionamento del contratto gestorio.
Trattasi di una forma di recesso unilaterale dal contratto previsto espressamente dalla legge, in virtù del quale si riconosce al commissionario il diritto al solo compenso proporzionale all’opera prestata e al rimborso delle spese e non anche il diritto al risarcimento del danno previsto in tema di mandato ex art. 1725 c.c.
Secondo la giurisprudenza (Cass., 9 giugno 2004, n. 5622), in presenza di un mandato oneroso a tempo indeterminato, che non abbia conosciuto un principio di esecuzione, nel caso in cui sopravvenga una revoca non sorretta da giusta causa né data con preavviso, la revoca stessa è equiparata ad un inadempimento e, applicando la norma sulla risoluzione per inadempimento, si ricollegano ad essa gli effetti di uno scioglimento retroattivo del contratto e, pertanto, gli interessi legali sulla cauzione si pagano a decorrere dalla data di conclusione del contratto stesso.
Modello di Contratto di Commissione
Di seguito è possibile trovare un fac simile contratto di commissione in formato Doc da scaricare e da utilizzare come esempio. La bozza di contratto di commissione può essere modificata inserendo i dati delle parti e gli altri elementi contrattuali mancanti, per poi essere convertita in formato PDF o stampata.