In questa guida spieghiamo quali sono le caratteristiche del contratto di transazione e mettiamo a disposizione un fac simile di transazione da scaricare.
Caratteristiche dell’Atto di Transazione
Il codice civile definisce la transazione come il negozio con il quale le parti facendosi reciproche concessioni pongono fine ad una lite già iniziata o prevengono una lite che può sorgere fra loro (art. 1965 c.c.). La transazione è un contratto consensuale a titolo oneroso e prestazioni corrispettive. Non può essere stipulata per diritti sottratti alla disponibilità delle parti e diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili di leggi o di contratti collettivi.
Aspetto qualificante del contratto in oggetto sono le reciproche concessioni che le parti si fanno e la corrispettività dei sacrifici va riferita alle iniziali pretese dei contraenti ossia le situazioni giuridiche vantate dalle parti a prescindere dal loro fondamento. Altro aspetto rilevante è dato dall’incertezza delle situazioni il c.d. stato di incertezza, che assume importanza anche se solo soggettivo. La dottrina, al contrario della giurisprudenza che parla di res dubia, non ritiene che lo stato di incertezza sia un elemento essenziale della transazione.
La giurisprudenza ha affermato che al fine di ritenere una transazione validamente perfezionata è necessario, da un lato, che essa abbia a oggetto una res dubia (e, cioè, che cada su un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti, carattere di incertezza) e, dall’altro, che, nell’intento di far cessare la situazione di dubbio venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano delle concessioni reciproche; l’oggetto della transazione, peraltro, non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazione delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o può dar luogo, e che le parti stesse intendono eliminare mediante reciproche concessioni, che possono consistere anche in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese, in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un quid medium tra le prospettazioni iniziali (Cass., Sez. lav., 7 settembre 2005, n. 17817).
La transazione è atto negoziale con il quale le parti pongono fine ad una vicenda giudiziaria facendosi concessioni reciproche (e, dunque, prescindendo dall’affermazione o dalla negazione di qualunque reciproca responsabilità), e non ha, pertanto, alcuna natura di confessione stragiudiziale, dannosa per gli eventuali condebitori. Da tale natura “neutra” dell’atto di transazione rispetto al punto della questione controverso la legge fa discendere, in via ordinaria, la mancanza di effetti nei confronti dei soggetti che ad essa non abbiano partecipato, salvo che, avendone titolo in qualità di condebitori, essi non chiedano di profittarne.
È consentita anche una transazione limitata ad alcune parti della lite.
Mediante le reciproche concessioni le parti modificano in tutto o in parte le proprie pretese con la conseguenza che la reciprocità non è detto che comporti un equilibrio tra le concessioni stesse.
Le reciproche concessioni alle quali fa riferimento l’art. 1965, comma 1, c.c., possono riguardare anche liti future non ancora instaurate ed eventuali danni non ancora manifestatisi, purché questi ultimi siano ragionevolmente prevedibili; di contro, non potranno ritenersi compresi nella transazione i danni non ancora venuti ad esistenza al momento del perfezionamento dell’accordo transattivo e dei quali, come nel caso in esame, non si avevano elementi per ritenere, secondo una ragionevole previsione, che si sarebbero potuti verificare.
In tema di transazione, le reciproche concessioni alle quali fa riferimento l’art. 1965 c.c., comma 1, possono riguardare anche liti future non ancora instaurate ed eventuali danni non ancora manifestatisi, purché questi ultimi siano ragionevolmente prevedibili; relativo accertamento è riservato all’apprezzamento del giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione logica e completa (Cass., Sez. III, 10 giugno 2005, n. 12320).
Ai fini della esistenza della transazione non è necessario che, nell’atto che la consacra, le parti enuncino le rispettive tesi contrapposte, né che delle reciproche concessioni sia fatta una precisa e dettagliata indicazione, essendo, invece, sufficiente che il complesso dei diritti abdicati dall’uno o dall’altro contraente possa desumersi sinteticamente, sebbene con certezza e per via logica di consequenzialità, dal nuovo regolamento degli interessi (Cass., Sez. III, 21 settembre 2005, n. 18616).
