In questa guida spieghiamo in cosa consiste la clausola sospensiva del contratto e mettiamo a disposizione un fac simile di clausola sospensiva del contratto.
Clausola Sospensiva del Contratto
Prima di giungere al cuore dell’articolo e dunque di parlare della clausola sospensiva del contratto (detta anche condizione sospensiva), appare opportuno fare alcune premesse, in particolare su cosa s’intende esattamente con il sopracitato termine.
L’articolo 1353 del codice civile fornisce, in linea generale, la definizione di condizione. In particolare, tale norma sancisce che la condizione è l’elemento “futuro” dal quale potrebbe dipendere la validità, l’efficacia oppure la risoluzione di un contratto stipulato tra le parti. Con l’inserimento di una clausola all’interno del negozio giuridico le parti aggiungono infatti delle motivazioni tra gli interessi dell’accordo e li reputano vincoli essenziali. In altre parole e per fare un esempio concreto che consenta di comprendere meglio, è possibile menzionare l’affitto di una casa nel periodo invernale, finalizzata allo sci. In questo caso sarebbe possibile subordinare l’efficacia del negozio giuridico alla presenza, in quella zona e in quel determinato lasso di tempo, della neve per sciare. Quest’ultima, invero, sarebbe l’elemento reputato “futuro” e non pienamente certo che stabilirebbe l’efficacia dell’accordo.
La condizione, pertanto, darebbe ai due contraenti maggiore autonomia e non si tradurrebbe in una limitazione della volontà. Essa, inoltre, viene considerata un elemento “accidentale” del contratto, sebbene possa tranquillamente avere anche un cosiddetto “valore essenziale”. Facendo un altro esempio, una clausola particolare, la quale subordina il buon andamento di un’evento ad una specifica condotta dell’altra parte, spesso fa rientrare l’intero negozio nella categoria di quelli considerati atipici. E questo nei casi in cui risulta che detta condotta abbia una rilevanza maggiore rispetto ad ogni altro differente aspetto. Posto quanto sopra, la condizione è comunque parte fondamentale nei contratti tipici. L’accidentalità dev’essere analizzata da un punto di vista diverso, ovverosia basandosi sul fatto che la condizione non è considerata un elemento assolutamente “indispensabile” per rendere la fattispecie in linea con il modello “legale” tipicizzato.
La clausola sospensiva del contratto – In cosa consiste e in che modo si differenzia da quella risolutiva
Una clausola viene detta sospensiva quando l’efficacia del negozio giuridico (e quindi del contratto stipulato tra le parti) dipende dall’avveramento o momento di una specifica condizione. Essa si differenzia da quella risolutiva, nella quale il verificarsi della condizione fa si che il contratto si risolva.
La condizione sospensiva è una vera e propria causa di “efficacia” dell’accordo, esattamente come potrebbero esserlo diversi elementi. La condizione risolutiva, a differenza della sospensiva, invece, non è affatto un elemento del contratto, in quanto il negozio è definito già perfetto e dunque sin da principio l’evento “dedotto” nella clausola rappresenta una circostanza del tutto autonoma (che poi andrà a privarlo della sua efficacia). Ragion per cui c’è chi considera la condizione risolutiva una “modalità” del rapporto.
L’unico dubbio che permane in materia attiene al perché il legislatore abbia trattato in maniera unitaria queste due tipologie di condizione. La risposta può essere data dal fatto che la condizione sospensiva e la condizione risolutiva riguardando ambedue lo stesso ambito: il contratto. Oltre al fatto che entrambe si esplicano in un evento “futuro e incerto” che va ad incidere sull’efficacia del negozio.
In ogni caso, non è sempre facile stabilire se la condizione presente in un contatto sia di tipo risolutivo o sospensivo. Per fare un esempio: Caio che riceve una donazione solo se si laurea. Questione spesso oggetto di dibattito, a seconda del tipo di interpretazione che dovrà necessariamente trovare la propria soluzione nelle pronunce della Suprema Corte di Cassazione in materia.
