In questa guida spieghiamo quali sono le caratteristiche del contratto di vendita di beni mobili e mettiamo a disposizione un fac simile di contratto da scaricare.
Caratteristiche del Contratto di Vendita di Beni Mobili
Il nostro codice civile dedica non pochi articoli alla normativa sulla vendita di beni mobili (artt. 1510-1536), ossia di quei beni che non sono qualificabili come immobili (art. 812 cc.).
Non mancano tuttavia leggi speciali che regolino alcune fattispecie particolari, come, ad esempio:
—L. 19 marzo 1980, n. 80 e l. 12 aprile 1991, n. 130 dettate per la disciplina delle vendite straordinarie e di liquidazione;
—art. 30 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, per la disciplina dell’offerta fuori
sede di servizi finanziari e di servizi d’investimento;
—L. 11 ottobre 1986, n. 713, per la vendita di cosmetici;
—d.m. 12 ottobre 1988, n. 469, sul trasferimento del diritto di reimpianto dei vigneti;
—d.lgs. 15 gennaio 1992, n. 50, per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali;
—art. 6 d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, sul divieto di vendita di macchine, attrezzature di lavoro ed impianti non rispondenti alla vigente legislazione antinfortunistica;
—art. 1 l. 29 ottobre 1997, n. 374, sul divieto di vendita e di cessione a qualsiasi titolo di mine antiuomo;
Modalità di consegna
Se le parti non hanno diversamente disposto, la consegna della cosa (atto con cui il compratore è posto nella condizione non solo di disporre materialmente della cosa trasferita nella sua proprietà, ma anche di goderla secondo la funzione e destinazione in considerazione della quale l’ha comprata), deve avvenire nel luogo dove questa si trovava al tempo della vendita, se le parti ne erano a conoscenza, ovvero nel luogo dove il venditore aveva il suo domicilio o la sede dell’impresa.
Pertanto, ad esempio, quando dal contratto risulta che il venditore si è obbligato a mettere a disposizione il suo personale specializzato, sia pure verso compenso da conteggiarsi a parte, per la messa in opera della macchina — che indica nel linguaggio tecnico la collocazione di un apparecchio o di una struttura o delle parti di un impianto nel luogo in cui devono funzionare — si deve ritenere che le parti abbiano inteso che a carico del venditore sussistesse l’obbligo di provvedere al montaggio come requisito indispensabile per l’adempimento dell’obbligazione di consegnare, con la conseguenza che, ai fini dell’individuazione del luogo dell’adempimento, si deve avere riguardo allo stabilimento dell’acquirente dove, col montaggio della macchina, viene effettuata quella consegna nel senso sopra indicato (Cass., 25 luglio 1981, n. 4818).
Trasporto della cosa
Nella vendita da “piazza a piazza”, il contratto si deve ritenere concluso nel luogo dove il venditore lo esegue, mediante la consegna della merce al vettore o allo spedizioniere, senza che rilevi, ai fini della determinazione della competenza per territorio, l’assunzione del rischio o delle spese di trasporto. Né rileva che sia fatta valere la garanzia per vizi della cosa, atteso che essa trova fondamento nell’inadempimento del venditore rispetto alla obbligazione contrattuale di consegna, con la conseguenza che, ove si tratti di bene da trasportare da un luogo all’altro, il luogo dell’adempimento al fine della competenza per territorio, va identificato con il luogo della consegna del medesimo bene al vettore o allo spedizioniere, ai sensi dell’art. 1510 c.c.. (Cass., 19 gennaio 2005, n. 1057). Quindi, la consegna, da parte del venditore, al vettore e allo spedizioniere delle cose vendute da trasportare in luogo diverso, libera il venditore stesso dall’obbligo di consegna (salvo che il venditore abbia rimesso la cosa al vettore o spedizioniere diverso da quello stabilito nel contratto; Cass., 23 maggio 1995, n. 5643; Cass., 9 febbraio 1987, n. 1335), venendo il vettore o lo spedizioniere considerato come ausiliario del compratore (Cass., 18 febbraio 1987, n. 1742), senza che sia per ciò necessaria alcuna specifica manifestazione di volontà dello stesso ovvero il conferimento di un mandato al venditore per la stipula del contratto di trasporto e di spedizione (Cass., 14 febbraio 1986, n. 885): e ciò anche nel caso di accollo sul venditore, invece che sul compratore, delle spese di trasporto e di assicurazione (clausola Cif: Cost insurance freight) (Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1974, n. 3205). Sempre nelle vendite da “piazza a piazza”, stipulate fra commercianti ed aventi per oggetto merce per sua natura destinata al commercio, ogni qual volta l’ordinazione venga fatta mediante moduli di commissione predisposti da parte venditrice, ai fini della conclusione del contratto, basta che ne sia data esecuzione, consegnando la merce al vettore e allo spedizioniere per l’inoltro all’acquirente. Ne consegue che, qualora non vi sia prova di una preventiva risposta di accettazione, luogo di conclusione del contratto, per la determinazione della competenza territoriale, è quello in cui è avvenuta la detta consegna (Cass., 12 gennaio 2007, n. 453). Nella vendita di cose da trasportare da un luogo ad un altro, in mancanza della preventiva individuazione della merce spettante al compratore, l’effetto traslativo e il passaggio dei rischi si producono con la consegna effettuata all’arrivo (ad esempio, quando la partita venduta viene spedita dal venditore alla rinfusa ai vari compratori, senza distinzione di lotti, il venditore non si libera con la consegna al vettore, ma con la specificazione da eseguirsi all’arrivo con la separazione delle singole partite; Cass., 17 agosto 1990, n. 8345); pertanto, il venditore è responsabile del perimento o delle avarie verificatesi durante il trasporto, nonostante la clausola Fob (free
boari), che pone a carico del compratore le spese del trasporto (Cass., 15 gennaio 1985, n. 74). Nell’assicurazione contro i rischi del trasporto di merce da vendere fuori piazza, “assicurato” è l’avente diritto alla consegna della merce, e quindi — di norma — il compratore-destinatario, ai sensi dell’art. 1510 c.c. Tuttavia è consentito alle parti risolvere consensualmente la vendita, con efficacia retroattiva: in questo caso, risorgendo la proprietà della merce in capo al venditore-mittente con effetto retroattivo, quest’ultimo sarà legittimato a pretendere l’indennizzo assicurativo, ovvero a cedere a terzi il relativo credito (Cass., 10 gennaio 2003, n. 204).