Il riconoscimento di un fatto in sé sfavorevole e favorevole all’altra parte non ha natura confessoria, per mancanza di animus confitendi, ove costituisca l’oggetto di una delle reciproche concessioni di un contratto di transazione (App. Bologna, 6 luglio 2004).
Oggetto
La transazione può avere ad oggetto solo diritti disponibili delle parti. Secondo la dottrina prevalente la transazione ha carattere dispositivo o costitutivo con la conseguenza che potrebbe avere anche una funzione traslativa.
La transazione può essere generale in quanto le parti fanno riferimento a tutti gli affari che possono intercorrere fra loro (art. 1975, comma 2, c.c.), volendo chiudere ogni contestazione sui propri reciproci rapporti determinando il sorgere di una situazione nuova. Non occorre che le reciproche concessioni riguardino ogni singolo rapporto, potendo una delle parti sacrificare la propria intera posizione a fronte del sacrificio dell’altra parte con riferimento ad un solo determinato rapporto contestato.
La transazione speciale attiene ad un affare determinato con un effetto preclusivo con esclusivo riferimento ad esso (art. 1975, comma 2, c.c.).
Si ha transazione mista quando mediante le reciproche concessioni si incide su un rapporto giuridico diverso da quello oggetto di contestazione (art. 1965, comma 2, c.c.), in quanto le reciproche concessioni coinvolgono rapporti estranei alla lite.
Transazione novativa
La transazione si definisce novativa quando la situazione giuridica pregressa viene interamente sostituita (art. 1965, comma 2, c.c.).
In tale ipotesi non è detto che si verifichi l’estinzione del rapporto e l’animus novandi deve risultare dalla convenzione transattiva in modo non equivoco, anche se desumibile implicitamente da fatti concludenti. L’efficacia novativa non è esclusa da una oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello nascente dall’accordo transattivo.
Anche se la transazione non ha di regola effetto novativo (salvo che ricorrano i presupposti di cui all’art. 1230 c.c., nel qual caso l’originaria obbligazione si estingue con la sua stipulazione), la sopravvivenza del rapporto negoziale transatto significa non già che la posizione delle parti sia regolata contemporaneamente dall’accordo originario e da quello transattivo, bensì soltanto che l’eventuale venir meno di quest’ultimo fa rivivere l’accordo originario. Ne consegue che colui che abbia stipulato una transazione, accettando in luogo dei canoni di locazione e della corresponsione dell’indennizzo da avviamento la fornitura di infissi per un determinato valore, non può, avvenuto l’adempimento solo parziale della fornitura, chiedere la condanna dell’inadempiente al pagamento della somma corrispondente alla parte inadempiuta. Tale domanda è inammissibile giacché la scelta imposta è tra l’adempimento dell’obbligazione transattiva e la domanda di risoluzione del nuovo accordo (comportante la restituzione della parte ricevuta), la quale ultima, facendo rivivere l’obbligazione originaria, permette la domanda di condanna al pagamento della somma in forza di essa spettante.
Deve essere qualificata novativa la transazione che determina l’estinzione del precedente rapporto e ad esso si sostituisce integralmente, di modo che si verifichi una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello dell’accordo transattivo, con la conseguente insorgenza dall’atto di un’obbligazione oggettivamente diversa dalla precedente. È qualificabile, invece, come transazione semplice o conservativa l’accordo con il quale le parti si limitano ad apportare modifiche solo quantitative ad una situazione già in atto e a regolare il preesistente rapporto mediante reciproche concessioni, consistenti (anche) in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un quid medium tra le prospettazioni iniziali. Il relativo accertamento, circa la ricorrenza dell’una o dell’altra ipotesi di transazione, integrando un apprezzamento di fatto, è come tale riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso e confermato l’impugnata sentenza, rilevando che il giudice di merito si era attenuto ai riportati criteri distintivi, ravvisando correttamente, in ordine alla natura del credito oggetto del contratto, il carattere novativo della transazione intercorsa tra una società assicuratrice e il ricorrente, in considerazione dello specifico accordo che contemplava l’attribuzione di una rendita vitalizia stabilita con connotati quantitativi e normativi diversi dal trattamento che sarebbe spettato per i contributi previdenziali omessi).
