In questa guida spieghiamo quali sono le caratteristiche del contratto di affitto e mettiamo a disposizione un fac simile di contratto da scaricare.
Nozione e caratteri
Per affitto si intende un particolare tipo di locazione, avente ad oggetto una cosa produttiva, mobile o immobile. L’essere la cosa locata produttiva ha importanti riflessi sul piano della disciplina: basti pensare che il conduttore, che qui prende il nome di affittuario, non ha semplicemente la facoltà di godere della cosa conformemente all’uso determinato dal contratto, ma ha anche l’obbligo di curarne la gestione in conformità della sua destinazione economica e dell’interesse della produzione (cfr. la rubrica dell’art. 1615 c.c.: gestione e godimento della cosa produttiva).
Rinviando comunque al par. 3 l’analisi degli obblighi e dei diritti delle parti, va qui evidenziato che strutturalmente l’affitto si configura come un contratto consensuale, con effetti obbligatori — l’affittuario non acquista infatti alcun diritto reale – e a prestazioni corrispettive. È necessariamente un contratto di durata, visto che il godimento di un bene, e a maggior ragione, il suo sfruttamento produttivo non possono non protrarsi per un certo tempo.
Si ritiene che l’affitto sia un contratto intuitus persone. infatti, l’art. 1626 cc. prevede il suo scioglimento in caso di interdizione, inabilitazione o fallimento dell’affittuario e l’art. 1627 c.c. attribuisce al locatore ed agli eredi dell’affittuario la facoltà di recedere dal contratto in caso di morte dell’affittuario.
Va infine ricordato che l’affittuario è necessariamente un imprenditore, dal momento che egli è obbligato a gestire la cosa.
È fondamentale comprendere quali siano le categorie di beni che, qualificandosi come produttivi, possono rappresentare l’oggetto di un contratto di affitto. Sarebbe infatti errato definire produttiva la cosa capace, di per sé, autonomamente, di produrre frutti naturali (come i prodotti agricoli, la legna ecc.: art. 820, comma 1, c.c.) o civili (quali gli interessi dei capitali, i canoni enfiteutici, le rendite vitalizie: cfr. art. 820, comma 3, c.c.): è invece indispensabile che la cosa produca frutti attraverso la gestione che ne fa l’uomo. Un tipico esempio di cosa produttiva è la terra e, quindi, il fondo rustico.
Nell’ambito dei contratti agrari, l’affitto di fondo rustico è lo schema contrattuale di gran lunga più importante; se è vero infatti che il codice civile dettava un’articolata disciplina dei contratti agrari c.d. associativi (mezzadria, colonia parziaria, soccida), questi tipi negoziali sono, nell’attuale momento storico, in una fase recessiva. La l. n. 203 del 1982 pone infatti il divieto di stipulare contratti associativi (art. 45) e stabilisce la conversione in affitto dei contratti associativi in corso (art. 25 e ss.).
L’affitto di fondo rustico si distingue in affitto a coltivatore diretto e affitto a non coltivatore.
La definizione di coltivatore diretto è data dall’art. 6 l. n. 203 del 1982: coltivatore diretto è colui che lavora il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia, a condizione che tale lavoro costituisca almeno un terzo delle necessità colturali del fondo, tenuto conto, agli effetti del calcolo delle giornate lavorative necessarie per la coltivazione del fondo stesso, anche dell’impiego delle macchine agricole.
Il possesso della qualità di coltivatore diretto può essere provato con qualsiasi mezzo, non esduse le presunzioni, e tale requisito è anche svincolato da qualsiasi preventivo accertamento o controllo amministrativo.
La legge speciale disciplina anche la durata del contratto (artt. 2 e ss.), fissando in quindici anni la durata minima, ed il canone; la cui determinazione è sottratta all’autonomia privata e fissata dalla legge in base ai parametri di cui agli artt. 8 e ss. l. n. 203 del 1982. Ad analoga disciplina è soggetto l’affitto a non coltivatore (artt. 22 e ss. l. n. 203 del 1982); le differenze più significative riguardano il canone: i coefficienti legali di determinazione sono infatti maggiorati di 10 punti rispetto all’affitto a coltivatore diretto.