Spese del trasporto e clausole
La pratica commerciale ha creato una serie di clausole contrattuali che regolano le spese di trasporto (e non solo) dei beni venduti; in particolare si ricordano la clausola:
—CIF (Cost insurance freight), che ha l’effetto di esonerare il compratore dal pagamento delle spese di trasporto e di assicurazione della merce, ma non deroga al precetto del comma 2 art. 1510 c.c., secondo il quale il venditore si libera dell’obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore (Cass., 11 febbraio 1994, n. 1381; Cass., 24 maggio 1980, n. 3413; Cass., 28 ottobre 1974, n. 3205; Cass., Sez. Un., 21 febbraio 1974, n. 490);
—FOB (Free on Board), che pone a carico del venditore le spese di imbarco della merce restando a carico del compratore le spese per il trasporto successivo (Cass., 4 novembre 2002, n. 15389; Cass., 6 agosto 1965, n. 1884). Tale clausola, però, in mancanza di una preventiva individuazione della merce spettante al compratore (producendosi, in tal caso, l’effetto traslativo e il passaggio dei rischi solo con la consegna effettuata all’arrivo), non esonera il venditore dalla responsabilità per il perimento o per le avarie verificatesi durante il trasporto (Cass., 15 gennaio 1985, n. 74);
—franco luogo partenza, franco vagone stazione, franco vagone partenza, franco autocarro partenza che pongono a carico del venditore le spese di trasporto fino al luogo indicato, nonché l’obbligo di caricare la merce sul vagone ove vi sia anche il termine “vagone”; peraltro la clausola franco partenza non modifica la disciplina generale per cui l’affidamento della merce al vettore ha effetto liberatorio verso l’acquirente solo dell’obbligazione di consegna della cosa venduta (Cass., 12 novembre 1996, n. 9883);
—franco serbatoio partenza, che pone a carico del compratore le spese di carico e trasporto di cose liquide;
—franco consegna domicilio, franco stazione arrivo, consegna all’arrivo, al domicilio del compratore, spedizione a mezzo vostro, che pongono a carico del venditore le spese ed i rischi (quelle «consegna all’arrivo, al domicilio del compratore, spedizione a mezzo vostro») incontrati fino al luogo indicato (Cass., 12 gennaio 1976, n. 75);
—franco fabbrica, che esonera l’alienante dalle spese di consegna al vettore;
Luogo di riconsegna al venditore
La disposizione dell’art. 1510 c.c. costituisce un’applicazione concreta del principio normativo enunciato dell’art. 1182 comma 2 c.c.; pertanto, risolta consensualmente una vendita quando la cosa è già pervenuta nelle mani del compratore, il luogo di riconsegna al venditore è quello in cui la cosa si trova nel momento della risoluzione consensuale, cioè il luogo del domicilio del compratore, il quale a norma del comma 2 del citato art. 1510, si libera —salvo patto o uso contrario — dalla propria obbligazione con la consegna della cosa al vettore o allo spedizioniere, con una spedizione in condizioni di normalità (Cass., 16 aprile 1993, n. 4536).
Clausole ricorrenti
Come detto nella parte generale dedicata alla vendita, l’oggetto deve essere determinato o, quanto meno, determinabile. La pratica commerciale ha visto però affermarsi di clausole (ad esempio, la clausola “circa”, “senza impegno”) che, rendendo l’oggetto parzialmente indeterminato, consentono alle parti di accettare prestazioni quantitativamente difformi (anche se non al punto da mutare il contenuto stesso della prestazione) o di clausole (ad esempio, la clausola “salvo errore”) che permettono al venditore di mutare il prezzo in caso di erronea determinazione della quantità dedotta in contratto.
Vendita con riserva di gradimento
Quando la vendita viene fatta “con riserva di gradimento” da parte del compratore, la vendita non si perfeziona fino a che il gradimento, rimesso all’arbitrio del compratore, non sia comunicato al venditore; la riserva di gradimento, peraltro, può essere esercitata dal compratore con riguardo ad eventuali vizi della merce, purché non conosciuti né facilmente riconoscibili (Cass., 16 luglio 1988, n. 4686).
Qualora in un contratto di compravendita di un bene mobile sussista la clausola di impegno al “ritiro” e non al “riacquisto”, il rapporto è da qualificarsi alla stregua di una vendita con riserva di gradimento cui all’art. 1520 c.c.; e cioè di un contratto in fase di formazione (ovvero una promessa unilaterale vincolante per il solo venditore) il cui perfezionamento si verifica soltanto con la dichiarazione di gradimento del compratore (ovvero si perfeziona ex nunc con l’accettazione del compratore) entro un congruo termine, implicante non già una verifica dell’assenza di vizi, come avviene nella vendita con patto di prova, bensì un semplice esame della cosa per verificarne le caratteristiche necessarie ad esprimerne apprezzamento, trovandosi la cosa presso il compratore. Anche a ritenere configurabile, nell’ipotesi di cui all’art. 1520 comma 3 c.c., una vendita con riserva del non gradimento e dunque un contratto già concluso ed efficace con attribuzione all’acquirente di un diritto di recesso mediante la manifestazione del non gradimento, si determina comunque l’obbligazione restitutoria (Trib. Milano, 31 ottobre 2006, n. 11022).
Se l’esame della cosa deve farsi presso il venditore, questi è liberato, qualora il compratore non vi proceda nel termine stabilito dal contratto o dagli usi, o, in mancanza, in un termine congruo fissato dal venditore.
Se la cosa si trova presso il compratore e questi non si pronunzia nel termine sopra indicato, la cosa si considera di suo gradimento (art. 1520 c.c.).
Differenze con la vendita a prova
La vendita con riserva di gradimento è un contratto soltanto in itinere e non perfezionato fino a che la riserva non sia sciolta dal potenziale acquirente con la comunicazione del gradimento al venditore, mentre la vendita a prova è un contratto perfetto nei suoi elementi costitutivi, ma sospensivamente condizionato per la sua efficacia all’esito positivo della prova; pertanto, qualora il compratore con riserva di gradimento, implicitamente o esplicitamente, si riservi anche di sottoporre a prova la cosa che gli si propone di acquistare, al fine di orientare le proprie determinazioni circa l’eventuale gradimento, il negozio che viene ad esistenza non è quello della vendita a prova, ma quello della vendita con riserva di gradimento, cui accede il patto di prova con essa non incompatibile, in quanto la manifestazione del potenziale acquirente di volere o non volere acquistare è pur sempre lasciata al suo arbitrio, mentre l’esperimento della prova costituisce soltanto un mezzo in base al quale determinarsi (Cass., 27 febbraio 1986, n. 1270).
Vendita a prova
La vendita a prova si presume fatta sotto la condizione sospensiva che la cosa abbia le qualità pattuite o sia idonea all’uso cui è destinata (Cass., 29 gennaio 2003, n. 1318); non è, quindi, escluso che le parti possano concepire la vendita sottoposta alla condizione risolutiva dell’esito negativo della prova.
La prova si deve eseguire nel termine e secondo le modalità stabilite dal contatto o dagli usi (art. 1521 c.c.). Una volta eseguita la prova con esito positivo il contratto è efficace sin dal momento della stipula (efficacia ex tunc).
Patto di collaudo
Il patto di collaudo è quel patto con cui il venditore non solo garantisce le qualità del bene, ma è anche responsabile per inadempimento nel caso in cui il compratore comunichi il risultato negativo dell’esame circa le dette qualità.
