In questa guida spieghiamo quali sono le caratteristiche del contratto di factoring e mettiamo a disposizione un fac simile di contratto da scaricare.
Definizione e caratteristiche generali
Nell’ambito dell’attività di impresa, il factoring sorge come una specifica realtà negoziale emersa in via consuetudinaria nell’ambiente anglosassone e successivamente accolta nella prassi contrattuale italiana. La funzione economica che il contratto di factoring assolve nella dinamica della produzione e della commercializzazione dei beni e nella distribuzione dei servizi da parte delle imprese sorge dalle esigenze di finanziamento sempre più pressante dell’impresa commerciale, determinate anche dalla propensione dei soggetti produttori a concedere dilazioni di pagamento a breve termine per i beni o i servizi forniti. Tale propensione comporta la formazione di un inevitabile divario fra il flusso dei ricavi e quello dei costi. Perciò il factoring si è imposto come la risposta a tre tipiche esigenze dell’impresa commerciale.
Anzitutto, la necessità di sopperire al fabbisogno di liquidità monetaria, possibilmente evitando il ricorso al sistema creditizio; in secondo luogo, di razionalizzare l’organizzazione della gestione dei crediti vantati verso la clientela; infine, di assorbire il rischio ed il costo della possibile insolvenza del cliente.
Il factoring si pone come un’alternativa strutturata rispetto all’adozione di un unico strumento contrattuale che la pratica e l’esperienza avevano già individuato per soddisfare le medesime esigenze: sconto di crediti e di titoli di credito, al mandato a riscuotere i crediti verso la clientela, all’assicurazione per assorbire il rischio dell’insolvenza, e così via. Si può distinguere tra l’ipotesi di factoring nel quale sia previsto che i crediti vengano ceduti al factor, il quale assume su di sé il rischio che i singoli debitori, o alcuni di essi, non adempiano correttamente alla scadenza o risultino insolventi: in tale caso la cessione si dice pro solido (“per pagato”, without recourse). La a cessione pro soluto è la forma più frequente in quanto assicura all’impresa il vantaggio economico della pratica eliminazione (o rilevante attenuazione) del rischio di insolvenza dei clienti, oltre all’acquisizione di una fonte supplementare di liquidità attraverso le anticipazioni pattuite, nonché la garanzia di poter disporre di determinate somme in momenti prestabiliti. Ne deriva però che la società di factoring deve pertanto porsi in condizione di poter valutare preventivamente l’incidenza economica del rischio che assume. Il factor può tuttavia anche non assumere tale rischio: la cessione del credito nei suoi confronti avverrà in tal caso pro solvendo (“con rivalsa”, with nonne), ovvero la società cedente garantirà la solvenza e la solvibilità del debitore ceduto.
Tale valutazione può essere effettuata secondo due meccanismi alternativi ricorrenti: 1) il factor approva sia le condizioni oggettive del contratto che la società intende concludere con il cliente, sia la consistenza patrimoniale e l’affidabilità del cliente medesimo; 2) ovvero il factor accetta la cessione di quei soli crediti che l’imprenditore vanta nei confronti di soggetti che egli abbia considerato affidabili.
La causa del contratto di factoring
Mediante il contratto di factoring, un fornitore di beni o servizi si obbliga a cedere ad un factor, previa sottoposizione al medesimo dei contratti conclusi o da concludere coi propri acquirenti, tutti o parte dei crediti relativi.
Il factor, a sua volta, valutata la solvibilità di costoro, si obbliga a rendersi cessionario dei crediti, talora pro solvendo e più spesso pro soluto con assunzione nella seconda ipotesi, del rischio del mancato pagamento e a svolgere, al contempo il servizio di contabilizzazione, amministrazione e gestione contenziosa dei rapporti, oggetto del contratto di factoring, nonché a corrispondere al fornitore nella misura e alla data convenuta, l’importo dei crediti approvati (Trib. Milano, 28 marzo 1977).