Accanto al fondo rustico, sono beni produttivi le miniere, le cave, le torbiere, i fondi destinati alla caccia e gli stagni utilizzati per la pesca.
È ancora bene produttivo l’azienda (cfr. art. 2652 c.c.), inteso come complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
Proprio l’affitto di azienda ci introduce al tema delle differenze intercorrenti tra affitto e tipi contrattuali limitrofi: la giurisprudenza ha infatti a più riprese affrontato il problema della distinzione tra locazione di immobile con pertinenze ed affitto di azienda. In genere, si ritiene che ricorra la prima ipotesi quando l’immobile concesso in godimento viene considerato, nell’economia del contratto, come l’oggetto principale della stipulazione, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente ti-spetto agli altri elementi che restano collegati all’immobile in posizione di subordinazione e accessorietà; nell’affitto di azienda, invece, l’oggetto del contratto è dato da un complesso organico di beni mobili e immobili, legati tra di loro da un vincolo di interdipendenza e complementarietà per il conseguimento di un determinato fine produttivo. Si ritiene poi configurabile un affitto di azienda anche quando l’impresa non abbia ancora cominciato a funzionare, purché sussista la potenziale attitudine produttiva dei beni componenti l’azienda.
In pratica può talora risultare difficile distinguere tra affitto e vendita: in particolare, incerta è la linea di confine tra la vendita di erbe per il pascolo (c.d. pascipascolo) e l’affitto di fondo pascolativo. La giurisprudenza di legittimità ritiene che si tratti di vendita quando oggetto del contratto è il trasferimento delle erbe prodotte dal fondo, considerate come bene distinto da questo, per cui l’uso del fondo si è limitato alla semplice attività di raccolta delle erbe spontaneamente prodotte; si configura l’affitto quando le erbe sono considerate dalle parti quale risultato di un’attività diretta a migliorare ed incrementare la produzione.
Forma
In generale, l’affitto è un contratto a forma libera.
Tuttavia, si applica anche all’affitto il disposto dell’art. 1350, n. 8, c.c., a norma del quale i contratti di locazione di immobili per una durata superiore ai nove anni devono essere stipulati per iscritto, a pena di nullità.
Una regola speciale vale per l’affitto di fondi rustici: l’art. 41 l. n. 203 del 1982 cit. prescrive che i contratti agrari ultranovennali, anche se verbali o non trascritti, sono validi ed hanno effetto anche riguardo ai terzi.
Tuttavia, l’opinione prevalente ritiene che per i contratti di affitto a non coltivatore sia richiesta la forma scritta ad probationem ai sensi dell’art. 3 l. n. 606 del 1966.
Obbligazioni delle parti
Obblighi e diritti del locatore
-Obbligo di consegna della cosa
Ai sensi dell’art. 1617 c.c., il locatore è tenuto a consegnare la cosa con i suoi accessori e sue pertinenze, in stato da servire all’uso e alla produzione a cui è destinata.
-Riparazioni
Il locatore è tenuto ad eseguire a sue spese durante l’affitto le riparazioni straordinarie.
Limitatamente alla materia dell’affitto dei fondi rustici, l’art. 16 l. 11 febbraio 1971, n. 11, dispone che l’affittuario possa procedere all’esecuzione diretta di riparazioni urgenti ed indispensabili della casa rurale solo dopo aver interpellato il locatore ed aver richiesto il parere preventivo dell’ufficio tecnico o sanitario comunale.
-Diritto di controllo
L’art. 1619 c.c., in ragione della particolare rilevanza che ha nel contratto in esame la gestione produttiva della cosa, attribuisce al locatore il penetrante potere di accertare in ogni tempo, anche con accesso in luogo, se l’affittuario osserva gli obblighi che gli incombono. Ne consegue che il rifiuto opposto dall’affittuario al locatore che chiede di accedere al fondo condotto, per accertarne lo stato di conservazione, può integrare un inadempimento grave, legittimante la risoluzione del contratto. La risoluzione è però esclusa se il locatore ha dimostrato per lungo tempo assoluto disinteresse nei confronti del bene dato in affitto e della sua gestione.