Deve essere qualificata novativa la transazione che determina l’estinzione del precedente rapporto sostituendosi ad esso integralmente, di modo che si verifichi una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e l’accordo transattivo, mentre costituisce transazione semplice l’accordo con il quale le parti si limitano a regolare il preesistente rapporto mediante reciproche concessioni.
La transazione può avere efficacia novativa quando risulti una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello avente causa nell’accordo transattivo, di guisa che dall’atto sorga un’obbligazione oggettivamente diversa da quella preesistente. In tal caso l’accertamento dell’anima: novandi costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se sonetto da adeguata e corretta motivazione.
Termini e condizioni
A parere della giurisprudenza la transazione come ogni altro negozio può essere sottoposta a condizione risolutiva o sospensiva e può essere apposto un termine iniziale ma non un termine finale, in quanto in tale ultimo caso verrebbero meno proprio quegli effetti caratteristici della transazione ossia di porre fine in modo definitivo ad una lite potenziale o presente.
L’efficacia della transazione, al pari di quella di ogni altro contratto, può essere subordinata, oltre che a determinate condizioni espresse, anche al verificarsi o al permanere — quale evento di carattere obiettivo indipendente dalla volontà delle parti — di una situazione di fatto non espressa e esterna ai contraenti, ma da questi tenuta presente nella formazione della volontà negoziale. L’accertamento (positivo o negativo) di tale condizione non espressa (c.d. presupposizione) deve essere particolarmente rigoroso riguardo alla transazione, in considerazione della sua finalizzazione, mediante reciproche concessioni, alla composizione di una lite in atto o alla prevenzione di una lite potenziale (App. Torino, 6 marzo 2003).
Figure affini
La situazione di incertezza può essere eliminata anche con un negozio di accertamento mediante il quale le parti accertano una situazione giuridica preesistente al fine di eliminare lo stato di incertezza circa il proprio ambito ed i propri effetti. Tale fattispecie non trova unanime riconoscimento in quanto l’orientamento contrario ritiene che solo il giudice detiene il potere accertativo. La posizione dominante afferma che non è escluso che l’autonomia privata possa vincolarsi ad un proprio accertamento circa il rapporto tra le stesse messo i discussione.
Nel contenuto complessivo di una proposta transattiva o di una transazione può distinguersi anche un momento accertativo della situazione di fatto preesistente, e in tal caso le relative dichiarazioni di scienza hanno valore confessorio, a condizione, tuttavia, che esse abbiano per oggetto la ricognizione di situazioni fattuali o di situazioni giuridiche considerate, però, sub specie fatti (quali un preesistente negozio, un contratto, una promessa ecc.), e non già valutazioni giuridiche.
La transazione può avere funzione traslativa soltanto con riguardo a rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti, essendo inconcepibile il trasferimento (tra le parti in lite), mediante transazione, di un diritto la cui appartenenza sia incerta perché oggetto di contestazione; a tale incertezza, peraltro, può porsi fine non solo mediante negozio transattivo, caratterizzato dalla presenza di reciproche concessioni tra le parti, ma anche mediante mero negozio di accertamento.
Forma
In tema di transazione — tenuto conto che la forma scritta è richiesta soltanto quando la stessa abbia ad oggetto controversie relative a rapporti giuridici concernenti beni immobili, diritti reali immobiliari e rapporti assimilati — la esistenza del mandato a transigere e della ratifica di transazioni aventi ad oggetto controversie relative a rapporti obbligatori, per i quali non è richiesta la forma scritta, può essere desunta da elementi presuntivi e, per quanto riguarda la ratifica, anche da fatti concludenti, quali il comportamento del dominus negotii, che dimostri la approvazione dell’operato di chi abbia agito in suo nome pur in difetto di poteri rappresentativi.