Data l’assenza di una disciplina specifica, il contratto di factoring si definisce come contratto atipico (Cass., 27 agosto 2004, n. 17116; Cass., 24 giugno 2003, n. 10004 anche dopo la l. 21 febbraio 1991, 52) ed a causa variabile, in particolare “vendendi” o “mandati”. La l. 14 luglio 1993, n. 260 ha ratificato la Convenzione di Ottawa del 28 maggio 1988, introducendo nel nostro ordinamento la figura del factoring internazionale. Tale contratto si differenzia dal normale factoring in quanto ne possono essere oggetto solo crediti derivanti da contratti di fornitura di merci conclusi tra soggetti aventi sede o residenza in Stati diversi. Risulta essere necessario, altresì, per l’applicazione della disciplina così introdotta, che entrambi gli Stati di appartenenza dei contraenti siano parti della Convenzione ratificata e che il contratto di vendita o di factoring sia disciplinato dalla legge di uno Stato contraente. La disciplina introdotta è tuttavia ampiamente derogabile dalla volontà delle parti.
La cessione del credito – Differenza
Il factoring si differenzia dal contratto di cessione di un singolo credito, ovvero di un insieme determinato di crediti, disciplinata dal codice civile negli artt. 1260-1267, per il fatto che il factoring ha normalmente ad oggetto la cessione in massa di crediti futuri, dunque preventivamente indeterminati nel numero, nell’importo e nella persona del singolo debitore. È proprio questa caratteristica che consente di instaurare un rapporto continuativo tra factor ed impresa. D’altra parte la giurisprudenza ritiene che la cessione del credito di cui al codice civile possa rappresentare una disciplina integrativa del contratto di factoring (Cass., 2 febbraio 2001, n. 1510). Al contrario, la cessione del credito è un accordo episodico tra precedente (cedente) e nuovo creditore (cessionario) per la successione di quest’ultimo nella posizione del precedente, con conseguente trasmissione delle garanzie che assistono il credito. Il perfezionamento della cessione non richiede il consenso del debitore ceduto, mentre è onere della parte più diligente provvedere alla notificazione dell’avvenuta cessione nei suoi confronti.
Il debitore che adempia al cedente dopo la notificazione, l’accettazione della cessione o comunque in malafede, non è liberato dal suo obbligo nei confronti del cessionario, che potrà dunque richiedere un ulteriore adempimento.
La cessione è assistita dalla garanzia, sempre a carico del cedente in ipotesi di cessione a titolo oneroso, dell’esistenza del credito. Nel caso in cui il credito ceduto si riveli inesistente, la cessione non sarà nulla ed il cedente sarà tenuto a corrispondere al cessionario l’ammontare del danno subito.
La garanzia può essere esclusa dalle parti, ma in tal caso il cedente è obbligato al risarcimento se l’inesistenza dipende da fatto proprio. In caso la cessione sia stata effettuata a titolo gratuito, ovvero per spirito di liberalità (donazione indiretta), il cedente è tenuto a garantire l’esistenza del credito quando la garanzia sia stata espressamente pattuita; oppure se il fatto dipende da dolo o fatto personale del cedente; oppure se la cessione può qualificarsi come donazione indiretta sottoposta ad onere o remuneratoria, fino a concorrenza dell’ammontare dell’onere o delle prestazioni ricevute dal cedente.
Il cedente non risponde invece della solvenza del debitore ceduto (cessione pro soluto), salvo che tale garanzia sia stata espressamente assunta (cessione pro solvendo). Per solvenza deve intendersi non il solo puntuale adempimento, ma anche la capienza del patrimonio del debitore in caso di soddisfazione coattiva. Qualora, in presenza della garanzia, il debitore risulti insolvente il cedente sarà tenuto, nei limiti del corrispettivo ricevuto, all’adempimento nei confronti del cessionario, al pagamento degli interessi, al rimborso delle spese che questi abbia sostenuto per la cessione e per l’infruttuosa escussione del debitore, nonché al risarcimento del danno.
Nessun obbligo sussiste a carico del cedente nel caso in cui il cessionario sia stato negligente nelle azioni esecutive verso il debitore ceduto.
