In questa guida spieghiamo quali sono le caratteristiche della risoluzione consensuale del preliminare di compravendita e mettiamo a disposizione un fac simile risoluzione consensuale del preliminare di compravendita.
Caratteristiche della Risoluzione Consensuale Preliminare di Compravendita
La risoluzione consensuale del contratto preliminare di compravendita è un istituto giuridico di grande rilievo pratico che consente alle parti di sciogliere un accordo già concluso senza dovere necessariamente fare ricorso a vie giudiziali o a lunghe procedure contenziose. In ambito civilistico, e in particolare alla luce delle norme del codice civile italiano, la fattispecie si inquadra all’interno dei principi generali che disciplinano la libertà contrattuale, l’autonomia delle parti e la loro possibilità di disporre degli effetti del vincolo giuridico che hanno creato. La flessibilità dell’ordinamento in questo settore risulta evidente quando si considera come, secondo i principi di autonomia contrattuale, le parti possano non solo concludere negozi giuridici che il legislatore prevede espressamente, ma anche regolare le conseguenze, gli effetti e l’eventuale estinzione degli obblighi già sorti.
Il contratto preliminare di compravendita, in termini generali, si definisce come l’accordo con cui le parti si impegnano, reciprocamente, a stipulare in futuro un contratto definitivo di compravendita. L’elemento cardine risiede nel consenso che, in questa fase, non produce ancora il trasferimento della proprietà del bene, ma genera l’obbligo di concludere successivamente un contratto definitivo che trasferirà effettivamente il diritto di proprietà (o altro diritto reale) al promissario acquirente. È un negozio preparatorio molto diffuso nella prassi, perché consente alle parti di “bloccare” un accordo e di regolare, sin da subito, certe condizioni economiche e contrattuali, come il prezzo, i termini di pagamento, le modalità di consegna, il rogito notarile, gli eventuali depositi e le garanzie. Perfezionato il contratto preliminare, il venditore si impegna a vendere e l’acquirente si impegna ad acquistare, creando un vincolo giuridico che va rispettato fino a quando non si arriva alla stipula del definitivo.
Può però accadere che, dopo la conclusione del contratto preliminare, le parti decidano di comune accordo di non dar seguito all’operazione e di non stipulare più il contratto definitivo di compravendita. I motivi possono essere molteplici e spaziare da sopravvenute difficoltà economiche fino a mutamenti di natura personale o fattori esterni che hanno reso, per entrambe le parti, non più desiderabile o non più conveniente proseguire nell’affare. Per evitare contenziosi, e laddove entrambe le parti siano concordi, diventa dunque utile ricorrere alla risoluzione consensuale del contratto preliminare. Il fondamento civilistico di tale scioglimento per mutuo dissenso si rintraccia innanzitutto nell’articolo 1372 del codice civile, che stabilisce come il contratto abbia forza di legge fra le parti, ma che esse possano estinguerlo consensualmente secondo il medesimo principio di autonomia contrattuale che ha dato origine all’obbligazione. Si tratta di un negozio giuridico a sua volta bilaterale, che consiste in un accordo espresso o tacito con cui i soggetti decidono di privare di effetti un precedente contratto ancora in essere.
La differenza concettuale tra la risoluzione consensuale e la risoluzione giudiziale dovuta a inadempimento è significativa: mentre nella risoluzione giudiziale si fa valere la violazione di un obbligo contrattuale e si chiede al giudice di accertare e dichiarare lo scioglimento del contratto per l’altrui inadempienza, nella risoluzione consensuale si valorizza la volontà congiunta dei contraenti di far cessare gli effetti del vincolo. Non c’è un soggetto che agisce per far valere la colpa dell’altro, né si instaura un giudizio di merito sulla condotta di chi non ha adempiuto; semplicemente si riconosce che, per mutuo consenso, l’accordo non è più rispondente alle esigenze e alle aspettative di entrambi, e si decide di porvi fine in modo pacifico. Questo ha evidenti vantaggi in termini di certezza, di semplicità e di celerità, anche perché, ricorrendo il comune accordo, non è necessario rivolgersi a un giudice per ottenere la caducazione del contratto preliminare. Diventa quindi una soluzione particolarmente vantaggiosa se, per circostanze sopravvenute, entrambe le parti non intendono portare a compimento la compravendita.