Obblighi e diritti dell’affittuario
-Gestione produttiva della cosa e degli obblighi connessi
Si è visto che la gestione produttiva rappresenta un aspetto peculiare (e necessario) del contratto di affitto. Tanto è rilevante questo elemento che la mancata destinazione al servizio della cosa dei mezzi necessari per la gestione di essa, la mancata osservanza delle regole della buona tecnica, ovvero lo stabile mutamento della destinazione economica legittimano la risoluzione del contratto (art. 1618 c.c.).
Un tipico esempio di grave inadempienza dell’affittuario è l’abbandono, con conseguente degrado, della casa colonica, ovvero la costruzione su un fondo rustico di case di civile abitazione, naturalmente incompatibili con la destinazione economica del fondo; oppure, in caso di fondo destinato all’allevamento, la completa alienazione del bestiame allevato, senza sostituzione. O ancora, può concretare un inadempimento che giustifica la risoluzione del rapporto agrario ai sensi dell’art. 5 l. 3 maggio 1982, n. 203, l’unilaterale non autorizzata trasformazione del fondo da parte dell’affittuario, quando modifichi l’originario ordinamento colturale del fondo, perché la libertà di iniziativa, di organizzazione e di gestione attribuita all’affittuario trova limite nell’obbligo di conservare la struttura funzionale e la destinazione economica del fondo voluta dal concedente.
In materia di affitto a coltivatore diretto, l’art. 5 della citata 1. 3 maggio 1982, n. 203, impone al locatore che lamenti un grave inadempimento una particolare procedura per ottenere la risoluzione del contratto. Prima di ricorrere all’autorità giudiziaria, infatti, egli deve contestare all’affittuario l’inadempimento e illustrare le proprie motivate richieste; se il conduttore sana l’inadempienza entro tre mesi dal ricevimento della comunicazione, non si dà luogo alla risoluzione.
In caso di violazione da parte dell’affittuario dell’obbligo di restituzione per scadenza del termine, trova applicazione, con riferimento ai danni da ritardata restituzione, l’art. 1591 c.c.
-Pagamento del corrispettivo
Trattandosi di un contratto di durata, il corrispettivo sarà normalmente corrisposto dall’affittuario in canoni periodici. La Cassazione ha però di recente affermato che è compatibile con la struttura dell’affitto un corrispettivo non periodico o addirittura rapportato nel suo ammontare al rendimento della cosa (nel caso di specie, alla qualità di materiali estratti da una cava).
In materia di contratti agrari, la l. n. 203 del 1982, agli artt. 8 e ss., prevede un’articolata procedura per la determinazione del c.d. canone equo, cioé del canone che «assicuri un’equa remunerazione del lavoro dell’affittuario e della sua famiglia», tenendo altresì conto degli apporti di capitali dell’affittuario, dei costi di produzione, dell’esigenza di riconoscere un compenso ai capitali investiti e degli altri apporti del locatore (art. 9, comma 5, l. n. 203 del 1982).
-Diritto di incrementare la produttività della cosa
All’affittuario è riconosciuto il potere di prendere le iniziative idonee a produrre un aumento del reddito della cosa, purché esse non importino obbligazioni per il locatore e non gli arrechino pregiudizio: esse devono essere altresì conformi all’interesse della produzione.
In tema di affitto di fondi rustici, i miglioramenti eseguiti sul fondo dall’affittuario senza il consenso del concedente dopo l’entrata in vigore della l. n. 11 del 1971 sono indennizzabili solo se sia stata osservata la procedura di legittimazione prevista dapprima dall’art. 11 della legge citata e poi dall’art. 16 l. n. 203 del 1982, che prevede l’accordo delle parti ed il parere favorevole dell’ispettorato provinciale agrario, ovvero, in caso di dissenso del concedente, l’autorizzazione dell’ispettorato.