Il factoring come contratto di impresa
Il factoring rientra tra i contratti di finanziamento di impresa. Dal nucleo originario, tipicamente contrattuale, l’attività del factor ha assunto essa stessa dimensione d’impresa, finendo per svolgere prestazioni e funzioni economiche accessorie a quelle di finanziamento. Le società di factoring accompagnano la cessione di uno o più crediti mediante l’assunzione di ulteriori servizi in favore delle imprese. Infatti, alla società di factoring vengono trasferite la complessa attività di contabilizzazione, documentazione, gestione e recupero dei crediti comportando una semplificazione della contabilità e dell’amministrazione aziendale; informazione e consulenza di varia natura, con l’impiego dei propri strumenti di ricerca e di elaborazione dei dati che si traduce in una vera e propria forma di collaborazione nella gestione dell’impresa. Questo risultato economico globalmente considerato, costituisce il servizio prodotto dall’attività di impresa del factor (Cass., Sez. Un., 10 gennaio 1992, n. 198).
La l. 21 febbraio 1991, n. 52 ha poi disciplinato la cessione dei crediti di impresa. Attraverso tale contratto una società od impresa commerciale (detta impresa assistita, cedente o fattorizzata o fornitore) cede all’impresa di factoring (detta factor o fattorizzante) la gestione e la riscossione alla scadenza dei crediti che essa vanta nei confronti di terzi in conseguenza della propria attività commerciale.
Il nucleo centrale del contratto è dunque rappresentato dalla cessione globale di crediti dell’impresa attualmente inesigibili, in quanto sottoposti a termine. Da questo punto di vista la giurisprudenza tende a differenziare la disciplina del factoring rispetto a quella della cessione dei crediti di impresa, disapplicando la disciplina legale in alcune ipotesi (si veda in particolare Cass., 18 aprile 2001, n. 5724). Si tratta normalmente di crediti nei confronti della clientela, ovvero sia nei confronti di singoli consumatori, sia verso altri imprenditori. Si deve ricordare che l’originario testo della l. 21 febbraio 1991, n. 52 sulla “cessione dei crediti di impresa” prevedeva all’art. 1, lett. c), che l’attività di factoring fosse attività riservata a imprese che, oltre a possedere determinati requisiti strutturali, fossero iscritte nell’apposito Albo tenuto dalla Banca d’Italia, previsto dal successivo art. 2. Si dubitava tuttavia che tale attività fosse riservata in via esclusiva alle imprese di factoring così come regolate dalla stessa legge, in quanto il comma 2 dell’art. 1 della legge faceva salva <d’applicazione delle norme del codice civile per le cessioni di credito prive dei requisiti di cui al comma 1».
L’art. 161 d.Igs. n. 385 del 1993 (T.U. bancario) ha abrogato l’art. 2 1. n. 52 del 1991 che aveva istituito il suddetto Albo.
Le società di factoring possono e debbono iscriversi nell’Elenco generale ed, eventualmente, in quello speciale soltanto se svolgono, o contemplano nell’oggetto sociale, l’esercizio di un’attività di finanziamento (anticipo dei crediti o comunque di finanziamento collegato a cessione degli stessi); qualora invece si limitino ad un’attività di gestione e di incasso dei crediti alla scadenza l’iscrizione non è richiesta né possibile.
Nel primo caso le stesse dovrebbero considerarsi intermediari che svolgono attività di concessione dei finanziamenti e come tali destinatarie delle disposizioni del t.u. bancario. Il Ministro del Tesoro ha poi provveduto al coordinamento fra gli elenchi, prevedendo il passaggio delle imprese iscritte all’albo previsto dalla normativa previgente negli elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 del Testo Unico del credito.
Quanto alle condizioni per l’iscrizione nell’elenco generale (art. 106) e in quello speciale degli intermediari finanziari (art. 107), si deve rilevare che, una volta stabilito che l’impresa del factor appartiene a questa categoria di soggetti che svolgono un’attività riservata di finanziamento di operatori economici, non resta che ritenere come anche il factor debba possedere i requisiti soggettivi, strutturali e organizzativi previsti dalla legge quali condizioni per detta iscrizione. I requisiti attengono in particolare:
a) alla forma giuridica dell’impresa;
b) alle basi finanziarie della società di factoring,
c) all’oggetto sociale;
d) ai requisiti soggettivi di onorabilità e di professionalità richiesti per i membri degli organi di amministrazione e gestione.