La transazione deve essere provata per iscritto (art. 1967 c.c.); pertanto tutti gli elementi costitutivi del negozio transattivo debbono risultare dal documento, non essendo possibile ricorrere, neppure a fini integrativi, alla prova per testimoni o per presunzioni.
Poiché la transazione richiede la forma scritta solo ad probationem (salvo quando riguardi uno dei rapporti di cui all’art. 1350, n. 12, c.c.) qualora siano pacifici tra le parti la stipula di una transazione e il suo contenuto, il giudice deve tenerne conto ai fini della decisione a nulla rilevando la mancata produzione di un atto sottoscritto dai contraenti idoneo a documentare la conclusione dell’accordo (Cass., Sez. III, 12 dicembre 2003, n. 19052).
In tema di transazione, allorché una delle parti del negozio transattivo produca in giudizio la prova scritta della transazione, a mente dell’art. 1967 c.c., l’altra parte, nell’eccepire che la relativa proposta scritta sia stata, in realtà, tacitamente revocata per comportamento incompatibile prima che la corrispondente accettazione scritta giungesse a sua conoscenza, deve fornire la prova sia della data in cui la proposta venne effettuata, sia di quella in cui ebbe a verificarsi il comportamento asseritamente incompatibile, perché solo la posteriorità di quest’ultimo consente di valutarlo ai fini della revoca della proposta (Cass., Sez. III, 4 maggio 2005, n. 9282).
Obbligazioni delle parti
Capacità di transigere
Posseggono tale capacità le persone fisiche che abbiano la capacità di agire, le persone giuridiche ed i minori qualora la legge attribuisca loro una speciale capacità di agire con riferimento ad una specifica materia (art. 1966 c.c.).
Il comma 1 dell’art. 1966 c.c. fa riferimento alla capacità a transigere, ossia la capacità di agire che presuppone la capacità di disporre dei diritti.
La capacità a transigere cui fa riferimento l’art. 1966 c.c., quale aspetto della capacità di agire, postula nel caso di transazione avente ad oggetto la determinazione dei confini tra due fondi, la proprietà del bene salvo il caso di rappresentanza, sicché è nulla, per mancanza di causa (artt. 1325, 1418 c.c.) la transazione stipulata da un soggetto che, non essendo proprietario o suo rappresentante, sia carente della capacità di disporre dei diritti ottetto della lite e così di porre fine alla stessa mediante reciproche concessioni.
Poiché la capacità a transigere presuppone la capacità di disporre del diritto, la transazione relativa alla proprietà di un bene conclusa da un soggetto estraneo e diverso dal proprietario è affetta da nullità (Cass., Sez. III, 5 luglio 1993, n. 7319).
L’assenza della capacità di disporre del diritto, intesa quale competenza del soggetto ad ottenere o risentire gli effetti giuridici del regolamento di interessi realizzati, determina la nullità della transazione (Cass., Sez. III, 30 gennaio 1990, n. 635).
Risoluzione
Colui il quale si sia indotto a stipulare una transazione, fidando sull’adempimento della obbligazione assunta dall’altro transigente, e rimasta per contro inadempiuta, può domandare la risoluzione della transazione per inadempimento, ex art. 1453 c.c., ma non l’annullamento per dolo determinante, se non dimostra che la promessa rimasta inadempiuta fu callidamente compiuta al solo fine di indurre l’altra parte a transigere (Trib. Nola, 14 marzo 2005).