È opportuno chiarire anche come la risoluzione consensuale può essere disciplinata dal punto di vista formale. Il contratto preliminare di compravendita immobiliare spesso viene stipulato per atto pubblico o scrittura privata autenticata, almeno nei casi in cui sia prevista la trascrizione nei registri immobiliari. Se le parti hanno scelto una forma specifica, è consigliabile, o comunque preferibile, che anche l’accordo di risoluzione consensuale assuma la stessa forma, così da evitare future contestazioni sulla validità dello scioglimento e sulla sua eventuale opponibilità ai terzi. Inoltre, se il preliminare era stato trascritto, potrebbe rendersi necessaria la cancellazione della trascrizione ai pubblici registri, in modo da non lasciare traccia di un vincolo che non ha più ragion d’essere. In tal senso, la risoluzione consensuale può essere perfezionata con un atto avente forma analoga al preliminare, per poi procedere alla richiesta di annotazione della risoluzione presso la Conservatoria, in modo da garantire pienezza di effetti e tutela anche rispetto a potenziali creditori o acquirenti terzi.
Da un punto di vista sostanziale, un profilo rilevante riguarda le sorti delle somme che fossero state eventualmente corrisposte a titolo di caparra confirmatoria o acconto prezzo. Poiché nel contratto preliminare di compravendita è frequente che il promissario acquirente versi al promittente venditore una certa cifra per garantire la serietà dell’accordo, la risoluzione consensuale deve regolare le conseguenze economiche di tale anticipazione. In molti casi, le parti scelgono di restituire integralmente quanto ricevuto a titolo di caparra o acconto, eventualmente con interessi se così pattuito. Tuttavia, può accadere che ci si accordi diversamente, ad esempio lasciando al venditore una quota di indennizzo, o dividendo in percentuali l’importo in base alle spese sostenute sino a quel momento. L’importante è che la risoluzione stabilisca in modo chiaro ed esplicito se e come le somme vanno restituite, a quale titolo e in che termini temporali, così da prevenire future contestazioni. L’accordo di risoluzione consensuale, proprio perché si fonda sulla volontà comune, può prevedere pattuizioni atipiche in ordine alle conseguenze pecuniarie, purché non contrarie a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume.
Un altro aspetto che non va trascurato concerne la tempestività con cui le parti maturano la scelta di risolvere consensualmente il contratto preliminare. Quanto più ci si avvicina alla data prevista per il rogito notarile, tanto più le parti potrebbero aver sostenuto spese per pratiche amministrative, spese notarili in acconto o altri costi eventuali, come progetti di ristrutturazione o l’allestimento di finanziamenti bancari. Nel caso in cui la decisione di non dare esecuzione al preliminare sorga tardivamente, occorre regolare anche tutti questi oneri che siano stati già affrontati o contrattualizzati. Talvolta, le parti si accordano perché ciascuno sopporti le proprie spese, oppure pattuiscono una forma di compensazione sulla scorta di un compromesso economico che tuteli in maniera equa sia il promittente venditore sia il promissario acquirente. Poiché la risoluzione nasce per comune volontà di non procedere, in genere si cerca una soluzione che non penalizzi ingiustamente una delle due parti, specialmente se nessuno di loro ha colpe specifiche per l’impossibilità o l’inopportunità di procedere alla vendita.
In alcuni casi, l’esigenza di ricorrere a una risoluzione consensuale può sopravvenire per questioni che riguardano l’oggetto stesso della compravendita, come l’emergere di vincoli urbanistici, gravami ipotecari, abusi edilizi o difformità catastali. Di fronte a circostanze di questo genere, se il venditore non riesce a sanare la situazione entro i termini ragionevoli o se l’acquirente non desidera più sobbarcarsi i costi e i rischi di un eventuale contenzioso amministrativo, la soluzione più rapida per entrambi è di comune accordo estinguere il vincolo contrattuale preliminare, restituire (eventualmente) le somme già corrisposte e liberarsi reciprocamente da ogni ulteriore obbligo. Analogamente, qualora l’acquirente non riesca a ottenere un mutuo sufficiente o incontri ostacoli che ne pregiudichino la capacità economica di concludere l’acquisto, anche il venditore potrebbe preferire accettare una risoluzione consensuale, in luogo di procedere con un’azione di risoluzione per inadempimento che lo esporrebbe a tempi e costi di una causa. In tutti questi casi, l’accordo di risoluzione consensuale è uno strumento che offre flessibilità e consente di chiudere la vicenda negoziale in modo rapido e pacifico, evitando che si trascinino controversie potenzialmente dannose per entrambi.