Quanto alla forma giuridica dell’impresa, si rileva che originariamente la l. n. 52 del 1991 aveva riservato l’esercizio dell’attività di cessione e acquisto dei crediti di impresa ai soggetti che fossero strutturati come società o ente, pubblico o privato, avente personalità giuridica. In forza della disciplina del nuovo Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, la forma attualmente richiesta per tutti gli intermediari finanziari, e quindi anche per le società di factoring, è quella della società per azioni, della società a responsabilità limitata o società cooperativa (art. 106, comma 3, lett. a).
L’opinione prevalente ritiene che la mancanza nel factor, al momento della conclusione del contratto, dei requisiti soggettivi previsti dalla legge non infici la validità sia del contratto sia delle singole cessioni di credito che siano state effettuate in esecuzione dello stesso.
La forma e la conclusione del contratto
Il contratto di factoring è a forma libera, ma data la complessità del rapporto che attraverso di esso viene costituito tra factor ed impresa s’impone nella pratica l’adozione della forma scritta.
D’altra parte, in base all’art. 1 l. 17 febbraio 1992, n. 154 (ora rifluito negli artt. 115-120 d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385), in tema di norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, il factor può rientrare tra i soggetti che esercitano professionalmente attività di prestito e di finanziamento.
Perciò, il relativo contratto, in ogni caso, deve essere assoggettato alla disciplina prevista nella legge medesima. In particolare, l’art. 117 d.lgs. n. 385 del 1993 prevede che «i contratti sono redatti per iscritto» e che «nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo».
Il fatto che si tratti di un contratto d’impresa, ovvero di un contratto stipulato tra due imprenditori nell’esercizio della loro attività professionale od imprenditoriale, esclude che ad esso possano applicarsi le norme del Codice del consumo sulle clausole vessatorie nei contratti tra consumatori.
La prassi delle contrattazioni ha poi consentito alle società di factoring di elaborare formulari e condizioni generali di contratto, che vengono sottoposte all’impresa aderente. In caso di conclusione del contratto di factoring attraverso moduli o formulari, ovvero in caso di rinvio a condizioni generali di contratto, risultano applicabili gli artt. 1341-1342 c.c., nei quali si prevede che le condizioni generali di contratto vincolano le parti solo se conosciute o conoscibili e che le clausole vessatorie debbono essere sottoposte a specifica approvazione della parte aderente, ovvero debbono essere separatamente e specificamente sottoscritte dalla stessa, a pena d’inefficacia.
Il contenuto del contratto
Nella prassi contrattuale si riscontra la presenza di un gruppo ricorrente di clausole che denotano il regolamento d’interessi in funzione protettiva delle ragioni del factor e che possono essere così sinteticamente elencate e riassunte.
La clausola di esclusiva
La clausola di esclusiva prevede che l’imprenditore assistito non può affidare ad altri soggetti diversi dal factor prescelto crediti affidati e ammessi alla fattorizzazione. Si tratta di una delle clausole fondamentali dell’accordo. L’obbligo di esclusiva comporta il divieto di allacciare rapporti occasionali o continuativi con altre società. Tale obbligo è fondamentalmente al fine di evitare che possano instaurarsi relazioni preferenziali con i vari factors che comportino distribuzioni non eque, sotto il profilo del rischio, dei crediti oggetto di cessione. Inoltre, tende a eliminare possibilità di confusione e di interferenze nei rapporti amministrativi. Infine, l’esclusiva rappresenta una cautela contro il rischio di eventuali comportamenti dolosi del fornitore, il quale potrebbe maliziosamente cedere più di una volta lo stesso credito.
La clausola di globalità
Mediante tali clausole la fattorizzazione riguarderà tutti i crediti che il fornitore possa vantare nei confronti della clientela, salva la facoltà del fattorizzante di ammetterne alcuni ed escluderne altri in base ad una valutazione dei rischi. Si tratta di una clausola strettamente connessa a quella di esclusiva: infatti il factor non potrebbe accettare in cessione soltanto i crediti ritenuti più rischiosi, lasciando nel portafoglio del cliente quelli più sicuri.