Nell’ipotesi in cui un rapporto venga fatto oggetto di una transazione e questa non abbia carattere novativo, la cosiddetta mancata estinzione del rapporto originario discendente da quel carattere della transazione significa non già che la posizione delle parti sia regolata contemporaneamente dall’accordo originario e da quello transattivo, bensì soltanto che l’eventuale venir meno di quest’ultimo fa rivivere l’accordo originario, al contrario di quanto invece accade qualora le parti espressamente od oggettivamente abbiano stipulato un accordo transattivo novativo, cioè implicante il venir meno in via definitiva dell’accordo originario, nel qual caso l’art. 1976 c.c. sancisce, con evidente coerenza rispetto allo scopo perseguito dalle parti, risolubilità della transazione (salvo che il diritto alla risoluzione sia stato espressamente pattuito). Ne consegue che, allorquando venga chiesta da una delle parti la risoluzione per inadempimento di una transazione non novativa, correttamente il giudice di merito esamina esclusivamente la posizione di adempienza o meno delle parti in relazione alla sola transazione e non anche all’accordo originario (Cass., Sez. III, 26 gennaio 2006, n. 1690).
La risoluzione della transazione avente carattere non novativo intervenuta tra il danneggiato in un incidente stradale e l’impresa assicuratrice successivamente assoggettata a liquidazione coatta amministrativa fa rivivere l’originaria situazione nella quale le parti si trovavano antecedentemente alla conclusione della risoluzione e, dunque, rende applicabile la disciplina della I. n. 990 del 1969. Conseguentemente è proponibile la domanda formulata dal danneggiato al di fuori della procedura di accertamento dei crediti nella liquidazione coatta amministrativa per ottenere la risoluzione della transazione.
Annullabilità
-Errore di diritto
L’art. 1969 c.c. sancisce che la transazione può essere annullata per errore di diritto relativo alle questioni che sono state oggetto della controversia. Dottrina e giurisprudenza ritengono che la norma vada estesa anche all’errore di fatto. Se tale errore ricade, invece, su una questione estranea all’oggetto della lite transatta, rende impugnabile la transazione.
La massima successiva, anch’essa frutto di elaborazioni giurisprudenziali consolidate della Corte, estende all’errore di fatto quanto normativamente previsto dall’art. 1969 c.c. per l’errore di diritto. Dato che, in quanto contratto, la transazione soggiace alla disciplina generale sull’errore di cui agli artt. 1428 ss., salvo quanto disposto dalla disciplina speciale (artt. 1969, 1972, 1973, comma 2, 1974, 1975, comma 2), il Supremo Collegio giustifica l’estensione suddetta in virtù della funzione stessa della transazione, che verrebbe meno se potesse farsi valere l’errore di fatto, poiché la transazione «attua il superamento della lite prescindendo dalla consistenza della precedente situazione controversa». La Corte precisa poi che se, invece, l’errore di fatto o di diritto ricade su un caput non controversum, esso rende impugnabile la transazione (i precedenti che la Cassazione richiama a sostegno di quanto affermato sono: Cass., 9 dicembre 1996, n. 10937; Cass., 9 agosto 1969, n. 2973; Cass., 28 dicembre 1967, n. 3024; Cass., 16 marzo 1981, n. 1465; nella giurisprudenza di merito si segnala Trib. Napoli, 4 gennaio 1994).
-Causa di lesione
Perché la transazione sia valida non è richiesta l’equivalenza economica delle reciproche concessioni, essendo tale valutazione rimessa esclusivamente alla valutazione delle parti transigenti.
Sulla base della espressa previsione legale di cui all’art. 1970 c.c. il contratto di transazione non può essere impugnato a causa di lesione. La ragione dell’espresso divieto legislativo sta nella stessa causa del negozio, la cui funzione è quella di pervenire ad una composizione della lite già insorta o prossima ad insorgere sulla base di reciproche rinunce, e non già di assicurare la equivalenza tra le opposte prestazioni. Ne deriva che, laddove fosse consentito l’accertamento delle originarie pretese vantate dalle parti si sarebbe contestualmente inciso sulla loro autonomia, limitandola in maniera inammissibile.