Clausola di prova vincolata
Leggermente diversa è anche la clausola di prova vincolata la quale, oltre a produrre gli effetti propri della vendita a prova, prescrive al compratore le modalità di accertamento dei difetti della cosa.
Vendita su campione e su tipo di campione
Vendita su campione
Se la vendita è fatta su campione, s’intende che questo deve servire come esclusivo paragone per la qualità della merce, e in tal caso qualsiasi difformità attribuisce al compratore il diritto alla risoluzione del contratto (vendita su campione; Cass., 18 settembre 1974, n. 2499).
Vendita su tipo di campione
Qualora, però, dalla convenzione o dagli usi risulti che il campione deve servire unicamente a indicare in modo approssimativo la qualità, si può domandare la risoluzione soltanto se la difformità dal campione sia notevole. Nella vendita su campione (art. 1522, c.c.), che si caratterizza in quanto la qualità della merce è stabilita facendo riferimento ad un esemplare che funge da mezzo di accertamento della conformità del bene consegnato a quello promesso, le parti possono anche pattuire che soltanto alcuni dei requisiti del campione assurgono a qualità promesse, cosicché non qualsiasi difformità della merce rispetto al campione, ma soltanto la difformità rispetto ai requisiti del campione alle quali le parti hanno espressamente fatto riferimento attribuisce al compratore, ai fini dell’art. 1522 c.c. il diritto alla risoluzione del contratto (Cass., 28 gennaio 2003, n. 1229).
decadenza e prescrizione
In ogni caso l’azione è soggetta alla decadenza e alla prescrizione stabilite dall’articolo 1495 c.c., ossia:
—il compratore decade dal diritto alla garanzia, se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, salvo il diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge
—la denuncia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio o l’ha occultato;
—l’azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna; ma il compratore, che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell’anno dalla consegna (art. 1522 c.c.).
Nella vendita su campione, lo stesso non solo deve già esistere al tempo della stipulazione del contratto, ma deve anche essere individuato nella fase della sua formazione, essendo elemento costitutivo dell’accordo negoziale, quale termine vincolante per l’identificazione dell’oggetto del contratto nelle sue qualità essenziali. Pertanto, la prova della difformità della merce consegnata, rispetto a quella pattuita, deve essere ricavata esclusivamente mediante il raffronto con il campione convenzionalmente pattuito, come unico mezzo di prova, anche se le parti non abbiano disposto alcuna cautela per assicurarne la conservazione o la identificazione, nel qual caso il contratto è comunque valido non essendo impossibile, ma solo più gravosa, la prova dell’identità al campione (Cass., 30 novembre 1988, n. 6503); tuttavia, ove il campione manchi o non sia esibito con le necessarie garanzie di identificazione, viene meno la possibilità di accertare l’inadempimento del venditore in ordine alle particolari qualità della merce oggetto della convenzione (Cass., 9 febbraio 1981, n. 810).
Si noti, inoltre, che nella vendita su campione, qualora tanto il campione, quanto la cosa compravenduta presentino identici vizi o mancanza delle qualità, dei quali il compratore non si è accorto al momento dell’accettazione del campione, non è applicabile la disciplina dell’art. 1522, comma 1, c.c., per l’insussistenza della difformità fra cosa e campione, ma la disciplina, rispettivamente, della garanzia per vizi o per la mancanza di qualità (Cass., 30 maggio 1984, n. 3312).
Se vero che la perfetta aderenza al campione della cosa consegnata è richiesta ove la stessa possa essere uguale, nel senso che ogni esemplare debba essere identico al prototipo rappresentato dal campione, ciò non può verificarsi in assoluto laddove le cose, anziché fabbricate dall’uomo, siano prodotte dalla natura, nella quale è ben difficile riscontrare cose perfettamente uguali; così allorché si tratti di un bene come il marmo colorato, nel quale, fermo restando tipo, qualità e coloratura, differenze si possono riscontrare nella venatura e macchiatura (Cass., 16 maggio 1975, n. 1909).
Vendita con riserva della proprietà
Passaggio della proprietà e dei rischi
Vendita a rate
Il codice prevede un particolare tipo di vendita, detta vendita a rate con riserva della proprietà, in cui il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo (Cass., 15 aprile 1988, n. 2975; Cass., 3 aprile 1980, n. 2167), ma assume i rischi dal momento della consegna (art. 1523 c.c.; per la vendita con riserva di proprietà di macchine utensili nuove, v. 1. 28 novembre 1965, n. 1329).
Ciò non toglie che il diritto alla consegna del bene compravenduto sorge con la conclusione del contratto, e resta quindi soggetto a prescrizione con decorso dalla data della sua stipulazione, tenendo conto che, pure in detta ipotesi, quel diritto è autonomo rispetto agli altri costituiti con il contratto, e non è qualificabile come mera facoltà inerente al diritto di proprietà (oggetto di successivo trasferimento) (Cass., 19 luglio 1985, n. 4266).
Il patto di riservato dominio può essere incluso anche in una vendita che preveda il pagamento del prezzo non rateale, ma interamente o parzialmente differito. In entrambi i casi l’elemento caratteristico della vendita è costituito dalla immediata eseguibilità della prestazione di consegna della cosa e dal differimento dell’effetto traslativo, che ha luogo soltanto all’atto della completa esecuzione della prestazione riguardante il pagamento del prezzo (Cass., 22 marzo 2006, n. 6322).
Opponibilità della riserva di proprietà nei confronti di terzi
Condizioni per l’opponibilità
Ai fini dell’opponibilità ai creditori del compratore della riserva della proprietà, occorre che la riserva stessa risulti da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento; l’atto scritto è, quindi, necessario solo ai fini dell’opponibilità della detta riserva di proprietà ai creditori del compratore e può consistere, oltre che nella scrittura contenente le dichiarazioni negoziali originarie, anche in un documento successivo alla vendita, inteso ad accertare o riconoscere l’avvenuta stipulazione della riserva e redatto al solo fine di acquisire certezza di data ai fini dell’opponibilità (Cass., 13 maggio 1991, n. 5324).
Vendita di macchine
Se la vendita ha per oggetto macchine e il prezzo è superiore ad curo quindici virgola quarantanove (15,49), la riserva della proprietà è opponibile anche al terzo acquirente, purché il patto di riservato dominio sia trascritto in apposito registro tenuto nella cancelleria del tribunale nella giurisdizione del quale è collocata la macchina, e questa, quando è acquistata dal terzo, si trovi ancora nel luogo dove la trascrizione è stata eseguita (Cass., 31 gennaio 2006, n. 2161). Sono salve le disposizioni relative ai beni mobili iscritti in pubblici registri (art. 1524 c.c.). Comunque, la necessaria contestualità del patto di riservato dominio rispetto al contratto di compravendita cui accede non impedisce che la documentazione relativa possa avere una formazione successiva, attraverso un negozio ricognitorio, essendo sufficiente, ai fini dell’opponibilità del patto ai creditori pignoranti o al fallimento, che esso abbia data certa ex art. 2704 c.c. anteriore al pignoramento o al fallimento, salva la prova contraria del carattere fraudolento di tale negozio ricognitorio (Cass., 15 ottobre 1977, n. 4409).