-Diritto di prelazione e riscatto
All’affittuario coltivatore diretto è accordato il diritto di prelazione sul fondo in caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi (art. 81. 26 maggio 1965, n. 590, come modificato dall’art. 7 l. n. 817 del 1971). Il diritto sussiste a condizione che l’affittuario coltivi il fondo da almeno due anni, non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore ad 0,52, ed il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà o in enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia (v. in giurisprudenza Cass. 16 maggio 2003, n. 7641).
Il diritto di prelazione agraria è esercitabile anche quando il fondo su cui si appunta è parte di una più vasta estensione, purché presenti un’autonomia colturale e produttiva. In questo caso, l’accertamento delle condizioni che consentono l’esercizio del suddetto diritto deve essere compiuto non con riguardo alla configurazione data dalle parti al contratto di vendita, ma considerando la situazione oggettiva, in modo tale da verificare, da un lato, se il terreno trasferito si presenti frazionato in appezzamenti aventi caratteristiche diverse e differenti colture e, dall’altro lato, se il fondo trasferito non debba, ciò malgrado, essere ritenuto un fondo oggettivamente unitario, per essere le attività svolte sui diversi appezzamenti coordinate fra loro, sì da costituire aspetti complementari di un’unica gestione.
Per consentire l’esercizio del diritto in oggetto, il proprietario deve notificare con raccomandata all’affittuario la proposta di alienazione, che deve dare indicazione del nome dell’acquirente, del prezzo di vendita e delle altre condizioni pattuite.
Il coltivatore diretto ha trenta giorni per esercitare il suo diritto.
La prelazione ha carattere reale: ne consegue che, qualora il proprietario ometta la notificazione o il prezzo notificato sia superiore a quello risultante dalla compravendita, l’affittuario può, nel termine di un anno dalla trascrizione del contratto, riscattare il fondo dall’acquirente e da ogni successivo avente causa.
Modificazioni dell’equilibrio contrattuale
Ai sensi dell’art. 1622 c.c., quando il locatore effettua riparazioni — che siano ovviamente di sua competenza (cfr. par. 3.1.2.) — che determinano una perdita superiore al quinto del reddito annuale, ovvero del reddito complessivo nel caso di affitto non superiore ad un anno, l’affittuario può domandare una corrispondente riduzione del canone oppure, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto. Si tratta di un rimedio analogo a quello previsto dall’art. 1584 c.c., in tema di locazione.
L’art. 1623 c.c. prevede poi che, se in conseguenza di una disposizione di legge o di un provvedimento dell’autorità riguardanti la gestione produttiva, il rapporto contrattuale risulta notevolmente modificato, può essere richiesto un aumento o una diminuzione del fitto, ovvero lo scioglimento del contratto. Si tratta quindi di un rimedio analogo a quello previsto in altri tipi contrattuali (ad es., l’appalto: art. 1664 c.c.), volto a ricostituire l’equilibrio contrattuale intaccato da fatti sopravvenuti.
Cause ordinarie di estinzione
È sufficiente limitarsi ad elencarle:
a) scadenza: l’art. 1616 c.c. prevede che in caso di affitto a tempo indeterminato, ciascuna delle parti possa recedere dando all’altra congruo preavviso;
b) mutuo consenso ex art. 1372 c.c.;
c) impossibilità sopravvenuta ex artt. 1463 e ss. c.c.;
d) eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c.: si ritiene infatti che tale generale causa di risoluzione non sia esclusa dalla presenza dei rimedi particolari di cui agli artt. 1622 e 1623 cc. (cfr. par. 4.1.);
e) vizi della cosa locata: è infatti pacifico che la disciplina dei vizi dettata dal codice in materia di locazione si applichi anche all’affitto.
Fac Simile Contratto di Affitto
Di seguito è possibile trovare un fac simile contratto di affitto in formato Doc da scaricare e da utilizzare come esempio. La bozza di contratto di affitto può essere modificata inserendo i dati delle parti e gli altri elementi contrattuali mancanti, per poi essere convertita in formato PDF o stampata.