Le trattative per la bonaria composizione di una vertenza, non avendo quale precipuo presupposto l’ammissione totale o parziale della pretesa avversaria e non rappresentando, quindi, riconoscimento del diritto altrui ai sensi dell’art. 2944 c.c., non hanno efficacia interruttiva della prescrizione, né possono importare rinuncia tacita a far valere la stessa, perché non costituiscono fatti incompatibili in maniera assoluta — senza cioè possibilità alcuna di diversa interpretazione — con la volontà di avvalersi della causa estintiva dell’altrui diritto, come richiesto dall’art. 2937, comma 3, c.c., a meno che dal comportamento di una delle parti risulti il riconoscimento del contrapposto diritto di credito e si accerti che la transazione è mancata solo per questioni attinenti alla liquidazione del credito e non anche all’esistenza di tale diritto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata rilevandone l’adeguatezza della motivazione con cui era stato escluso che sia nell’invito alla parte a sottoporsi a visita medica, sia nelle successive trattative per la determinazione del danno si fosse potuta riscontrare la ricognizione della pretesa risarcitoria dedotta dalla parte ricorrente).
Nell’ipotesi in cui un rapporto venga fatto oggetto di una transazione e questa non abbia carattere novativo, la mancata estinzione del rapporto originario discendente da quel carattere della transazione significa non già che la posizione delle parti sia regolata contemporaneamente dall’accordo originano e da quello transattivo, bensì soltanto che l’eventuale venir meno di quest’ultimo fa rivivere l’accordo originario, al contrario di quanto, invece, accade qualora le parti espressamente od oggettivamente abbiano stipulato un accordo transattivo novativo, nel qual caso l’art. 1976 c.c. sancisce l’irrisolubilità della transazione (Cass., Sez. III, 16 novembre 2006, n. 24377).
Fermo restando l’obbligo dei contraenti, nel dare esecuzione all’accordo raggiunto, di non incorrere in violazioni di legge, può essere sollevata l’eccezione di nullità per contrasto della transazione con le norme imperative: la scrittura in sé può non presentare aspetti di illegittimità, ma possono presentarla determinate condotte che una parte prospetta come effetti necessari dell’accordo, e che andranno invece — ove contrarie a norme di legge — evitate, nell’ambito di un rapporto di buona fede e di collaborazione fra le parti (cfr. art. 1375 c.c.).
-Lite temeraria
Si tratta di una ipotesi di annullabilità della transazione, nel caso in cui la parte è cosciente della temerarietà della pretesa e l’altra intende impugnare il contratto (art. 1971 c.c.). Occorre che la pretesa sia assolutamente ed obiettivamente infondata, in quanto verrebbe meno lo stato di incertezza che costituisce un presupposto della transazione stessa. Non si ritiene neanche che sia sufficiente la colpa grave occorrendo, invece, il dolo come intento specifico e la consapevolezza in una delle parti della temerarietà della propria pretesa.
Fuori delle ipotesi previste negli ara. 1971 e 1975 c.c. (transazione su pretesa temeraria o su titolo nullo), non è causa di annullamento della transazione la circostanza che la situazione di fatto, origine delle pretese contrapposte, fosse diversa da quella ritenuta da una delle parti transigenti, e tale che se questa ne avesse avuto esatta conoscenza non avrebbe concluso l’accordo transattivo.
-Titolo nullo
La disposizione contenuta nell’art. 1972 c.c. si applica solo in caso di transazione novativa e l’annullabilità può essere fatta valere solo da chi ignorava le cause di nullità del titolo.
La transazione relativa ad un titolo nullo si converte esclusivamente in un motivo di annullamento della transazione, ai sensi dell’art. 1972, comma 2, c.c., e non già di nullità della stessa, posto che quest’ultima fattispecie ricorre solo nel caso di transazione basata su di un titolo illecito ex art. 1972, comma 1, c.c.; ne deriva che, essendo la suddetta transazione al massimo annullabile, tale vizio non può essere sollevato in via d’eccezione, trattandosi di eccezione non rilevabile d’ufficio. Mentre, ai sensi dell’art. 1972, comma 2, c.c., la transazione fatta relativamente ad un titolo nullo è annullabile e la relativa richiesta è rimessa esclusivamente alla parte che ignorava la causa di nullità del titolo, la nullità o l’inesistenza, o comunque l’esaurimento del preesistente titolo rimasto invece incontroverso e fuori della transazione (cosiddetta transazione “non novativa”), invece determinano, indipendentemente da ogni impugnativa, automaticamente l’inutilità della transazione (Cass., Sez. I, 10 luglio 1998, n. 6703).