Sotto questo aspetto, la globalità permette quindi di attuare un’adeguata compensazione dei rischi operativi. Tuttavia le applicazioni di questo principio non seguono criteri assoluti, in quanto è possibile indicare soltanto la totalità dei crediti relativi alle vendite di definiti beni o servizi o possono essere esclusi dalla cessione i crediti per i quali l’intervento del factor non è pienamente giustificato o non è tecnicamente realizzabile.
Le clausole di durata o di recesso
Il factoring si pone essenzialmente come contratto di durata.
Nella misura in cui il contratto sia costruito dalle parti come rapporto a tempo indeterminato, viene convenzionalmente disposta una clausola che consenta il recesso di entrambe le parti, con indicazione del termine di preavviso.
Qualora il contratto sia sottoposto a termine finale invece può essere introdotta una specifica disciplina convenzionale del recesso unilaterale.
La clausola di notifica della cessione
In relazione a tale previsione si distingueva tra notification e non notification factoring, a seconda che le parti convenissero o meno l’obbligo di portare a conoscenza di clienti debitori o di terzi l’esistenza ed il contenuto del contratto tra di esse intercorso. Attualmente è del tutto prevalente l’adozione della clausola contenente l’obbligo di notifica o comunicazione, al fine di rendere opponibile, ovvero conoscibile, ai terzi la posizione del factor.
Occorre infatti che il fornitore assistito (cedente o mandante) presti la propria attiva collaborazione per rendere il fattorizzante formalmente legittimato, nei confronti del debitore ceduto, a ricevere il pagamento.
Tuttavia anche il factor può validamente informare il debitore ceduto dell’avvenuta cessione.
Nella prassi italiana, si prevede espressamente nel contratto di cessione l’obbligo del cedente di provvedere a confezionare l’atto da notificare. In particolare è lo stesso factor a predisporre le dichiarazioni di avvenuta cessione in suo favore, dichiarazioni che, sottoscritte dal fornitore cedente, vengono trasmesse al terzo debitore ceduto nelle forme e nei modi opportuni (raccomandata a.r. o notifica a mezzo di ufficiale giudiziario).
In ogni caso il fornitore assistito è tenuto a prestare la sua collaborazione alla preparazione della comunicazione al debitore interessato, in particolare alla sua sottoscrizione. Il medesimo risultato pratico può essere conseguito conferendo al factor un mandato all’incasso degli importi fatturati.
L’art. 51. n. 52 del 1991 ha tuttavia individuato, quale momento determinante ai fini degli effetti della cessione nei confronti dei determinati terzi (aventi causa dal cedente, creditori pignoranti del ceduto, fallimento del cedente), la data del pagamento da parte del factor del corrispettivo della cessione. Rimane invece fermo l’onere di comunicazione nei confronti del debitore ceduto.
Le clausole di garanzie
Poiché il factor assume normalmente su di sé il rischio dell’insolvenza del debitore ceduto, realizzandosi in suo favore delle cessioni cosiddette pro soluto (“per pagato”), grava sull’impresa assistita l’obbligo di garantire la sola esistenza del credito e la possibilità da parte sua di disporne validamente verso terzi, ovvero verso il factor.
La clausola mira invero a tutelare la società di factoring da possibili abusi, consistenti nella cessione di crediti inesistenti o di crediti suscettibili di essere paralizzati a semplice eccezione del debitore (ad esempio per compensazione di un credito della società cedente con il debito del terzo ceduto ai sensi degli artt. 1241-1252 c.c.).
Clausole di anticipazione
Il compenso del factor ed il rimborso delle spese viene da questi percepito al momento della scadenza del credito ceduto (nelle ipotesi meno frequenti di non assunzione del rischio dell’insolvenza del debitore, cosiddetta cessione pro solvendo – da pagarsi al momento dell’effettivo pagamento da parte del debitore), in termini di differenza tra quanto anticipato alla società fattorizzata, quanto riscosso dal debitore e quanto eventualmente ulteriormente dovuto alla società. La clausola che prevede la possibilità o l’obbligo per il factor di effettuare anticipazioni alla società assistita, eventualmente in misura percentuale rispetto al valore nominale del credito, obbedisce quindi all’interesse della società assistita ad un finanziamento.