È importante sottolineare come il mutuo dissenso rappresenti un vero e proprio nuovo contratto, che abbisogna di un accordo fra le parti. Di conseguenza, così come il contratto preliminare si perfeziona mediante il consenso di venditore e acquirente, anche la risoluzione consensuale richiede che tutti i soggetti interessati aderiscano alla decisione. Se, invece, solo una parte vuole sciogliere il vincolo e l’altra è contraria, non si potrà parlare di risoluzione consensuale, ma di altri rimedi, come la risoluzione per inadempimento o la negoziazione di un accordo transattivo che riconosca a una parte un indennizzo per rinunciare all’acquisto o alla vendita. La risoluzione consensuale, in sostanza, presuppone la totale convergenza di volontà, senza la quale non è possibile prendere quella strada. Inoltre, proprio perché si tratta di un contratto, occorre che le parti siano capaci di disporre dei propri diritti, che abbiano la legittimazione a farlo e che non vi siano cause di invalidità o nullità relative al titolo originario. In caso contrario, sarebbe necessario un intervento più complesso per sanare o risolvere la situazione.
Un profilo delicato può riguardare, in certe situazioni, la trascrizione del preliminare. Se il preliminare è stato trascritto, come spesso avviene per tutelare l’acquirente dagli effetti pregiudizievoli di eventuali atti dispositivi del venditore, è opportuno dare altrettanta pubblicità alla risoluzione consensuale, presentandola alla Conservatoria dei Registri Immobiliari. In questo modo, terzi successivi interessati a contrattare sul medesimo immobile potranno sapere che l’accordo preliminare non è più efficace, poiché è stato sciolto di comune accordo. Se non si provvede a cancellare la trascrizione del preliminare risolto, potrebbe persistere un pregiudizio sull’immobile, giacché la trascrizione rimane visibile e potrebbe ingenerare incertezze, dando l’impressione che esista ancora un vincolo preliminare in corso. Di solito, questo passaggio si realizza con un atto di risoluzione consensuale ricevuto da un notaio, che poi si preoccupa di curare le formalità necessarie alla cancellazione o all’annotazione di risoluzione.
Dal punto di vista operativo, le parti hanno massima libertà di disciplinare le clausole dell’atto di risoluzione consensuale, purché rispettino la buona fede e i principi fondamentali dell’ordinamento. Potranno stabilire che la risoluzione decorra dalla data di sottoscrizione, o che abbia effetti retroattivi all’epoca della sottoscrizione del preliminare, se così è loro convenienza. Di norma, si preferisce un effetto ex nunc, vale a dire che gli obblighi restano in essere fino al momento in cui si giunge all’accordo di risoluzione, a meno che non si ritenga opportuno annullare tutti gli effetti sin dall’origine. L’efficacia retroattiva, tuttavia, potrebbe comportare complessità maggiori, specialmente se nel frattempo si sono verificate prestazioni, oneri fiscali o altre conseguenze legate al preliminare. Ciò non toglie che le parti possano regolare a posteriori i rapporti con un’espressa clausola di reciproca rinuncia a qualsiasi pretesa, o con la previsione di un saldo a conguaglio che ristabilisca l’equilibrio contrattuale.
Un ultimo aspetto meritevole di attenzione è la coordinazione della risoluzione consensuale con eventuali clausole penali o caparre confirmatorie contenute nel preliminare. Se il contratto prevedeva, per ipotesi, che in caso di mancata stipula del definitivo dovuta a inadempimento di una parte, la parte non inadempiente avesse diritto di trattenere la caparra, questo rimedio è tipicamente pensato per un recesso o per una risoluzione giudiziale. In presenza di un accordo risolutorio amichevole, spetta alle parti disciplinare espressamente la sorte di questi diritti che, in mancanza di altra disposizione, potrebbero ingenerare contenziosi. Di solito, quando le parti compiono la risoluzione consensuale di un preliminare, lo fanno superando ogni reciproca pretesa, il che si traduce nella restituzione della caparra e nella rinuncia a eventuali penali. Tuttavia, non è raro che si concordi una ritenzione parziale a titolo di indennizzo o di rimborso spese, senza che si configuri una sanzione vera e propria. L’importante è definire nel testo dell’accordo risolutorio ogni aspetto economico, precisando che esso ha natura transattiva e che da quel momento cessano tutti i vincoli e le pretese derivanti dal preliminare originario.

Modello Risoluzione Consensuale Preliminare di Compravendita Word
Di seguito è possibile trovare un fac simile risoluzione consensuale del preliminare di compravendita Word da scaricare e da utilizzare come esempio. La bozza di contratto può essere modificata inserendo i dati delle parti e gli altri elementi contrattuali mancanti, per poi essere convertita in formato PDF o stampata.
Modello Risoluzione Consensuale Preliminare di Compravendita PDF
Di seguito viene proposto un fac simile risoluzione consensuale del preliminare di compravendita PDF.