-Falsità e scoperta di documenti
A norma dell’art. 1975 c.c., i documenti ignoti al tempo della transazione e scoperti successivamente non hanno influenza, salvo il solo caso di occultamento, quando la transazione sia stata “generale”, cioè posta in essere relativamente ad una pluralità di controversie, in cui le reciproche concessioni sono relative non già alle singole liti, ma a tutte le liti insieme; mentre determinano l’annullabilità della transazione quando questa sia stata “speciale”, (ed abbia perciò riguardato un affare determinato), ove il documento scoperto posteriormente provi che una delle parti non aveva alcun diritto. Stabilire in concreto se una transazione sia generale o speciale rientra nei compiti specifici del giudice di merito, trattandosi di un accertamento del contenuto contrattuale, e, come tale, è insindacabile in sede di legittimità sotto il profilo del vizio motivazionale, se immune da vizi logici o giuridici (Cass., Sez. III, 3 aprile 2003, n. 5138).
La “scoperta” di documenti non conosciuti all’epoca della transazione, cui fa riferimento l’art. 1975 c.c. per ricollegarvi, in caso di transazione speciale, l’effetto dell’annullabilità della stessa quando il documento scoperto successivamente provi che una delle parti non aveva alcun diritto, attiene all’esistenza del documento cartaceo intero come mezzo di prova, e non già alla conoscenza del contenuto dello stesso (Cass., Sez. III, 3 aprile 2003, n. 5138).
In tema di scoperta di documenti ignoti al tempo della transazione la non conoscenza dell’esistenza del documento attiene al documento come mezzo di prova (e non, invece, alla situazione giuridica preesistente), e il documento si ritiene scoperto dopo la transazione se prima era affatto sconosciuto, e quindi non si sapeva dove fosse (Cass., Sez. III, 3 aprile 2003, n. 5138).
-Il passaggio in giudicato
Altra ipotesi di annullabilità del contratto di transazione è la scoperta del passaggio in giudicato, sconosciuto ad almeno una delle parti, della sentenza che ha deciso la lite oggetto della transazione stessa (art. 1974 c.c.).
Nullità
La transazione è nulla qualora si riferisca ad un contratto illecito anche se le parti abbiano trattato della nullità di questo, ai sensi dell’art. 1972, comma 1, c.c. La norma fa esclusivo riferimento alla nullità per illiceità della causa o del motivo comune ad entrambe le parti e non all’ipotesi in cui si tratti di un contratto nullo per mancanza di uno dei requisiti richiesti dall’art. 1325 c.c.
La transazione relativa ad un titolo nullo si converte esclusivamente in un motivo di annullamento della transazione, ai sensi dell’art. 1972, comma 2, cc., e non già di nullità della stessa, posto che quest’ultima fattispecie ricorre solo nel caso di transazione basata su di un titolo illecito ex art. 1972, comma 1, c.c.; ne deriva che, essendo la suddetta transazione al massimo annullabile, tale vizio non può essere sollevato in via d’eccezione, trattandosi di eccezione non rilevabile d’ufficio.
Anche il contratto nullo è transigibile, ma se è illecito, è valida la sola transazione sulle conseguenze patrimoniali, anche di mero fatto, dell’atto stesso.
Modello Atto di Transazione
Di seguito è possibile trovare un fac simile transazione in formato Doc da scaricare e da utilizzare come esempio. La bozza dell’atto di transazione può essere modificata inserendo i dati delle parti e gli altri elementi contrattuali mancanti, per poi essere convertita in formato PDF o stampata.