Vendita su documenti e con pagamento contro documenti
Consegna
Nella vendita su documenti (e non di documenti, per cui il bene venduto è sempre e soltanto quello sottostante), il venditore si libera dall’obbligo della consegna rimettendo al compratore il titolo rappresentativo della merce e gli altri documenti stabiliti dal contratto o, in mancanza, dagli usi (art. 1527 c.c.), i quali devono essere formati prima della stipulazione del contratto (Cass., 12 giugno 1990, n. 5713), come per esempio
—la fede di deposito e la nota di pegno, riguardanti i depositi nei magazzini generali;
—la lettera di trasporto per i trasporti aerei (Cass., 9 aprile 1987, n. 3482);
—la polizza di carico, la polizza ricevuta per l’imbarco e l’ordine di consegna, per i trasporti via mare;
—il duplicato della lettera di vettura e la ricevuta di carico per i trasporti terrestri.
Pertanto, il venditore si libera dell’obbligo della consegna, secondo la previsione dell’art. 1527 c. c., rimettendo al compratore il titolo rappresentativo della merce, e non anche, pertanto, nel diverso caso in cui rimetta un mero documento di legittimazione (ad esempio, un buono contenente l’ordine al depositario di dare la merce ad un determinato incaricato del compratore), il quale resta soggetto ai principi generali della compravendita mobiliare, con la conseguenza che l’obbligazione del venditore può considerarsi adempiuta solo con la consegna dei beni al compratore (Cass., 15 febbraio 1984, n. 1140); dall’altro lato, i diritti inerenti alla riconsegna della merce, e, quindi, anche il diritto di far valere l’eventuale responsabilità risarcitoria del vettore, spettano al legittimo possessore del titolo (senza necessità di girata, ove, ad esempio, la lettera di trasporto aereo sia al portatore, come consentito dall’art. 964 c. nav.).
Pagamento del prezzo
Salvo patto o usi contrari, il pagamento del prezzo e degli accessori deve eseguirsi nel momento e nel luogo in cui avviene la consegna dei documenti in precedenza indicati.
Quando i documenti sono regolari (ed il relativo onere della prova grava sul venditore, Cass., 20 luglio 1960, n. 2031), il compratore non può rifiutare il pagamento del prezzo adducendo eccezioni relative alla qualità e allo stato delle cose, a meno che queste risultino già dimostrate (art. 1528 c.c.).
Rischi
Se la vendita ha per oggetto cose in viaggio, e tra i documenti consegnati al compratore è compresa la polizza di assicurazione peri rischi del trasporto, sono a carico del compratore i rischi a cui si trova esposta la merce dal momento della consegna al vettore; questa disposizione, tuttavia, non si applica se il venditore al tempo del contratto era a conoscenza della perdita o dell’avaria della merce, e le ha in mala fede taciute al compratore (art. 1529 c.c.).
Pagamento contro documenti a mezzo di banca
Quando il pagamento del prezzo deve avvenire a mezzo di una banca (Cass., 22 novembre 1976, n. 4388), il venditore non può rivolgersi al compratore se non dopo il rifiuto opposto dalla banca stessa e constatato all’atto della presentazione dei documenti nelle forme stabilite dagli usi.
Eccezioni opponibili alla banca
La banca che ha confermato il credito al venditore (e tale conferma deve precedere la consegna dei documenti; Cass., Sez. Un., 15 settembre 1989, n. 3928) può opporgli solo le eccezioni derivanti dall’incompletezza o irregolarità dei documenti e quelle relative al rapporto di conferma del credito (art. 1530 c.c.; Cass., 28 novembre 1996, n. 10569; Cass., 10 febbraio 1990, n. 975; Cass., 28 gennaio 1983, n. 813); quest’ultimo principio è bene ricordare che opera esclusivamente nei rapporti con il soggetto indicato nei titoli stessi quale beneficiario del credito, e, pertanto, non può essere invocato da soggetti diversi, ancorché interessati in qualità di cessionari dei proventi della vendita (Cass., 24 mano 1979, n. 1705; Cass., 3 maggio 1978, n. 2048). Nella compravendita di beni mobili regolata, quanto al pagamento del prezzo, con apertura di credito documentale, l’obbligazione assunta con la conferma, dalla banca verso il beneficiario, di mettergli a disposizione la somma oggetto dell’apertura di credito, è sottoposta all’esito positivo del controllo, da parte della banca, a ciò obbligata nei confronti dell’ordinante, della regolarità dei documenti relativi alla vendita, che il beneficiario venditore ha l’obbligo di presentare alla banca stessa entro un certo tempo; la presentazione e la consegna dei documenti costituiscono l’evento di una condizione sospensiva il cui verificarsi è rimesso alla volontà del creditore, per cui la banca stessa, prima di effettuare il pagamento, deve controllare l’avveramento della condizione, per evitare che il pagamento rimanga a suo carico (Cass., 29 gennaio 2003, n. 1288).
Pertanto, sia la vendita su documenti, regolata dall’art. 1527, c.c., sia la vendita con pagamento del prezzo a mezzo banca di cui all’art. 1530, c.c., hanno ad oggetto merce rappresentata da titoli e si caratterizzano per il fatto che l’obbligo della consegna dei beni venduti è sostituito da quello della consegna dei titoli. La differenza fra le due ipotesi è che, nella prima, il compratore deve corrispondere il prezzo del momento nel luogo in cui avviene la consegna dei documenti (salvo patto o usi contrari), mentre nella seconda il pagamento del prezzo, dietro presentazioni dei documenti, viene eseguito a mezzo banca (Cass., 22 novembre 1976, n. 4388).
Vendita a termine di titoli di credito
Interessi, dividendi e diritto di voto
Il codice prevede un tipo particolare di vendita avente ad oggetto titoli di credito ed un termine come punto di riferimento cronologico che, permettendo di tenere conto di due diverse quotazioni del titolo, quella della conclusione del contratto e quella della scadenza del termine, dà la possibilità di speculare sulle relative variazioni.
Nella vendita a termine di titoli di credito (contratto ben diverso da quello di riporto, che è un contratto reale e che, quindi, si perfeziona con la consegna dei titoli), gli interessi e i dividendi esigibili dopo la conclusione del contratto e prima della scadenza del termine, se riscossi dal venditore, sono accreditati al compratore.
Qualora la vendita abbia per oggetto titoli azionari, il diritto di voto spetta al venditore fino al momento della consegna (art. 1531 c.c.).
Diritto di opzione
Il diritto di opzione inerente ai titoli venduti a termine spetta al compratore.
Il venditore, qualora il compratore gliene faccia richiesta in tempo utile, deve mettere il compratore in grado di esercitare il diritto di opzione, oppure deve esercitarlo per conto del compratore, se questi gli ha fornito i fondi necessari; in mancanza di richiesta da parte del compratore, il venditore deve curare la vendita dei diritti di opzione per conto del compratore, a mezzo di un agente di cambio o di un istituto di credito (art. 1532 c.c.).