La condizione legale – Differenze rispetto alla condizione sospensiva
Oltre alla condizione sospensiva e a quella risolutiva, esiste anche la condizione cosiddetta legale. La condizione legale non è generata dalla volontà dei due soggetti interessati (come invece lo è nella condizione sospensiva), bensì deriva direttamente dalla legge. Ne sono un esempio gli atti di “approvazione” degli accordi degli enti di tipo pubblico, il matrimonio in riferimento alla donazione “obnuziale”, la sottoscrizione rispetto al contratto concluso dal falso procuratore, e via dicendo.
A sua volta la condizione legale potrebbe essere di genere sospensivo oppure risolutivo. Comunque sia, essendo una condizione che dipende dalla pronuncia del legislatore, questa rappresenta senz’altro un limite all’esplorazione dell’autonomia del privato, invece di essere la sua manifestazione diretta.
In sostanza, la condizione “volontaria” (quale lo è, appunto, la condizione sospensiva) è un mezzo che consente di raggiungere l’autonomia cosiddetta priva, giacché i contraenti hanno la possibilità di valutare e di orientare al meglio i propri interessi. La condizione legale, invece, è il completo opposto, in quanto opera un restringimento del campo di autonomia di tipo contrattuale.
Alla luce di quanto sopra, è quindi possibile affermare che la condizione legale è considerata un elemento “essenziale” del negozio giuridico: nei casi in cui la legge stabilisca la necessità di un apposito requisito “di efficacia”, questo è fondamentale nell’economia dell’accordo.
Molti autori, sulla base delle sopracitate affermazioni, smentiscono che la condizione legale sia una condizione piena, specificando, tra le altre cose, che essa non è dotata di carattere retroattivo. A ciò si aggiunge che alcune condizioni di tipo legale non sono “vere e proprie” condizioni di “efficacia” dell’accordo, ma condizioni che donano validità allo stesso.
Per tali ragioni alla condizione legale viene applicata solamente una parte della normativa che regola la condizione volontaria, in quanto dev’essere ponderata, di volta in volta, la compatibilità tra i due istituti. Per fare un esempio concreto, alla condizione legale si applica l’articolo 1360 del codice civile (in tema di retroattività) e non l’articolo 1359 del codice civile (sebbene quest’ultimo non possa escludersi totalmente).
La condizione sospensiva – Differenza con le altre tipologie di condizioni
La clausola sospensiva si differenzia da diverse altre tipologie di condizioni. Tra queste: la condizione casuale (il cui avveramento della stessa dipende dalla casualità); la condizione potestativa (in questo caso l’avverarsi della condizione discende da una volontà espressa della parte); la condizione mista (l’avveramento della condizione è dovuto sia al caso, sia alla sopracitata volontà).
A ciò si aggiunge che in tema di condizione potestativa questa si dirama in condizione semplice (avente una sua valenza) e condizione “meramente potestativa” (punita, ai sensi dell’articolo 1355 del codice civile, con la cosiddetta nullità).
La ragione che ha spinto il legislatore a sanzionare detta clausola con una nullità è che tale comporta comunque l’assenza di volontà relativa alla conclusione dell’accordo. Per questo è necessario distinguere la condizione potestativa “semplice” dalla condizione “meramente” potestativa.
In materia il codice civile si limita ad affermare che la condizione “meramente” potestativa è la clausola che dipende dal volere del soggetto alimentante oppure del debitore. Il che porterebbe a pensare che tutte le condizioni di tipo potestativo siano “meramente” potestative, ovverosia che se l’avverarsi della condizione è frutto della volontà di una delle parti, allora non potrebbe esserci a prescindere una distinzione tra un volere “normale” e “mero”.