Le clausole di responsabilità del factor
Come si è già detto, di norma la funzione latamente assicurativa dell’operazione di factoring comporta l’assunzione del rischio dell’insolvenza del debitore da parte del factor. L’art. 4 1. 21 febbraio 1991, n. 52 («Il cedente garantisce, nei limiti del corrispettivo pattuito, la solvenza del debitore, salvo che il cessionario rinunci, in tutto o in parte, alla garanzia») ha previsto che la garanzia per l’insolvenza del debitore ceduto – che nella cessione del credito codicistica opera solo se prevista (art. 1267 c.c.) -, non operi solo ove sia espressamente esclusa dalle parti. Tale clausola è dunque essenziale per valutare se tale garanzia gravi sul factor o sulla società fattorizzata.
Divieto di praticare sconti
Con tale previsione si intende evitare che il debitore ceduto possa opporre una decurtazione del debito per uno sconto praticato dall’imprenditore. In altri termini, l’imprenditore assistito deve astenersi dal compimento di qualsiasi attività che possa vanificare il diritto di credito del fattorizzante.
In tal senso il fornitore non può accettare abbuoni, riduzioni di prezzo, concedere dilazioni di pagamento, procedere a transazioni o accettare la restituzione delle merci fornite.
Il contenuto legale del contratto
Accanto a questo gruppo di clausole di origine pattizia, bisogna inoltre considerare che le previsioni contrattuali debbono essere integrate dagli specifici obblighi previsti dalla normativa speciale bancaria. Occorre ricordare che, a completamento e per l’interpretazione della materia, il Ministro del Tesoro e la Banca d’Italia hanno provveduto ad emanare regolamenti e istruzioni, con le quali è stato confermato l’obbligo delle società di factoring di indicare nei contratti il tasso di interesse praticato a fronte dei finanziamenti erogati, nonché ogni altra componente di corrispettivo del servizio.
La Banca d’Italia ha inoltre predisposto uno schema di avviso sintetico con riguardo alle operazioni di factoring, suddiviso in tre parti: una prima, intitolata “partecipazioni e finanziamenti”, riporta la misura del tasso massimo applicabile agli interessi di mora e della commissione di massimo scoperto; una seconda parte, intitolata “altre condizioni praticate” contiene voci riferite alle spese di istruttoria, di tenuta di conto, di valutazione debitori, per incasso effetti e altri documenti, per insoluti, alle valute applicate agli incassi e agli accrediti, alle commissioni di gestione, alle commissioni e spese; una terza parte attiene alle “spese di invio delle comunicazioni”.
Gli obblighi delle parti
Gli obblighi del fornitore
Il contratto di factoring impone al fornitore l’obbligo di offrire in cessione o di cedere tutti i crediti commerciali la cui fonte risiede nell’esecuzione delle forniture. Nel caso di mancata esecuzione dell’obbligazione del fornitore di proporre cessione dei propri crediti al factor, si discute sulla possibilità che avrebbe quest’ultimo di ottenere una sentenza cosiddetta costitutiva, che, ai sensi dell’art. 2932 c.c., sostituisca al mancato consenso del fornitore alla cessione la pronuncia giudiziale.
Dalle dausole sopra riportate emerge poi che l’obbligo di proporre la cessione non è incondizionato ma deve essere eseguito in modo tale da porre il fattorizzante nella condizione di accettare o meno la cessione riferita a un determinato terzo debitore. Si deve tenere in considerazione che nel contratto di factoring, il debitore ceduto può opporre al factor non solo le eccezioni attinenti alla fonte negoziale del credito, ma anche quelle relative a fatti posteriori alla nascita del rapporto obbligatorio, di cui il ceduto al momento della cessione non abbia avuto conoscenza (Cass., 28 luglio 2004, n. 14225). In particolare si è ritenuto opponibile al factor la risoluzione per inadempimento a norma dell’art. 1662 c.c. avente efficacia ex tunc (Cass., 17 gennaio 2001, n. 575). Infine, il debitore ceduto non ha alcun obbligo di informazione nei confronti del factor. Laddove l’affidamento riposto dal factor nell’acquistare i crediti e nel corrispondere anticipazioni al cedente si fondi unicamente sulle dichiarazioni del debitore ceduto in ordine alla concreta esistenza ed esigibilità dei crediti oggetto di cessione, in assenza di tali dichiarazioni il factor non può pretendere il risarcimento del danno dal debitore ceduto che non l’abbia spontaneamente avvertito del sopravvenire di circostanze ostative alla realizzazione dei crediti ceduti (Cass., 15 giugno 1999, n. 5947).