Estrazione per premio rimborsi
Se i titoli venduti a termine sono soggetti a estrazione per premi o rimborsi, i diritti e gli oneri derivanti dall’estrazione spettano al compratore, qualora la conclusione del contratto sia anteriore al giorno stabilito per l’inizio dell’estrazione. Il venditore, al solo effetto indicato dal comma precedente, deve comunicare per iscritto al compratore una distinta numerica dei titoli almeno un giorno prima dell’inizio dell’estrazione.
In mancanza di tale comunicazione, il compratore ha facoltà di acquistare, a spese del venditore, i diritti spettanti a una quantità corrispondente di titoli, dandone comunicazione al venditore prima dell’inizio dell’estrazione (art. 1533 c.c.).
Versamenti richiesti sui titoli
Il compratore deve fornire al venditore, almeno due giorni prima della scadenza, le somme necessarie per eseguire i versamenti richiesti sui titoli non liberati (art. 1534 c.c.).
Proroga dei contratti a termine
Se alla scadenza del termine le parti convengono di prorogare l’esecuzione del contratto, è dovuta la differenza tra il prezzo originario e quello corrente nel giorno della scadenza, salva l’osservanza degli usi diversi (art. 1535 c.c.).
Forma
Per la vendita di beni mobili vale la regola generale della libertà di forma; inoltre, qualora la vendita non abbia ad oggetto beni mobili registrati, non ne è prevista la trascrizione.
Solo in alcuni casi, è richiesta la forma scritta. Per esempio
—l’art. 6, r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436, convertito in L. 19 febbraio 1928, n. 510, prevede che i trasferimenti di proprietà ed i vincoli di privilegio costituiti sugli autoveicoli, se non sono stati registrati nel Pubblico Registro Automobilistico (P.R.A.), non hanno efficacia di fronte a terzi, i quali abbiano acquistato la proprietà o altri diritti sull’autoveicolo, e li abbiano fatti debitamente iscrivere nel Pubblico Registro medesimo, quando la iscrizione sia richiesta dalla legge;
—l’art. 249 r.d. n. 367/42 c.d. cod. nav., prevede che gli atti costitutivi, traslativi o estintivi di proprietà o di altri diritti reali su navi e loro carati devono essere fatti per iscritto a pena di nullità; tali disposizioni, però, non si applicano alle navi ed ai galleggianti di stazza lorda non superiore alle dieci tonnellate, se a propulsione meccanica, o alle venticinque, in ogni altro caso.
Obbligazioni delle parti
Obbligazioni del venditore
Oltre a quelle classiche di cui si è parlato nella parte dedicata alla vendita in generale, nella vendita di mobili si potranno avere le seguenti ulteriori obbligazioni.
Obbligazioni accidentali: messa in opera
L’obbligazione concernente la messa in opera (ad esempio, mediante interramento) della cosa venduta (ad esempio, un serbatoio), anche quando si atteggi come collegata all’obbligazione di consegnare — sia che debba espletarsi mediante un’attività diretta ad apportare modifiche alla cosa venduta o ad inserirla in altra cosa del compratore nel luogo ove essa è destinata a funzionare, sia che debba espletarsi mediante la direzione o l’assistenza tecnica alla citata attività materiale di modifica o di inserimento — esula dalla struttura del contratto di vendita, disciplinato dalle disposizioni generali (artt. 1470, 1476, 1477, c.c.) e dalle norme sulla vendita di cose mobili in particolare (artt. 1510 e ss., c.c.), inquadrandosi tra le obbligazioni cosiddette accidentali, sicché siffatta obbligazione non può sorgere a carico del venditore quale automatica conseguenza della conclusione della vendita, ma solo in virtù di apposita pattuizione nell’ambito dell’autonomia contrattuale delle parti (Cass., 21 febbraio 1983, n. 1309).
Garanzia di buon funzionamento
Premesso che il patto di cui appresso non è apponibile alla vendita di cose consumabili (Cass., 14 giugno 2000, a 8126; Cass., 8 ottobre 1968, n. 3165), il venditore può garantire per un tempo determinato (e non ha effetto se manca la determinazione del tempo della sua durata; Cass., 29 maggio 1995, n. 6033) il buon funzionamento della cosa venduta (ma sono salvi gli usi che stabiliscono che la garanzia di buon funzionamento è dovuta anche in mancanza di patto espresso). In tema di vendita di cose mobili, l’art. 1512 c.c., prevede la garanzia aggiuntiva, di origine contrattuale, del buon funzionamento, volta a rafforzare la tutela del compratore, assicurandogli il buon funzionamento del bene acquistato, indipendentemente dalle cause del cattivo funzionamento dello stesso. Pertanto, l’azione di garanzia per buon funzionamento della cosa venduta si distingue dall’analoga azione di garanzia per vizi, prevista dall’art. 1490 c.c., perché mentre nella prima il compratore è tenuto a dimostrare solo il cattivo funzionamento del bene, nella seconda deve, invece, provare l’inidoneità della cosa all’uso pattuito per effetto della sussistenza di uno specifico vizio, non riconoscibile o comunque ignorato al momento dell’acquisto (Trib. Bari, 15 maggio 2007, n. 1201) .
Denuncia dei difetti
Il compratore, salvo patto contrario, deve denunziare al venditore il difetto di funzionamento entro trenta giorni dalla scoperta, sotto pena di decadenza, e l’azione si prescrive in sei mesi dalla scoperta. Il codice prevede, inoltre, che il giudice, secondo le circostanze, può assegnare al venditore un termine per sostituire o riparare la cosa in modo da assicurarne il buon funzionamento, salvo il risarcimento dei danni (art. 1512 c.c.).
Contenuto della garanzia
L’obbligo derivante dalla garanzia di buon funzionamento non si esaurisce in una qualunque riparazione della cosa, che la faccia nuovamente funzionare, o in una qualunque sostituzione della cosa stessa, purché effettuata con altra funzionante, ma è assolto quando la riparazione sia tale da riportare la cosa nello stato di efficienza che avrebbe avuto, durante il periodo di garanzia, altra cosa dello stesso tipo e perfettamente funzionante, ovvero quando alla cosa non funzionante ne venga sostituita altra dello stesso tipo e nelle identiche condizioni di quella originariamente acquistata (sicché, se si era acquistata una cosa nuova, la sostituzione non potrà avvenire che con un’altra cosa nuova, salvo diverso accordo delle parti), dovendo essere assicurato al compratore il buon funzionamento per la durata e con le prestazioni che era lecito attendersi dalla cosa nuova acquistata o dalla cosa nello stato di uso in cui era stata acquistata (Cass., 3 marzo 1977, n. 873).