Varie sono state le interpretazioni dottrinali sull’argomento, mentre la giurisprudenza si è orientata sul fatto che se la condizione “semplice” potestativa è quella clausola rimessa a colui che deve dirsi obbligato, allora la condizione “meramente” potestativa dipende da un “capriccio” del soggetto obbligato. In sostanza, la distinzione tra i due istituti implica che la prima trovi il suo fulcro nel volere dell’obbligato, sebbene la sua manifestazione si esplichi secondo un interesse, un calcolo o a determinate circostanze. La condizione “meramente” potestativa, invece, comporta la libertà assoluta della parte coinvolta nel contratto, la quale può riservarsi di scegliere sulla base di fattori casuali. In questo senso si è espressa la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza numero 11774 dell’ano 2007.
La giurisprudenza ha inoltre precisato che possono considerarsi condizioni di tipo potestativo: la clausola inerente ai contratti d’opera cosiddetti intellettuali, mediante i quali una società che si era impegnata a fornire assistenza in materia legale ad altra società, dietro corrispettivo di un prezzo versato annualmente, si “riservava” di non assistere il cliente in cause che la stessa reputava improcedibili o indifendibili; la clausola relativa ai contratti di locazione, tramite cui l’affittuario aveva l’autorizzazione a sublocare l’immobile se tale soggetto si fosse rivelato una persona gradita al soggetto locatore.
Discusso invece il tema sulla condizione risolutiva “meramente” potestativa. In particolare, ci si domanda se questa abbia o meno validità. In linea generale, il principio è quello di reputarla nulla, nonostante l’incertezza ricada sulla nullità o meno del contratto nella sua interezza, oppure se si limiti alla clausola. In tal caso potrebbe trovare valida applicazione l’articolo 1419 del codice civile: a seconda dei casi, occorrerà valutare se i contraenti avrebbero o meno stipulato l’accordo, pur essendo pienamente a conoscenza della nullità della condizione.
La clausola sospensiva del contratto- Quali sono i suoi effetti
La clausola sospensiva, in materia contrattuale, è stata spesso oggetto di dibattito, soprattutto su una questione in particolare: il dubbio verteva se considera il contratto affetto da condizione sospensiva come perfetto (giacché impone un vincolo per le parti), oppure non del tutto completo (in quanto mancherebbe l’efficacia cosiddetta finale, requisito essenziale dell’accordo).
Tale disputa origina dall’arduo compito di esplicare, in via tecnica e giuridica, come può un evento considerato esterno, nonché futuro, incidere a fondo su un contratto effettivamente stipulato in un periodo precedente. Ciò perché gli effetti di tipo contrattuale discendono dalla diretta volontà dei soggetti, parte del contratto, e non da circostante esterne.
Per questo la dottrina è scissa tra coloro che ritengono che l’accordo sorga unicamente nell’istante in cui si realizza l’evento (cioè quando nasce la volontà dei contraenti) e chi afferma che il contratto possa considerarsi perfetto sin dal principio (sebbene l’evento sia indispensabile affinché dalla volontà sorgano validi effetti).
Il sopracitato conflitto ha trovato soluzione nel fatto che nell’accordo affetto da condizione sospensiva è possibile effettuale una distinzione essenziale: tra effetti definiti finali, e quindi che sorgono quando si avvera la condizione, e quelli di tipo negoziale, cioè a carattere immediato.
Gli effetti di tipo negoziale, in particolare, sono quegli effetti che discendono dalla stipula del contratto, sebbene questo non abbia ancora piena efficacia. Gli effetti finali, invece, possono essere definiti come quelli che si esplicano nell’istante in cui l’accordo acquista efficacia.
Detta differenza permette altresì di specificare meglio un dettame che spesso ricorre sia nell’ambito della dottrina che nella giurisprudenza di merito, e cioè quello che sancisce che il contratto affetto da condizione sospensiva è considerato non efficace fino a quando la stessa non si avvera. A dire il vero, però, l’accordo non può dirsi totalmente inefficace (anche perché la non efficacia comporta una netta sospensione di ogni effetto di tipo contrattuale, senza esclusioni) ma solamente per una parte.