A tale scopo, dalla stipulazione del contratto sorgono, in capo al fornitore, anzitutto una serie di obblighi di comportamento quali, per esempio, quello della comunicazione al factor delle notizie circa la solvibilità dei debitori ceduti e le vicende relative alla loro attività economica, nonché l’obbligo di consegnare al factor la documentazione costituente prova del credito e degli eventuali diritti di garanzia a tutela dello stesso.
In secondo luogo, al factor è riconosciuta la facoltà di determinare, per ogni nominativo di cliente del fornitore assistito (attuale o potenziale che sia), il cosiddetto margine di approvazione del credito, che consiste nella percentuale o nell’ammontare del credito regolato come cessione pro soluto, senza quindi possibilità di rivalsa (nella terminologia inglese “without recourse”).
Tale complesso di doveri informativi fanno emergere la funzione lata-mente assicurativa del factoring. Tale funzione è assolta in particolare mediante le sopra ricordate clausole della globalità e dell’esclusività, il cui mancato rispetto da parte del fornitore lo costituirà responsabile per inadempimento, con conseguente obbligo al risarcimento del danno.
In presenza di una clausola di recesso o della clausola risolutiva espressa, si possono inoltre produrre conseguenze che incidono sulla vicenda contrattuale. In assenza di un’esplicita previsione, opera invece la risoluzione giudiziale per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c., sempre che l’inadempimento del fornitore assistito abbia le caratteristiche di importanza e gravità previste dall’art. 1455 c.c. Resta fermo in ogni caso il diritto del factor al risarcimento del danno eventualmente patito, che sarà costituito dalle spese sostenute e dal pregiudizio sofferto per mancato utilizzo delle proprie liquidità.
È poi interesse del factor all’adempimento di tali obblighi cautelarsi mediante la predisposizione di clausole che gli conferiscono il potere di effettuare controlli sull’azienda e sulle scritture contabili del fornitore.
A questi si aggiunge una serie di obblighi ulteriori che normalmente il fornitore assume, quali quello di collaborazione, comunicazione e informazione, invio di documenti, riservatezza, obblighi cui corrispondono, sovente, altri obblighi in capo al factor, quali ad esempio, quelli di fornire assistenza, consulenza, informazioni commerciali e altri servizi ausiliari a favore del cliente.
Si tratta di una serie di obblighi che, pur essendo sempre orientati alla tutela della posizione creditoria del factor, sono caratterizzati dal fatto di essere relativi alla conservazione delle garanzie e dei privilegi che accedono ai crediti fattorizzati. Si collocano in questo ambito l’obbligo di consegna dei documenti inerenti alle garanzie che assistono i crediti ceduti e l’obbligo di mettere a disposizione del fattorizzante le merci restituite dai clienti.
Con riguardo al primo aspetto, si tratta dell’adempimento di un obbligo scaturente dal trasferimento al factor di tutti gli accessori del credito ceduto, in conformità con la norma dell’art. 1263 c.c. Grava quindi sul fornitore il dovere di consegnare al factor tutta la documentazione necessaria per l’esazione del credito fattorizzato, in armonia con l’art. 1262 c.c.
Con riguardo al pagamento del debitore, può accadere che questi provveda a pagare nelle mani del fornitore. Nel caso concreto tale attività soluto-ria può avere effetto liberatorio per il debitore adempiente, cosiddetto solvens, soltanto in caso di mancata comunicazione o accettazione dell’avvenuta cessione, ai sensi dell’art. 1264 c.c. In ogni caso, a prescindere dal verificarsi in tale ipotesi di un inadempimento all’obbligo di comunicazione gravante sull’imprenditore in favore del factor, è dovere del fornitore (accipiens) di trasmettere al vero destinatario del pagamento quanto da lui ricevuto.