Qualora, inoltre, il rivenditore, cui dal compratore sia stata riconsegnata per riparazioni la cosa venduta con (diretta) assunzione della garanzia del buon funzionamento, ove non sia in grado di restituirla, è tenuto a risarcire il compratore, e la relativa obbligazione integra un debito di valore, come tale soggetto a rivalutazione monetaria (Cass., 24 settembre 1986, n. 5740).
Onere della prova
Grava sul compratore che invoca la garanzia di buon funzionamento, l’onere di provare non solo il cattivo funzionamento della cosa venduta, ma anche che esso si è verificato nel tempo determinato pattuito (Cass., 28 maggio 1988, n. 3656; Cass., 16 giugno 1980, n. 3813; Cass., 3 luglio 1979, n. 3755); il venditore, invece, vi è tenuto indipendentemente dalla causa del cattivo funzionamento e qualunque essa sia, salvo che provi che il cattivo funzionamento dipenda da una causa sopravvenuta dopo la conclusione del contratto o da un fatto proprio del compratore (Cass., 6 novembre 1978, n. 5039; Cass., 17 gennaio 1975, n. 208; Cass., 11 luglio 1972, n. 2328) oppure provi la decadenza dalla garanzia per tardiva denuncia del difetto (Cass., 3 luglio 1979, n. 3755).
Emerge, quindi, chiaramente che la detta clausola è indipendente rispetto all’obbligo di garanzia relativo ai vizi della cosa stessa ed alla responsabilità per mancanza di qualità e che è un mezzo di rafforzamento della tutela del compratore, nel senso che si aggiunge alla garanzia, dovuta ex lege dal venditore, per vizi (art. 1490 c.c.) e alla responsabilità del venditore, stabilita dalla legge, per mancanza di qualità promesse ed essenziali per l’uso cui è destinata la cosa (art. 1497 c.c.; Cass., 28 maggio 1988, n. 3656; Cass., 17 settembre 1981, n. 5155; Cass., 17 gennaio 1975, n. 208); nel caso, invece, che si limiti a sancire la sola garanzia voluta dalle parti, con esclusione di quella stabilita dall’art. 1490 c.c., deve essere specificamente approvata per iscritto, ai sensi dell’art. 1341 c.c., in quanto limitativa della responsabilità del venditore (Cass., 7 luglio 1988, n. 4474).
Garanzia di buon funzionamento, garanzia per vizi, risoluzione del contratto
Garanzia di buon funzionamento
Qualora il compratore, invocando la garanzia di buon funzionamento, chieda, in primo grado, la condanna del venditore ad eliminare i difetti che impediscono alla cosa venduta di funzionare normalmente, è inammissibile, a norma dell’art. 345 c.p.c., la domanda di risoluzione del contratto di vendita fondata sulla garanzia generale per vizi occulti di cui gli art. 1490 c.c. e ss. Le domande sono, infatti, fondate su diverse causa petendi, in quanto la garanzia di buon funzionamento, diversamente dalla garanzia per vizi occulti, trova il suo presupposto in uno specifico ed espresso impegno negoziale che ha per oggetto l’obbligo di assicurare la durata della cosa venduta e può riguardare anche soltanto una parte di detta cosa ed, infine, è collegata al rispetto di termini e di formalità di denunzia ad essa peculiari. Né può invocarsi, in contrario, la norma di cui all’art. 1453 c.c. che consente di domandare, anche in appello, la risoluzione del contratto nonostante che il giudizio sia stato promosso per chiedere l’adempimento, in quanto per tale norma è pur sempre necessaria la identità dei fatti e degli elementi concreti che concorrono a formare la causa petendi.
Denuncia dei vizi
La denunzia dei vizi della cosa venduta ha lo scopo di mettere il venditore in condizione di poter controllare le affermazioni del compratore e di poter intervenire tempestivamente per contrastare eventuali pretese ingiuste. È chiaro, perciò, che non si può collegare un altro vizio alla denuncia fatta per un vizio diverso, altrimenti verrebbe frustrata la ratio della norma e, a fortiori, tale estensione deve escludersi quando sono in questione garanzie diverse tra loro per fondamento e per disciplina normativa (Cass., 18 luglio 1977, n. 3214). Inoltre, ai fini dell’esercizio dell’azione di risoluzione della compravendita per mancanza di qualità promesse o per vizi della cosa, la denunzia deve essere fatta dall’acquirente nel termine di decadenza di otto giorni dalla scoperta dei vizi, ancorché sia stata stipulata dalle parti la garanzia di buon funzionamento della cosa venduta, a norma dell’art. 1512 c.c., in quanto il più lungo termine di trenta giorni entro il quale per quest’ultima disposizione il compratore deve denunziare, a pena di decadenza, il difetto di funzionamento della cosa venduta, è concesso al solo scopo di consentirgli di chiedere la sostituzione o la riparazione della cosa medesima, in modo che ne sia assicurato il buon funzionamento (Cass., 11 maggio 1979, n. 2699).
Autonomia negoziale
Nell’ambito della loro autonomia negoziale, le parti possono convenire che la garanzia di buon funzionamento della cosa mobile venduta sia subordinata all’osservanza, da parte del compratore, dei modi e dei tempi stabiliti nel contratto per il pagamento del prezzo. In tal caso, il compratore, in conseguenza di un cattivo funzionamento della cosa, non può pretendere la garanzia qualora, invocando il disposto dell’art. 1460 c.c., abbia sospeso l’adempimento della sua obbligazione avente per contenuto il pagamento del prezzo nei modi e nei tempi stabiliti dal contratto: ciò è impedito sia dalla clausola suddetta sia dal fatto che, stante l’ampia portata della garanzia in esame, dovuta per il solo fatto del cattivo funzionamento della cosa indipendentemente dalla sua causa, l’esistenza del cattivo funzionamento non significa di per sé inadempimento del venditore.
Esclusa, quindi, la garanzia negoziale di buon funzionamento per effetto di quella clausola, il compratore, incombendo su di lui il relativo onere probatorio, può far valere, qualora ne ricorrano le condizioni, soltanto la garanzia legale per vizi e la responsabilità legale del venditore per mancanza di qualità promesse od essenziali, osservando i relativi termini di decadenza e di prescrizione (Cass., 17 gennaio 1975, n. 208).
Qualora il compratore agisca, ai sensi dell’art. 1492 c.c., per la risoluzione del contratto, senza porre alcuna pretesa fondata sulla garanzia di buon funzionamento, il giudice non può accogliere la richiesta, formulata dal venditore, di concessione di un termine per sostituire o riparare la cosa in modo di assicurarne il buon funzionamento (Cass., 17 settembre 1981, n. 5155).
Accertamento del difetti
In caso di divergenza sulla qualità o condizione della cosa, il venditore o il compratore possono chiederne la verifica nei modi stabiliti dall’articolo 696 del c.p.c.; non è richiesto, peraltro, il requisito dell’urgenza, necessario per l’accertamento tecnico preventivo, sia perché il rinvio operato alla norma del codice di rito si riferisce alle sole modalità prescritte per il procedimento sommario, sia perché la prova rigorosa dell’identità della cosa che, a norma del comma 2, art. 1513 c.c. deriva dal mancato esercizio di detta facoltà, sarebbe ingiustificata in rapporto a una omessa verifica esperibile soltanto in circostanze di urgenza (Cass., 22 ottobre 1986, n. 6196).