Per tali ragioni, è più corretto sostenere che la clausola sospensiva ha il compito di impedire i cosiddetti effetti finali del contratto, ma non anche gli effetti negoziali.
L’aspettativa antecedente al realizzarsi degli effetti finali del contratto
Nel momento antecedente al realizzarsi degli effetti finali del contratto, abbiamo quella che viene definita aspettativa. Trattasi di una situazione affetta da piena autonomia, e dunque alienabile ai sensi dell’articolo 1357 del codice civile.
In tale periodo, precedente all’avveramento della condizione, non è possibile esercitare tutti quei diritti di derivazione contrattuale, ragion per cui non scatta alcun termine di prescrizione di tipo ordinario.
Rientrano tra gli effetti “negoziali”, invece, il compimento di atti di natura conservativa, come ad esempio l’esercizio dell’azione “revocatoria”.
La Suprema Corte di Cassazione ha affermato che vi è la possibilità di risolvere il contratto a causa di inadempimento.
Un ulteriore effetto che si manifesta durante l’aspettativa è, sulla base dell’articolo 1358 del codice civile, l’obbligo di agire sulla base della buona fede. Tale obbligo grava su colui che ha interesse affinché la condizione si realizzi.
L’avveramento o meno della condizione sospensiva: cosa comporta e tutto ciò che occorre sapere a riguardo
Quando una condizione sospensiva si avvera il contratto genera gli effetti cosiddetti “finali”. Tale avveramento si manifesta con con evento totalmente in linea con quello previsto in origine, ragion per cui non sono concessi “equipollenti”.
Sul tema l’articolo 1359 del codice civile sancisce che la clausola di tipo sospensivo è reputata avverata qualora il soggetto interessato al suo mancato avveramento si è attivato per farla, appunto, “mancare”.
Detto istituto è definito “finzione di avveramento” della condizione, giacché la legge pone sullo stesso piano la finzione e il fare di tutto per far sì che la condizione non si realizzi.
In ogni caso è bene tenere presente che la condotta dolosa o colposa della parte che commette una violazione dell’obbligo di buona fede nell’impedire il verificarsi della condizione, è sanzionata.
Dubbi sorgono se l’articolo in esame sia applicabile anche alla condizione “meramente” potestativa, a quella che si avvera grazie alla volontà del contraente, e alla cosiddetta “condicio Iris”.
Nel primo caso, la risposta appare negativa, giacché il soggetto avrebbe piena libertà, e dunque anche di attivarsi per non far avverare la clausola. Nella seconda ipotesi, invece, vi sono tesi contrastanti, sebbene tendenzialmente si è portati ad applicare analogicamente l’articolo 1359 del codice civile. Infine, relativamente alla “condicio iuris”, anche qui la risposta dev’essere negativa, soprattutto nell’eventualità in cui la condizione di tipo legale riguarda, ad esempio, un atto emesso dalla Pubblica amministrazione (quale potrebbe essere un’autorizzazione). In questi casi, infatti, la finzione di “avveramento” si esplicherebbe nel reputare già emanato un atto che non esiste e che, dal punto di vista giuridico, risulterebbe impossibile. Non si potrebbero realizzare, invero e nemmeno con una finzione “legale”, tutti quegli effetti di un provvedimento di genere amministrativo che normalmente sorgono da una manifestazione di volontà della stessa Pubblica Amministrazione.
E se la parte interessata al mancato avveramento della clausola si adopera per il realizzarsi di tale scopo, allora l’altro contraente potrà solamente avvalersi del rimedio del “risarcimento” del danno e della relativa risoluzione del contratto per inadempimento dello stesso.
Modello Clausola Sospensiva del Contratto
Di seguito è possibile trovare un fac simile clausola sospensiva del contratto in formato Doc da scaricare e da utilizzare come esempio. La bozza di clausola sospensiva del contratto può essere modificata inserendo i dati mancanti, per poi essere convertita in formato PDF o stampata.