Gli obblighi del factor
Non sussiste alcun obbligo del factor di effettuare anticipazioni in favore del cedente, se non espressamente pattuite. Se l’attività del factor si riduce ad una forma di delegazione dell’attività di riscossione, sussiste evidentemente l’obbligo del factor di versare al cedente, salvo trattenuta del compenso spettante per il servizio di gestione del credito e per le spese sostenute, quanto riscosso dal debitore. Laddove si persegua la finalità di finanziamento e di assicurazione del credito, l’obbligo di pagamento del corrispettivo è assolto con il pagamento anticipato del valore nominale scontato dei crediti ceduti.
Ancora prima, il fornitore ha interesse alla tempestiva conoscenza del trattamento praticato dal fattorizzante per ogni cliente relativamente al quale il rapporto di fornitura sia già instaurato o possa instaurarsi.
Il produttore di beni o di servizi, prima di costituire un rapporto di fornitura con un determinato cliente, spesso si preoccupa proprio di conoscere se i crediti commerciali che ne derivano possano essere approvati dal factor.
Ciò è funzionale a conoscere e stimare costantemente la liquidità favorita dall’utilizzo di strumenti finanziari aventi per oggetto le attività correnti, quali i crediti commerciali. Del resto, si è detto che il factoring rappresenta per il fornitore un mezzo per razionalizzare la struttura finanziaria dell’impresa.
Nel caso in cui la richiesta (da parte del fornitore assistito) di approvazione del credito sia effettuata prima che venga allacciato il rapporto di fornitura nei confronti di un determinato cliente, il factor deve provvedere tempestivamente a comunicare la propria disponibilità a rendersi cessionario pro solido o pro so/vendo, e ciò al fine di realizzare l’interesse dell’impresa assistita a conoscere le conseguenze sull’assetto alla propria organizzazione produttiva e commerciale (Trib. Milano, 6 dicembre 1982).
La mancata o ritardata risposta lede questo interesse ed integra inadempimento dell’obbligazione di collaborazione e di assistenza gestionale e finanziaria assunta dal factor con la conclusione del contratto di factoring.
Si è sopra visto che mentre il fornitore è obbligato ad offrire al factor la cessione dei crediti, il factor non è obbligato ad acquistare i crediti offertigli. Di norma, il factor si riserva contrattualmente il diritto di decidere discrezionalmente al riguardo. Alla stregua dei principi generali in tema di adempimento delle obbligazioni di esecuzione dei contratti tuttavia, l’esercizio di tale facoltà non può essere effettuato in contrasto con il criterio di buona fede e di correttezza nei rapporti tra creditore e debitore (artt. 1175 c.c.), così che, qualora il factor sistematicamente e senza ragionevole motivo rifiuti i crediti offertigli dal fornitore, impedendogli di soddisfare le esigenze di liquidità, sarà tenuto al risarcimento del danno da inadempimento.
Ciò vale in via generale per tutti i poteri che vengono riconosciuti al fattorizzante per la realizzazione del suo interesse creditorio, anche perché il loro esercizio interessano anche il fornitore. A protezione di questo interesse stanno quelle clausole contrattuali che sottolineano l’obbligo di diligenza cui è tenuto il factor nella gestione del rapporto con i terzi debitori affidatigli (per cessione o per mandato all’incasso), e che implicano pertanto il dovere di collaborazione improntato al criterio generale di buona fede.
Per altro verso, poiché, come emerge anche dall’art. 4 l. n. 52 del 1991, è ammessa la possibilità di rivalsa del factor cessionario nei confronti del proprio cedente, si dovrà pretendere che l’intervento del fattorizzante avvenga in termini tali da non pregiudicare eventuali iniziative di recupero del credito da parte dell’originario creditore.
Modello Contratto di Factoring
Di seguito è possibile trovare un fac simile contratto di factoring in formato Doc da scaricare e da utilizzare come esempio. La bozza di contratto di factoring può essere modificata inserendo i dati delle parti e gli altri elementi contrattuali mancanti, per poi essere convertita in formato PDF o stampata.