Il giudice, su istanza della parte interessata, può ordinare il deposito o il sequestro della cosa stessa, nonché la vendita per conto di chi spetta, determinandone le condizioni.
La parte che non ha chiesto la verifica della cosa, deve, in caso di contestazione, provarne rigorosamente l’identità e lo stato (art. 1513 c.c.); principio questo che si riferisce a qualsiasi ipotesi di controversia circa l’esistenza dei requisiti della res venduta, la cui mancanza comporti l’inadempienza del venditore all’obbligo di consegnare la cosa pattuita o di garantire il compratore dai vizi o dai difetti di qualità o di funzionamento. Ne discende che la suddetta verifica è necessaria non solo per l’accertamento dei cennati vizi e difetti, ma anche per quello diretto a stabilire se la cosa consegnata costituisca, o meno, un aliud pro alio (Cass., 7 giugno 1976, n. 2082).
L’interessato, comunque, potrà dimostrare i difetti della cosa oggetto di vendita senza alcuna preclusione o limitazione circa i mezzi di prova utilizzabili purché generi nel giudice un convincimento pieno e preciso (Cass., 20 luglio 1994, n. 6767; Cass., 13 dicembre 1977, n. 5441).
Deposito della cosa venduta
Se il compratore non si presenta per ricevere la cosa acquistata, il venditore può depositarla, per conto e a spese del compratore medesimo, in un locale di pubblico deposito, oppure in altro locale idoneo determinato dal tribunale del luogo in cui la consegna doveva essere fatta.
Il venditore, pena il risarcimento del danno, deve dare al compratore pronta notizia del deposito eseguito (art. 1514 c.c.).
Tale procedimento dev’essere, però, adottato dal venditore soltanto se egli intenda ottenere rapidamente la liberazione dall’obbligazione di consegnare la cosa venduta e pertanto, ove abbia interesse a detta liberazione, ma preferisca soltanto fare escludere la propria inadempienza, è sufficiente l’offerta da parte sua della propria prestazione a norma degli arti. 1206 ss. c.c. (Cass., 14 febbraio 1980, n. 1108).
Esecuzione coattiva per inadempimento del compratore
Se il compratore non adempie l’obbligazione di pagare il prezzo, il venditore può far vendere senza ritardo la cosa per conto e a spese di lui (Cass., 22 maggio 1986, n. 3405; Cass., 13 dicembre 1979, n. 6497); il ritardo è una tacita rinuncia del venditore ad avvalersi di tale speciale rimedio (Cass., 26 febbraio 1965, n. 319).
Modalità della vendita
La vendita è fatta all’incanto a mezzo di una persona autorizzata a tali atti o, in mancanza di essa nel luogo in cui la vendita deve essere eseguita, a mezzo di un ufficiale giudiziario. Il venditore deve dare tempestiva notizia al compratore del giorno, del luogo e dell’ora in cui la vendita sarà eseguita.
Se la cosa ha un prezzo corrente, stabilito per atto della pubblica autorità, ovvero risultante da listini di borsa o da mercuriali, la vendita può essere fatta senza incanto, al prezzo corrente, a mezzo di una persona autorizzata a tali atti o, in mancanza di essa nel luogo in cui la vendita deve essere eseguita, a mezzo di un ufficiale giudiziario o di un commissionario nominato dal tribunale; in tal caso, il venditore deve dare al compratore pronta notizia della vendita.
Il venditore, inoltre, ha diritto alla differenza tra il prezzo convenuto e il ricavo netto della vendita, oltre al risarcimento del maggior danno (art. 1515 c.c.).
Comunque, il mancato ricorso a tale forma di esecuzione coattiva lascia impregiudicato il diritto alla risoluzione del contratto, né di per sé può configurare un concorso di colpa tale da influire sulla concreta misura del danno risarcibile (Cass., 13 dicembre 1979, n. 6497; Cass., 5 luglio 1968, n. 2283).
Rivendita libera
È legittima la rivendita libera da parte del venditore il quale, nel diverso caso in cui il compratore non sia divenuto ancora proprietario della cosa, non è obbligato a tenere questa presso di sé per tutta la durata della causa intentata contro il compratore inadempiente, ma, durante lo svolgimento di essa, può liberamente rivenderla ad altri per proprio conto, esercitando una facoltà che gli compete e che non può essere contestata dal compratore (Cass., 22 maggio 1986, n. 3405).
Esecuzione coattiva per inadempimento del venditore
Se la vendita ha per oggetto cose fungibili che hanno un prezzo corrente stabilito per atto della pubblica autorità, ovvero risultante da listini di borsa o da mercuriali, e il venditore non adempie la sua obbligazione, il compratore può far acquistare senza ritardo le cose, a spese del venditore, a mezzo di una persona autorizzata a tali atti o, in mancanza di essa nel luogo in cui la vendita deve essere eseguita, a mezzo di un ufficiale giudiziario o di un commissionario nominato dal tribunale. Dell’acquisto il compratore deve dare pronta notizia al venditore; inoltre, il compratore ha diritto alla differenza tra l’ammontare della spesa occorsa per l’acquisto e il prezzo convenuto, oltre al risarcimento del maggior danno (art. 1516 c.c.; Cass., 9 giugno 1983, n. 3963; Cass., 29 aprile 1961, n. 990).
Detta disciplina non troverà applicazione nel caso in cui la vendita sia stata risolta per inadempimento del venditore (Cass., 4 dicembre 1978, n. 5697).
Comunque, il mancato ricorso a tale forma di esecuzione coattiva lascia impregiudicato il diritto alla risoluzione del contratto, né di per sé può configurare un concorso di colpa tale da influire sulla concreta misura del danno risarcibile (Cass., 13 dicembre 1979, n. 6497).
D’altronde, l’autotutela concessa dall’art. 1516 c.c. al compratore che non ottiene la consegna della merce è lasciata alla libera scelta della parte adempiente per la quale costituisce, quindi, una facoltà e non un obbligo (Cass., 27 agosto 1990, n. 8840), con la conseguente possibilità per la parte stessa di agire in via ordinaria per il risarcimento del danno la cui entità, da provarsi dal creditore secondo le consuete regole, va determinata dal giudice secondo gli ordinari criteri posti dall’art. 1223 c.c., senza che possa trovare applicazione la regola stabilita dall’art. 1518 c.c., secondo cui il risarcimento è costituito dalla differenza tra il prezzo convenuto e quello corrente nel luogo e nel giorno in cui si doveva fare la consegna, salva la prova di un maggiore danno, ove si tratti di cose non previste in tale norma di carattere eccezionale (Cass., 29 luglio 1983, n. 5222).
Risoluzione di diritto
La risoluzione ha luogo di diritto a favore del contraente che, prima della scadenza del termine stabilito, abbia offerto all’altro, nelle forme di uso (Cass., 20 giugno 1951, n. 1634) la consegna della cosa o il pagamento del prezzo, se l’altra parte non adempie la propria obbligazione.
La risoluzione di diritto ha luogo pure a favore del venditore, se, alla scadenza del termine stabilito per la consegna, il compratore, la cui obbligazione di pagare il prezzo non sia scaduta, non si presenta per ricevere la cosa preventivamente offerta, ovvero non l’accetta.
Il contraente che intende valersi della risoluzione disposta dal presente articolo deve dame comunicazione all’altra pane entro otto giorni dalla scadenza del termine; in mancanza di tale comunicazione, si osservano le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento (art. 1517 c.c.).
Normale determinazione del risarcimento
Se la vendita ha per oggetto una cosa che ha un prezzo corrente stabilito per atto della pubblica autorità, ovvero risultante da listini di borsa o da mercuriali, e il contratto si risolve per l’inadempimento di una delle parti, il risarcimento è costituito dalla differenza tra il prezzo convenuto e quello corrente nel luogo e nel giorno in cui si doveva fare la consegna, salva la prova di un maggior danno (Cass., 4 marzo 1998, n. 2386; Cass., 12 novembre 1981, n. 5986). Nella vendita a esecuzione periodica, invece, la liquidazione del danno si determina sulla base dei prezzi correnti nel luogo e nel giorno fissati per le singole consegne (art. 1518 c.c.); la norma ha carattere eccezionale perché deroga ai normali criteri di liquidazione del danno ex art. 1223 c.c., ai quali, pertanto, deve farsi ricorso quando la cosa compravenduta non sia sussumibile nell’elenco di quelle indicate dall’art. 1515, comma 3, c.c. al quale l’art. 1518 c.c. rinvia (Cass., 16 aprile 1994, n. 3614).
È fatta sempre salva la prova del maggior danno sofferto (Cass., 10 maggio 1966, n. 1210; Cass., 29 aprile 1961, n. 990).
Restituzione di cose non pagate
Se la vendita è stata fatta senza dilazione per il pagamento del prezzo, il venditore, in mancanza di pagamento, può riprendere il possesso delle cose vendute, finché queste si trovano presso il compratore, purché la domanda sia proposta entro quindici giorni dalla consegna e le cose si trovino nello stato in cui erano al tempo della consegna stessa (Cass., 13 luglio 1954, n. 2458).
Il diritto di riprendere il possesso delle cose non si può esercitare in pregiudizio dei privilegi previsti dagli articoli 2764 (crediti del locatore di immobili) e 2765 (crediti derivanti da contratti di mezzadria e di colonia) c.c., salvo che si provi che il creditore, al tempo dell’introduzione di esse nella casa o nel fondo locato ovvero nel fondo concesso a mezzadria o a colonia, conosceva che il prezzo era ancora dovuto; tale disposizione si applica anche a favore dei creditori del compratore che abbiano sequestrato o pignorato le cose, a meno che si provi che essi, al momento del sequestro o del pignoramento, conoscevano che il prezzo era ancora dovuto (art. 1519 c.c.).
Si noti, quindi, che la domanda con la quale il venditore, in caso di mancato pagamento del prezzo fa valere il proprio diritto alla restituzione delle cose medesime, postula una volontà diretta al mantenimento in vita del contratto, mediante una riacquisizione del possesso (e non della proprietà) di quanto alienato, che serva a stimolare l’adempimento del compratore (proprio perché il venditore riottenuto il possesso del bene può sollevare l’eccezione d’inadempimento) ed a garantire le ragioni creditorie del venditore stesso; in detta domanda, pertanto, non è ravvisabile un’implicita richiesta di pronuncia dichiarativa o costitutiva della risoluzione del contratto per inadempimento (Cass., 17 ottobre 1977, n. 4432).
Vendita con riserva della proprietà: inadempimento del compratore, risoluzione del contratto
Inadempimento del compratore
Nonostante patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l’ottava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto, e il compratore conserva il beneficio del termine relativamente alle rate successive (art. 1525 c.c.; Cass., 14 luglio 2000, n. 9356; Cass., 1° marzo 1995, n. 2347; Cass., Sez. Un., 26 novembre 1993, n. 11718); questo principio non è suscettibile di applicazione analogica al di fuori del detto schema negoziale (Cass., 9 giugno 1988, n. 3925) (F018-E).
Risoluzione del contratto
Se la risoluzione del contratto ha luogo per l’inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno.
Qualora, invece, si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo di indennità, il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta; la stessa disposizione si applica nel caso in cui il contratto sia configurato come locazione e sia convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti (art. 1526 c.c.).
Inadempimento in caso di vendita a termine dl titoli dl credito
In caso di inadempimento della vendita a termine di titoli, si osservano le norme dettate per l’esecuzione coattiva in caso di inadempimento del venditore o del compratore (artt. 1515 e 1516 c.c.), salva, per i contratti di borsa, l’applicazione delle leggi speciali (si vedano, ad esempio, gli artt. 12 e 13 del r.d.l. 30 giugno 1932, n. 815, conv. in l. 9 gennaio 1933, n. 118).
4.11. Denunzia dei vizi nella vendita di cose da trasportare
Nella vendita di cose da trasportare da un luogo a un altro, il termine per la denunzia dei vizi e dei difetti di qualità apparenti decorre dal giorno del ricevimento (art. 1511 c.c.), ossia dal giorno in cui il compratore è stato in grado di esaminare la merce (Cass., 10 aprile 2000, n. 4496; Cass., 5 gennaio 1996, n. 49; Cass., 4 maggio 1982, n. 2747); per i vizi non apparenti, invece, il detto termine decorre dalla scoperta degli stessi, dovendosi intendere per vizio occulto quel vizio che è tale non solo quando non sia riconoscibile e apparente ad una diretta ispezione, ma anche quando per le caratteristiche del procedimento di fabbricazione della cosa venduta, per la sua consistenza o per le modalità della sua conservazione, ovvero per le circostanze della consegna, esso non possa essere rilevato ad un esame immediato, ma solo dopo che ne sia iniziata l’utilizzazione (a tale ipotesi va equiparata quella in cui, pur essendo in astratto possibile una verifica contestuale, essa tuttavia sarebbe talmente gravosa ed antieconomica da superare i criteri dell’ordinaria diligenza o il normale comportamento dei soggetti dei rapporti commerciali; Cass., 1° marzo 1976, n. 669). Tuttavia ai fini dell’esercizio dell’azione di garanzia, la denuncia dei vizi della cosa non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio o l’ha occultata (Cass., 25 luglio 1984, n. 4347).
Modello Contratto di Vendita di Beni Mobili
Di seguito è possibile trovare un fac simile contratto di vendita di beni mobili in formato Doc da scaricare e da utilizzare come esempio. La bozza di contratto di vendita di beni mobili può essere modificata inserendo i dati delle parti e gli altri elementi contrattuali mancanti, per poi essere convertita in formato PDF o stampata.